ANCONA – È il cancro più letale e subdolo, spesso diagnosticato in fase ormai avanzata lasciando poche speranze a chi ne è colpito. Stiamo parlando del tumore al pancreas che secondo le previsioni nel 2019 sarà diagnosticato a 13.500 italiani. Numeri da capogiro per questo cancro difficile da diagnosticare e da combattere e che proprio per questi motivi a 5 anni dalla diagnosi vede sopravvivere solo 8 pazienti su 100, mentre tre quarti dei malati muoiono entro l’anno. Domani (21 novembre) ricorrerà la Giornata Internazionale del Tumore al Pancreas, l’occasione per tenere accesi i riflettori su questa temibile malattia.
Il carcinoma al pancreas è la quarta causa di morte per cancro (dati Airtum 2019) e in Italia ha una incidenza pari a 6800 nuovi casi nell’uomo e 6700 nella donna. In 15 anni c’è stato un aumento del 59% di casi in Italia. Per quanto riguarda le Marche in base agli ultimi dati (aggiornati al 2012) c’è stato dal 2010 al 2012 un incremento del 4,8% di casi, con un aumento medio di 339 nuove diagnosi all’anno e una mortalità annua che tocca quota di 289 malati.
Una malattia dai sintomi spesso sfumati e non specifici, quindi difficili da individuare e che per questo motivo portano ad una diagnosi quando il tumore è già in fase metastatica. «In genere si può manifestare con dolore addominale spesso diffuso anche alla schiena – spiega il primario della Clinica Oncologica degli Ospedali Riuniti di Ancona Rossana Berardi – può dare un calo ponderale importante oppure ittero, per l’occlusione di una via biliare. È sempre bene prestare attenzione nei casi in cui insorga un diabete in età anziana senza che ci siano familiarità o fattori di rischio».
E la diagnosi? «In genere viene eseguita tramite una ecografia successivamente confermata da una Tac», precisa l’oncologa, ma in linea generale non è possibile quella precoce perché non esiste un test in grado di diagnosticarlo nelle sue fasi iniziali.
Le uniche possibilità per individuarlo precocemente sono quelle di prestare attenzione nei casi di predisposizione familiare, quando ci siano stati congiunti colpiti dalla malattia, oppure se in famiglia ci sono casi di alterazione dei geni Brca 1 e Brca 2, associati al tumore della mammella e dell’ovaio.
Una malattia molto aggressiva di cui si parla poco, nonostante l’«incidenza in aumento e la mortalità che ancora non si riesce a ridurre», osserva il primario della Clinica Oncologica degli Ospedali Riuniti di Ancona. La medicina ha poche armi a disposizione, fra le quali la chirurgia e la chemioterapia, anche se, come spiega la professoressa Berardi c’è un nuovo medicinale che sta dando risultati promettenti, si tratta di un farmaco a bersaglio molecolare (Olaparib) che «ha dimostrato la sua efficacia nei pazienti precedentemente trattati con chemioterapia a base di platino, riuscendone ad aumentare la sopravvivenza». In pratica nei malati colpiti dalla mutazione del gene Brca questo farmaco ha mostrato la sua efficacia e «nei prossimi mesi sarà messo in commercio».
Quali sono le armi della prevenzione? «È importante combattere l’obesità ed adottare un regime alimentare sano, oltre a praticare una moderata attività fisica – spiega la professoressa Berardi -. Necessario eliminare l’abitudine al fumo»