Ancona-Osimo

Ancona, l’incontro col prof Seri: «Guardiamo alla post-car city. Portonovo va chiusa al traffico»

L'economista e esperto di urbanistica parteciperà ad un incontro a Casa delle Culture. «Ancona non è ancora pronta alla mobilità sostenibile. La ciclabile della stazione? Modello pessimo»

Portonovo

ANCONA – Mobilità e città: verso una post-car city. Se ne parlerà sabato 6 aprile alle 17.30, in un incontro aperto alla Casa delle Culture, nella sede dell’ex Mattatoio di Vallemiano, ad Ancona. Ospite il professor Paolo Seri, docente di Economia Politica all’Università di Enna.

Seri, esperto del settore, collabora con il Centro per l’innovazione e l’imprenditorialità dell’Università politecnica delle Marche (Univpm) e ha conseguito un Dottorato di ricerca in Economics al Max Planck Institute for Economic Systems in Germania, pubblicando in diverse riviste internazionali su temi di economia urbana e regionale ed economia dell’innovazione e della cultura. L’incontro è organizzato da due Gas, Gruppi di Acquisto Solidale, del capoluogo dorico, DagoGas e Gas.Tigo.

Il prof Paolo Seri, economista

Professor Seri, quale effettiva ricaduta ha, relativamente alla gestione dell’inquinamento, l’utilizzo della bicicletta in città?

«In Europa, l’inquinamento di CO2 da auto può oscillare tra il 20% e l’80% nei centri urbani, il primo punto è che l’auto è sovrautilizzata in Italia per una serie di ragioni storiche, urbanistiche e culturali di cui proveremo a parlare sabato. Il secondo punto è capire di quanto ogni città può ridurre questo inquinamento e come».

Senza considerare le Pm10…

«Esatto, che spesso sono sottovalutate. Le nostre auto rilasciano Pm10: pensiamo al consumo delle gomme, o alle pasticche dei freni, il cui utilizzo provoca pulviscolo che contribuisce all’inquinamento». 

La riforma del Codice della Strada interviene, tra l’altro, anche sui monopattini elettrici: si prevede l’obbligo di assicurazione, casco e targa…

«Le misure che favoriscono (o sfavoriscono) una determinata scelta sposta quella che noi economisti chiamiamo la funzione di preferenza individuale, che – per intenderci – sono le abitudini individuali. Ogni scelta che compiamo, è definita da una serie di variabili. Alcune delle quali hanno un’incidenza positiva, mentre altre un’incidenza negativa. Chiaro è che se ho costi maggiori, come l’assicurazione obbligatoria, beh questo sfavorisce l’uso di mezzi ecologici. Sul casco, francamente, non vedo problemi. Giusto così, è una misura che dovrebbe essere più comune».

È vero che lei è l’unico professore ad andare all’università in bicicletta, ad Enna?

«Sì (ride, ndr) ».

Ancona ha una conformazione geografica fatta di salite e discese e le ciclabili scarseggiano: il capoluogo marchigiano è pronto per una mobilità sostenibile?

«Guardi, Enna ha la stessa conformazione di Ancona ed è la provincia più alta d’Italia. Le città che presentano dei sali-scendi sono più difficili da vivere in bici, è vero. Ma il problema non è ʼbici sìʼ o ʼbici noʼ. Piuttosto quanto sia l’utilizzo marginale della bicicletta, o di altri mezzi come il monopattino».

Spieghi…

«Noi economisti, ragioniamo in termini di utilità marginali. Cioè: l’ultimo chilometro che faccio in bicicletta deve darmi la stessa utilità dell’ultimo chilometro che faccio in auto, altrimenti non sarebbe razionale usare l’auto per quel chilometro se l’utilità che ne traggo è minore dell’utilità che ne trarrei andando in bici.  Quindi è importante capire cosa contribuisce a definire questa funzione di utilità degli individui. Ad esempio le infrastrutture dedicate alle bici, ma anche molto altro».

E Ancona com’è messa?

«Male, non è assolutamente pronta. La città di Ancona è estremamente indietro. È stata realizzata una ciclabile che si usa come modello da non proporre altrove».

A quale ciclabile si riferisce?

«A quella nel tratto compreso fra la stazione e il centro, che è impraticabile. La ciclopedonale del Conero è invece un bellissimo esempio, per quanto io sia dell’idea che si potrebbe chiudere al traffico anche la strada che scende a Portonovo portando benefici anche ai portatori di interessi che ora non la pensano così ».

Cos’è la post-car city?

«È un modello diverso da quelli proposti in passato di ʼfree-carʼ, come accadde ad esempio a Berlino. Non si tratta di contrapporre l’uso dell’auto alla bici o a mezzi ecologici, ma di aumentare l’uso di questi ultimi fin dove possibile. Sottrarre spazio alle auto per ridarlo alla qualità dei sistemi urbani, permetterebbe di migliorare la qualità dell’aria, di aumentare la sicurezza, di ridare vita agli spazi verdi, e agli spazi d’incontro. Dovremmo smettere di concepire i sistemi urbani soltanto come strade per spostarsi in auto da un punto all’altro, ma anche (e soprattutto) come luoghi aperti d’incontro anche involontario, come beni relazionali. Entra dunque in gioco l’aspetto culturale, perché il reddito può sì aumentare, ma si può non attribuire valore a queste cose. E in Italia accade che cresca il reddito, ma che il suo incremento non vada a favore del benessere. Ad incidere sul rapporto tra queste due grandezze entrano in gioco gli aspetti culturali».

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