ANCONA – Sessanta secondi di rumore, con le sveglie degli smartphone che annunciano l’ora di scendere in strada. Un’iniziativa davvero sui generis quella organizzata dagli studenti del liceo scientifico Galileo Galilei di Ancona.
I quasi 900 ragazzi della scuola di via Gossens sono scesi nell’atrio per gridare ˊbastaˊ alla violenza sulle donne. Le studentesse e gli studenti indossavano quasi tutti abiti rossi e sul viso, alcuni di loro, portavano il simbolo della lotta alla violenza sulle donne.
Nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza rosa, oggi (25 novembre), i liceali del Q2 hanno accolto l’invito della famiglia di Giulia Cecchettin, la giovane veneta che – secondo l’accusa – è stata uccisa a coltellate dal fidanzato, Filippo Turetta.
Sono stati i rappresentanti d’istituto, qualche settimana fa, a bussare alla porta della dirigente scolastica, Alessandra Rucci. Che spiega: «I ragazzi mi hanno cercato, volevano parlarmi in vista della giornata di oggi. Poi, dalla Consulta provinciale degli studenti è arrivato l’invito a fare 60 secondi di rumore dalle 10.30, con la possibilità – spiega Rucci – di personalizzare questo momento».
Una manifestazione bella e partecipata, nonostante il forte vento, con pioggia mista a neve, che ha costretto Ancona ad un’allerta gialla. Un sit-in colorato e significativo: «Si è chiesto a insegnanti e alunni di venire con un capo rosso e con le sveglie impostate per le 10.30. Dentro le aule, c’è stato il trillo, poi ci si è radunati tutti nell’atrio della scuola per un minuto di rumore».
Quindi, la lettura della poesia ˊSe domani non tornoˊ dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres e un lunghissimo e ininterrotto applauso. «Penso ci sia da fare un lavoro enorme, come stanno dicendo diversi esperti. C’è da abbattere una serie di stereotipi che derivano dalla cultura patriarcale in cui tutti siamo immersi – commenta la preside – Lo stesso filosofo Umberto Galimberti ha più volte sottolineato che non ce ne rendiamo conto ma siamo tutti preda della cultura patriarcale».
Per la dirigente, c’è da operare un «profondo sradicamento degli stereotipi maschilisti e in questo – riflette – la scuola ha un ruolo importante, è la prima agenzia educativa formale, ma va menzionata pure la famiglia. È qui – prosegue lei – che ci sono esempi di modelli relazionali attraverso cui respiriamo una determinata cultura, dalla donna che serve a tavola a quella che cucina».
«Talvolta, durante i colloqui, negli anni, mi è capitato di vedere che il marito soverchiasse la moglie con la voce. Ecco, si tratta di tante piccole cose implicite che fanno la differenza. Persino il linguaggio è fondamentale: la ˊmia ragazzaˊ, il ˊmio ragazzoˊ. Vede – conclude Rucci – dobbiamo togliere questi aspetti, ogni piccola cosa ha un valore culturale. E personalmente, sono contenta che ci fossero tanti ragazzi vestiti di rosso, oggi, al Galilei, in solidarietà con le loro compagne».
La poesia
ˊSe domani non tornoˊ, di Cristina Torres Cáceres
“Se domani non rispondo alle telefonate, mamma
Se non ti dico che vado a cena
Se domani, mammina, non compare il taxi
Può essere che sia avvolta nelle lenzuola di un albergo, per strada, o in una borsa nera. Forse
sono in una valigia, o mi sono persa sulla spiaggia.
Non spaventarti, mamma, se vedi che mi hanno pugnalato. Non urlare quando vedi che mi hanno
trascinato. Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalato.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che sono stati i miei vestiti, l’alcol nel mio sangue.
Ti diranno che era la mia ora, che ero sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva delle ragioni,
che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma, sono morta combattendo. Lo giuro, che ho gridato forte mentre me ne
andavo.
Si ricorderà di me, mamma. Capirà che sono stata io a rovinarlo quando mi vedrà nei volti di
tutte le ragazze che grideranno il mio nome. Perché so, mamma, che non ti fermerai.
Ma, qualunque cosa tu voglia, non tenere prigioniera mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine,
non negare nulla alle tue nipoti. Non è colpa loro, mamma; Non era neanche mia. Sono loro,
saranno sempre loro.
Combatti per le loro ali, quelle per cui mi hanno ucciso. Lotta affinché siano libere e volino più
in alto di me. Combatti in modo che gridino più forte di me. Perché vivano senza paura, mamma,
proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani tocca a me, mamma
Se domani non torno, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.”