ANCONA – Il gender gap colpisce anche il mondo dell’avvocatura e a lasciare la toga sono soprattutto le avvocate. Ad evidenziare il divario esistente nella professione forense tra uomo e donna è l’avvocata Paola Terzoni, presidente neo eletta del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Ancona. L’occasione è stata quella della tavola rotonda che si è svolta ieri presso il Palazzo di Giustizia di Ancona, in cui avvocate e magistrate si sono confrontate sul tema delle pari opportunità.
Un argomento più che mai attuale, visti anche i dati che emergono dalle pagine del rapporto sull’avvocatura – 2023 predisposto da Cassa Forense e Censis, secondo il quale nel biennio 2020-2022 le donne che hanno abbandonato la professione sono state 3.867, mentre gli uomini 1.144. praticamente più del triplo rispetto ai colleghi avvocati.
«La prima donna avvocato italiana, nominata nel 1919, dopo che era stata emanata una legge che permetteva anche alle donne di esercitare la professione forense, è stata l’anconetana Elisa Comani – racconta Paola Terzoni -, che fu ‘etichettata’ come ‘sirena in decolleté’ a causa degli stereotipi dell’epoca». Ma se per le donne la carriera da avvocate si è aperta poco più di cento anni fa, per avere la prima donna magistrato bisogna attendere addirittura il 1963.
Oggi però, evidenzia Terzoni, grazie alle battaglie femminili per l’emancipazione, «nella magistratura le donne hanno sorpassato numericamente i colleghi uomini, mentre le avvocate sono un 47% degli iscritti all’albo». Insomma tanta strada è stata fatta, ma molta altra resta da farne per raggiungere la parità uomo – donna in questa, come anche nelle altre professioni.
A rendere la realizzazione professionale difficile, è la conciliazione tra vita famigliare e lavoro, «specie quando le avvocate scelgono la maternità». «Il senso di colpa», ma anche il divario salariale tra avvocati e avvocate, spinge molte a decidere di abbandonare volontariamente la toga. Le donne che esercitano questa professione percepiscono un reddito medio annuo di 26.686 euro, ben 30.082 euro in meno dei colleghi uomini che invece guadagnano 56.768 euro annui (elaborazione Censis su dati Cassa Forense).
Terzoni pone l’accento anche sugli stereotipi che perdurano ancora oggi tanto che «nelle aule di Tribunale quando ci si riferisce a un uomo questo viene chiamato avvocato, mentre se ci si rivolge ad una donna questa viene chiamata dottoressa invece di avvocato o avvocata». Secondo la presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, servono politiche familiari per riequilibrare le discriminazioni di genere, come richiesto anche dal Gender equality plan europeo nell’ambito del Pnrr.
«La donna, che spesso si prende cura, non solo dei figli, ma anche degli anziani della famiglia, non può essere trattata con lo stesso metro, servono servizi di welfare e una maggiore assistenza. Come comitato – spiega – abbiamo provato a chiedere un asilo nido interno al palazzo di giustizia, ma ci sono difficoltà per quanto concerne gli spazi. La battaglia contro le discriminazioni – conclude – deve vedere le donne più unite nell’affrontarla per superare le disparità».