Ancona-Osimo

Giornata dei migranti, 600 nelle Marche. Nobili: «Servono progetti per non lasciarli soli»

Nel 2019 hanno raggiunto la nostra regione spesso in condizioni di salute precarie. Abbiamo fatto il punto della situazione con il Garante dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, e con Mazzaferro, responsabile della comunità La Bussola di Porto San Giorgio

Migranti (immagine di repertorio)

ANCONA – Fuggono da guerre, persecuzioni, povertà e conflitti, ma nel loro viaggio della speranza alcuni non ce la fanno e vengono inghiottiti da quelle stesse acque nelle quali cercavano un riscatto. Sono stati più di 68mila i migranti arrivati in Europa dal 1 gennaio al 1 ottobre 2019, mentre solo nel 2018 si sono contati 1314 fra morti e dispersi. Sono i dati diffusi dal Dossier Statistico Immigrazione 2019 della Idos.

Oggi ricorre la Giornata Internazionale sui Diritti dei Migranti, istituita dall’Onu nel 2000. La popolazione straniera in Europa a inizio 2018 era di 39,9 milioni di persone, 5.255.503 delle quali in Italia. Fra loro anche i minorenni non accompagnati che a pochi giorni dallo sbarco vengono collocati nelle strutture di prima accoglienza e poi nelle comunità. Circa 200 quelli accolti quest’anno nelle Marche, ma ne sono transitati fra i 500 e i 600.

«Alcuni arrivano in condizioni di denutrizione, altri sono provati fisicamente e psicologicamente, mentre altri ancora versano in condizioni che anche se non possono essere definite buone sono comunque migliori di quelle degli altri» racconta Paolo Mazzaferro responsabile di struttura della comunità educativa La Bussola di Porto San Giorgio. Molto dipende dal paese di origine dei minori, osserva Mazzaferro: i ragazzi del Bangladesh sono malnutriti e poveri, drammatico il passaggio in Libia sia psicologicamente che fisicamente.

Le storie di questi bambini e ragazzini sono spesso costellate da «torture e sevizie che hanno visto in Libia, ma anche da stupri e violenze fisiche o sessuali – spiega -. Hanno bisogno di sostegno psicologico fin dal loro arrivo. Non si può pensare solo a dar loro un tetto e cibo».

La comunità La Bussola di Porto San Giorgio

La Bussola, nata nel 2001, accoglie i minori stranieri non accompagnati ormai da 4-5 anni: sono stati più di 122 quelli giunti alla comunità del fermano. «Alcuni di loro vengono mandati in Italia dalla famiglia di origine affinché mandino soldi a casa – racconta il responsabile della comunità – altri invece non hanno più il padre né la madre e magari hanno fratelli da sostenere. Altri ancora arrivano per poter studiare, ma si tratta  comunque di casi rari».

Insomma situazioni per lo più difficili e critiche che richiedono una risposta adeguata sul territorio dove vengono accolti. «Occorre fare rete con questi ragazzi, mettere insieme le conoscenze educative delle comunità con i servizi dei comuni che li ospitano, in modo da lavorare meglio e riuscire a dare una speranza di vita che sia migliore rispetto a quello che hanno vissuto fino ad oggi».

Ma servono anche progetti «per non lasciarli allo sbaraglio quando compiono 18 anni, per dar loro autonomia efficace e per permettergli di proseguire nel loro progetto di vita», conclude Paolo Mazzaferro.

«Molti sono i ragazzi vicini alla maggiore età e una volta raggiunti i 18 anni fanno perdere le loro tracce nel nostro paese», spiega il Garante per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza Andrea Nobili.  Ma che fine fanno? Si interroga il Garante, finiscono nel circuito dell’illegalità o vanno nel Nord Europa in cerca di prospettive occupazionali?

Andrea Nobili
Andrea Nobili

«Nelle Marche la risposta delle istituzioni è adeguata anche perché non sono numeri molto alti – osserva il Garante – e questo consente di attivare misure che permettono un percorso finalizzato all’integrazione».

«Nell’immaginario collettivo il migrante si sovrappone al richiedente asilo ma occorre fare un ragionamento perché il concetto è molto ampio e include categorie molto diverse fra loro: ci sono quelli inseriti, quelli che non si vogliono inserire e quelli che non possono essere inseriti, poi ci sono i richiedenti il permesso internazionale che finiscono in una sorta di terra di nessuno per un anno o due nell’attesa che venga loro concesso».

«Ci vorrebbe sistema di relazioni a livello europeo e quella ricollocazione per i migranti divenuti maggiorenni che non si è mai riusciti a fare neanche per gli adulti» conclude Nobili.