ANCONA – «Non abbiamo molta tregua qui: ogni giorno suona l’allarme bomba e dobbiamo abbandonare le nostre case per metterci al riparo, nei rifugi quando c’è tempo, ma non sempre ce n’è». A raccontare cosa succede in Israele, ferita dai bombardamenti, è Ariel Toaff, rabbino e storico italiano, che vive nel cuore di Tel Aviv.
Da giorni nel Paese si è riacceso un conflitto sanguinoso, in maniera ancora più forte del passato. Figlio del rabbino capo di Roma, Elio Toaff, Ariel Toaff è professore emerito presso l’Università Bar-Ilan di Ramat Gan a Tel Aviv, dove ha insegnato Storia del Medioevo e del Rinascimento. Nato ad Ancona nel 1942, conserva stretti legami con il capoluogo marchigiano.
Racconta di «bombardamenti continui, giorno e notte», come accaduto martedì. «Qui si vive in maniera molto strana – dice -, quando suona l’allarme prima di uscire dai rifugi dobbiamo aspettare di sentire uno o due colpi di contraerea: significa che è stato abbattuto un missile, finché non sentiamo questi colpi non sappiano se l’attacco si è concluso e come».
Una vita sospesa, che non ha niente di normale, quella che stanno vivendo in questi giorni in Israele. Il timore è quello che il conflitto possa diffondersi ulteriormente. «Stiamo vivendo una situazione di tensione – racconta – che non è destinata a diminuire ma a crescere se dal nord del Libano si aprirà un nuovo fronte, molto più armato e fornito di missili a lunga gettata di quanto non sia Hammas a Gaza».
Università e scuole sono chiuse a Tel Aviv, e quasi tutte le attività non essenziali sono ferme, tranne ospedali, supermercati, stazioni di polizia. Alcuni negozi sono aperti, anche pochi ristoranti, ma «la gente non ha voglia di uscire» racconta, c’è paura, «siamo tutti in attesa di vedere che sviluppi ci saranno. Abbiamo saputo che Biden ha mandato una portaerei qua vicino per scongiurare che l’Iran entri in guerra e che il conflitto assuma proporzioni inusitate».
Che scenario vi aspettate? «Nessuno di noi immaginava il massacro che c’è stato al confine con Gaza. Alcuni Kibbutz hanno perso il 100% degli abitanti che sono stati massacrati. Abbiamo visto bambini legati e uccisi con colpi di pistola alla schiena. Non possiamo aspettarci molto, anche perché i terroristi non avrebbero minimamente pietà di donne, anziani e bambini, inoltre, siamo molto preoccupati per la sorte dei prigionieri».
L’appello di Toaff all’Europa è quello a «non fare distinguo in questi momenti. È Israele che ha bisogno di essere sostenuta, lo dice un uomo di sinistra come me. Ne va della stessa esistenza di Israele, la nostra esistenza è minacciata non solo come Stato, ma anche come cittadini. L’Europa ci venga in aiuto. Ancora non sappiamo quello che potrà accadere e che sicuramente accadrà nelle prossime ore».