ANCONA – Nelle Marche «la situazione complessiva non presenta fenomeni endemici e diffusi di criminalità» grazie «sia alla costante ed efficace azione delle forze dell’ordine» che «all’elevato senso civico che contraddistingue la popolazione di questa Regione». Così il procuratore generale della Repubblica, Roberto Rossi, nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 che si è svolta oggi (25 gennaio) alla Mole Vanvitelliana di Ancona, nella cornice dell’auditorium Orfeo Tamburi.
«Tutti i fatti di maggiore gravità verificatisi nel periodo – ha spiegato il pg – hanno visto i loro autori identificati e assicurati alla giustizia». Rossi ha evidenziato che nelle Marche resta «sempre alta» l’attenzione «dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia e delle forze dell’ordine» sul «rischio di infiltrazioni mafiose» nel territorio. A tal proposito il pg ha fatto riferimento alla conferma della condanna all’ergastolo «per due soggetti imputati dell’omicidio, avvenuto a Pesaro, del fratello di un collaboratore di giustizia», da parte della Corte d’Assise d’Appello, un omicidio che secondo Rossi «mostra come tali rischi (di infiltrazioni mafiose, ndr) non siano solo teorici».
Per quanto riguarda la violenza di genere il procuratore Rossi ha spiegato che i «numeri» purtroppo «non accennano a diminuire, nonostante l’attenzione e la tempestività degli interventi di forze dell’ordine e magistratura» e che «la gran parte delle misure cautelari richieste riguardano reati facenti parte del cd (cosiddetto, ndr) Codice Rosso». «Nonostante l’opera di sensibilizzazione e l’impegno profuso in materia dalle istituzioni e dalle associazioni antiviolenza – ha evidenziato -, i dati statistici restituiscono una situazione tutt’altro che tranquillizzante». I femminicidi avvenuti nel Distretto nel 2024 sono stati nove, un numero che risulta in crescita rispetto ai sette dell’anno precedente. Ad aumentare, in quasi tutti i circondari, sono anche gli atti persecutori e i maltrattamenti.
Numeri che da un lato «impongono il mantenimento di una costante attenzione da parte della magistratura e delle forze dell’ordine – ha detto – , dall’altro richiedono sempre maggiori sforzi da parte di tutta la società civile, volti ad estirpare quella sottocultura (forse più diffusa di quanto si voglia ammettere) che declina in termini brutalmente padronali i rapporti con le donne».
Sul tema della violenza di genere è intervenuto a margine della cerimonia anche il presidente della Corte d’Appello di Ancona, Luigi Catelli, secondo il quale si tratta «sicuramente» di una priorità anche per la ‘macchina’ della giustizia nelle Marche. «La legge prevede che ci sia una priorità nella trattazione di questi reati» ha ricordato, spiegando che «le Marche seguono il trend nazionale: purtroppo i reati contro la parità di genere sono reati allarmanti, sono in crescita e lo sono anche quelli estremi, i femminicidi». Secondo Catelli tuttavia «c’è un dato confortante a livello nazionale: se guardiamo il numero di femminicidi del 2024 che comunque è un numero elevato e insostenibile, rispetto a quelli del 2018 notiamo una diminuzione, sono esattamente la metà, questo significa che tutta l’attività culturale che si sta facendo, tutta questa opera di sensibilizzazione e tutta quest’opera che l’attività giudiziaria fa nei suoi compiti istituzionali a tutela della dignità della donna e delle donne, un risultato lo sta portando. Bisogna perseverare. Ci auguriamo che questo percorso sia il più breve possibile e che si possa guadagnare in termini di parità di genere e che questi reati possano essere confinati solo nei ricordi del passato».
In un passaggio del suo intervento Catelli è intervenuto anche sulla riforma costituzionale della magistratura presentata come «da attuarsi in nome dell’efficienza e delle garanzie per i cittadini», ma che «in realtà non ha a che fare né con l’una, né con le altre, non incidendo in alcun modo sull’attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processi e sul recupero di effettività della giurisdizione». E proprio sulla questione, in segno di protesta contro la riforma, i magistrati, hanno fatto il loro ingresso alla cerimonia con in mano una copia della Costituzione. Sempre in segno di protesta i giudici e i pm dei tribunali del distretto sono usciti dall’auditorium mentre all’interno si svolgeva l’intervento del vice capo di gabinetto del ministero della Giustizia Francesco Comparone, per poi rientrare al termine dell’intervento.
Catelli, nel suo intervento, durante la cerimonia, ha evidenziato, inoltre, che «la modifica dello status ordinamentale del pm (pubblico ministero, ndr) con la sostanziale destrutturazione di larga parte del vigente modello costituzionale sull’ordinamento e del sistema di governo autonomo della magistratura, non potrà che produrre riflessi negativi per le garanzie dei cittadini: la riforma sarà non solo inutile, ma dannosa, in quanto indebolirà l’azione della magistratura giudicante e altererà l’equilibrio tra i poteri dello Stato in favore di quello esecutivo, senza apportare alcun beneficio in termini di efficienza delle indagini, garanzie difensive, durata dei processi e accertamento della verità processuale, finendo per compromettere, inevitabilmente, il fondamentale principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge».
«In un confronto con i dati reali – ha aggiunto -, le ragioni che da sempre vengono portate sostegno di una netta divaricazione dei percorsi professionali dei giudici e dei pubblici ministeri, reiterate modo stantio e stereotipato dal mondo della politica, non sono né attuali né giustificate, non avendo corrispondenza nella realtà: una netta separazione delle funzioni è ormai conclamata nel nostro ordinamento sia dal punto di vista normativo che fattuale (negli ultimi anni è pari all’83% la percentuale dei magistrati con funzioni requirenti che sono passati a funzioni giudicanti, mentre è dello 0,21% la percentuale dei giudici che sono passati a funzioni requirenti), mentre per quanto riguarda l’affermata pretesa succubanza del giudice rispetto al pm, il dato quantitativo ricavabile dalle elevate statistiche delle assoluzioni rispetto ai rinvii a giudizi dei pm – superiore al 40% – priva di plausibilità ogni argomentazione in tal senso; come dimostrano anche le recenti assoluzioni di un ministro della Repubblica da parte del Tribunale di Palermo e di un ex Primo Ministro da parte del GUP del Tribunale di Firenze, le quali confermano semmai ce ne fosse ancora bisogno, che le decisioni dei giudici italiani non sono affatto influenzate dalla comunanza di carriera coi pubblici ministeri».
Parlando con i giornalisti a margine dell’evento Catelli è intervenuto sul tema della cittadella giudiziaria ad Ancona, parlando di «una bella notizia per la regione e per questa città: finalmente c’è un punto fermo, l’immobile è stato acquistato e tra qualche giorno sarà nella disponibilità dell’amministrazione del Ministero della Giustizia e inizierà la fase successiva che riguarderà la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione. Questo progetto – ha spiegato – permetterà nel giro di qualche anno, che noi ci auguriamo possa essere il tempo più breve possibile, di realizzare una sorta di cittadella giudiziaria che vedrà nel palazzo storico di corso Mazzini e poi nel nuovo palazzo di piazza Cavour, a distanza di circa100 metri, due strutture che qualificheranno il tessuto urbanistico della città e poi consentiranno, vista la loro vicinanza, una gestione più funzionale dell’attività giurisdizionale rispetto a quella che è stata finora».