ANCONA – I nostri depuratori possono diventare “fabbriche” di risorse? Secondo il professor Francesco Fatone, ordinario di Ingegneria Chimica ed Ambientale presso l’Università Politecnica delle Marche, la risposta è sì. Coordinatore del Cluster Circular Water nella Piattaforma Water Europe, Fellow dell’International Water Association (IWA), nonché membro del direttivo di Ecomondo con coordinamento per l’intera area tematica Acqua, Fatone nella Giornata mondiale dell’Acqua, osserva che la domanda di questa preziosa risorsa sta sempre più aumentando.
Nel mondo 2,1 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 4,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienici: l’Italia è al 52esimo posto nel mondo per scarsità idrica. Eppure una svolta è possibile, sviluppando percorsi di economia circolare nella gestione del ciclo idrico e dei rifiuti, recuperando bio-risorse dalle acque reflue e ottimizzando gli impianti di depurazione. Le acque così trattate possono essere impiegate in agricoltura e nell’industria.
L’intervista a Francesco Fatone
Il conflitto Russia – Ucraina ha posto al centro dell’attenzione la necessità di puntare sulle fonti rinnovabili per rendere il paese maggiormente indipendente dai fornitori esteri. In tale cornice si può pensare di produrre energia dalle acque reflue?
«Le gestioni di acqua ed energia sono interconnesse ed interdipendenti, come anche studiato dall’Università Politecnica delle Marche nel progetto Horizon2020 Enerwater. Circa 800 TWh (Terawatt, ndr) sono consumati globalmente per il ciclo idrico urbano, pari al 4% del consumo elettrico complessivo, e di questi circa 20-30% è utilizzato per il trattamento delle acque reflue. Ad oggi, dunque, consumiamo energia, circa 0.3-0.7 kWh (Kilowatt, ndr) per ogni metro cubo, per trattare le acque reflue, al fine di degradare contaminanti fino a concentrazioni ammissibili per lo scarico in sicurezza in ambiente. D’altra parte, potenzialmente le acque reflue contengono teoricamente un potenziale di energia recuperabile che potrebbe produrre più energia di quanto se ne consuma, come già avviene da anni nell’impianto di Strass in Austria. Oggi già recuperiamo energia nei depuratori medio-grandi, producendo biogas dalla digestione anaerobica dei fanghi di depurazione, un processo biologico noto e consolidato. Il biogas può produrre sia energia elettrica e termica, che biometano, come avviene nell’impianto di Torino. Sempre dalle acque reflue, che hanno una temperatura di circa 15-20 °C tutto l’anno, posso produrre calore per contribuire al teleriscaldamento, come ad esempio fatto a Milano».
Si parla molto di economia circolare, come è possibile attuarla con le acque reflue, vista anche l’emergenza climatica con i cambiamenti repentini in atto?
«I cambiamenti climatici, insieme con utilizzi poco sostenibili, hanno aumentato drasticamente le zone in stress idrico, tra cui abbiamo anche ampi territori italiani e marchigiani. In ottica di economia circolare, oltre ad efficientare il più possibile reti ed infrastrutture per ridurre le perdite, è necessario pianificare ed implementare l’uso di fonti alternative di acqua, come ad esempio l’utilizzo di acque reflue urbane, opportunamente trattate, per scopi irrigui o industriali. In questo contesto il Piano di Azione Economia Circolare europeo, pubblicato nel marzo 2020, ha previsto una forte spinta in tutto il continente, promuovendone l’adozione. L’Università Politecnica delle Marche è molto attiva in questo contesto. In ambito europeo, nel progetto Digital Water City (www.digital-water.city), l’UnivPm coordina i partner Italiani (Gruppo CAP, Istituto Superiore di Sanità ed Università di Milano) e sta testando soluzioni digitali per trattare sostenibilmente e riutilizzare in sicurezza le acque reflue in area peri-urbana, presso uno dei più importanti impianti milanesi (Peschiera Borromeo). Il focus è dunque non solo l’utilizzo di fonti d’acqua alternative, ma anche la diminuzione complessiva delle impronte di carbonio e di energia, considerando l’acqua dallo scarico fino al campo, passando per depuratore e sistemi di irrigazione smart. Nelle Marche l’UnivPm sta lavorando insieme con l’azienda Ciip per valutare la fattibilità e sostenibilità tecnico, economica ed ambientale del riutilizzo delle acque reflue a scopo irriguo presso il depuratore di San Benedetto del Tronto, ed a scopo industriale o irriguo, presso il depuratore di Ascoli Piceno. Questo potrebbe contribuire in maniera rilevante sul bilancio idrico territoriale, in una zona notoriamente affetta da siccità, aggravata dagli eventi sismici».
Come è possibile superare lo scoglio legato all’accettazione da parte della popolazione di questa metodica e come incrementarne la sicurezza?
«Molto spesso la mancanza di adeguata comunicazione e informazione crea barriere sociali all’innovazione, facendo permanere lo status quo che è molto meno sostenibile di soluzioni circolari. È importante coinvolgere i cittadini con strumenti che possano far sviluppare un approccio scientifico e quantitativo a sistemi complessi, come il nesso tra acqua, energia, cibo e cambiamenti climatici. Nell’ambito di Digital Water City abbiamo dunque sviluppato, oltre a numerose tecnologie, anche un gioco serio (serious game), che non ha come scopo principale l’intrattenimento, ma viene progettato soprattutto ai fini educativi. Nel caso in esame, l’obiettivo del gioco (la cui versione BETA è disponibile al link https://www.seriousgame4dwc.eu/it/) è quello di condividere con vasto pubblico, ed in particolare studenti e cittadini, i benefici del riutilizzo dell’acqua reflua in agricoltura e la comprensione dell’interconnessione tra acqua-energia-cibo-clima (il così detto NEXUS). Il giocatore si trova dunque ad essere un manager della sostenibilità del proprio territorio, e dovrà bene investire dei “nexus coin”, che sono calcolati dai dati reali di impronta idrica, energetica ed ambientale di diverse scelte di gestione delle acque reflue. La versione attuale è validata nel caso lombardo, ma abbiamo in programma di implementare il gioco serio anche con il caso di San Benedetto del Tronto proprio in collaborazione con Ciip».