Ancona-Osimo

Guerra, le sanzioni pesano sulle imprese agricole. Gardoni (Coldiretti): «Giappone e Cina mostrano interesse all’agroalimentare italiano»

Intervista alla presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni, sulla situazione e i nuovi possibili sbocchi per l'export delle imprese agricole gravate dal conflitto Russia-Ucraina

ANCONA – La guerra in Ucraina, con le sanzioni dell’Unione Europea alla Russia, sta impattando sull’economia nazionale e su quella regionale, mettendo in crisi numerosi settori. Ne abbiamo parlato con Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Marche.

L’export dell’agroalimentare verso la Russia ora rischia di ridursi a zero, quali le conseguenze per le Marche? «L’agroalimentare rappresenta circa il 5% dell’export marchigiano verso la Russia; è quindi per il cibo regionale uno sbocco commerciale importante che però ha già conosciuto momenti di criticità a partire dal biennio 2013/2014 in cui si era già dimezzato il valore con le sanzioni a seguito dell’invasione della Crimea. Il 2021 è sembrato un anno di leggero rilancio di circa il 30%, con 2,1 milioni di euro di agroalimentare esportato ma le attuali condizioni comprometteranno nuovamente queste economie».

La crisi generata dal conflitto in Ucraina sta evidenziando la necessità di aprire nuovi mercati per le imprese, quali potrebbero essere quelli più appetibili per quelle agricole?
«Ogni comparto produttivo – dal vino alla pasta, dall’olio evo ai formaggi – ha i propri sbocchi commerciali e quindi le tendenze sono molto diversificate, ma Giappone e Cina sono oggi mercati che sempre di più mostrano interesse verso la qualità dell’agroalimentare italiano».

Maria Letizia Gardoni
Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Marche

Le Marche non sono prioritariamente una regione che coltiva il grano: è però ipotizzabile una qualche riconversione nel medio periodo?
«Le Marche sono in realtà una regione a forte vocazione cerealicola. Siamo tra le prime regioni d’Italia per produzione di grano duro, in parte destinato alle grandi filiere nazionali e in parte alla trasformazione presso i nostri pastifici locali. La sempre più evidente sfida dell’autosufficienza alimentare ci spingerà a produrne ancora di più, recuperando i terreni oggi incolti».

La Russia ha ventilato l’ipotesi di un blocco parziale delle esportazioni di cereali (grano, segale, orzo e mais) con una misura analoga che potrebbe interessare anche lo zucchero, quali ripercussioni dobbiamo aspettarci?
«Nell’immediato il primo effetto è un’evidente speculazione, soprattutto sui prodotti destinati alla mangimistica – mais, soia -, ma anche sui fertilizzanti e carburanti. L’Italia è purtroppo un Paese ancora deficitario su molti fronti, ma credo che questa fase drammatica che stiamo vivendo sia lo stimolo ulteriore per rendere l’agricoltura il perno centrale su cui costruire lo sviluppo del Paese: è per questo che già a partire da quest’anno siamo pronti per coltivare un milione di ettari aggiuntivi di terreno per produrre 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, sulla base di contratti di filiera necessari per ridurre la dipendenza dall’estero. Ma non solo, con impianti fotovoltaici sugli immobili agricoli e con gli impianti di biometano alimentato con scarti e residui organici dalla cui digestione si ottengono fertilizzanti utili per i campi, possiamo dare un prezioso contributo alla transizione energetica e alla fertilità dei suoli. Il blocco dell’export di zucchero russo, non ci spaventa, anzi, ci sarà una maggiore richiesta di zucchero italiano e noi di Coldiretti siamo pronti a soddisfare la domanda avendo anche riportato la bieticoltura nelle Marche».

Il prezzo del grano tenero la scorsa settimana è calato dell’8,5%, ma nonostante tutto il prezzo del pane invece continua a salire ed è cresciuto di 13 volte stando alle stime di Assoutenti, perché?
«Indubbiamente il caro energetico influisce anche sui costi di trasformazione ma è altrettanto vero che gli speculatori sono in azione: si spostano dai mercati finanziari in difficoltà alle commodities agricole dove le quotazioni dipendono sempre meno dalla momentanea domanda e offerta e sempre più dai contratti “future” in cui si acquista e si vende solo virtualmente».