ANCONA – Il 28 gennaio nelle Marche gli infermieri incroceranno le braccia nell’ambito dello sciopero nazionale proclamato dal Nursind. Ad Ancona, come anche in altre piazze italiane, una rappresentanza si riunirà in sit-in dalle 10 alle 11,30 in Piazza Cavour davanti a Palazzo delle Marche, sede dell’Assemblea Legislativa. Il sindacato delle professioni infermieristiche fa sapere che saranno comunque garantiti i servizi essenziali.
«Molte sono le criticità che affliggono il sistema sanitario e da tempo chiediamo un intervento anche legislativo per risolvere quelle che coinvolgono la professione infermieristica – spiega Donato Mansueto, segretario regionale Nursind – . L’attuale situazione di perdurante emergenza in cui versa la categoria è anche frutto del mancato ascolto delle nostre proposte».
A spingere gli infermieri ad incrociare le braccia, «un disagio che dura da decenni – prosegue – e che è notevolmente peggiorato negli ultimi due anni, a causa dell’emergenza Covid». Il segretario regionale Nursind sottolinea «il disastro organizzativo» in cui versa il comparto nelle Marche che «rispecchia in toto ciò che sta avvenendo nel resto della nazione», complice «l’impennata dei contagi e una buona dose di mancate decisioni».
Il sindacato già nel novembre scorso aveva indetto lo stato d’agitazione, per le stesse ragioni che spingono a compiere lo step successivo, quello dello sciopero: «Troppo lunghi i tempi di chiusura del nuovo contratto collettivo nazionale» spiega «siamo in attesa dal 2018 e abbiamo ascoltato troppe promesse. L’indennità specifica infermieristica non è stata svincolata dalla Legge di Bilancio del 2022. Una forte delusione – aggiunge – , l’esecutivo del Governo Draghi ha completamente ignorato le nostre richieste. Nessun segnale di vicinanza agli operatori sanitari (infermieri, ostetriche, OSS, professionisti sanitari), che si aspettavano già da questo mese l’erogazione delle risorse stanziate a dicembre 2020».
Mansueto evidenzia l’impegno profuso dalla categoria nel periodo pandemico con «gli infermieri che da due anni
incessantemente, con scarsi presidi, ferie sospese, spostamenti improvvisi di reparti, sovraccarico di lavoro, carenze di personale, straordinari obbligatori, si sacrificano per salvare le vite dei nostri concittadini e, attraverso il loro lavoro, sostengono la ripresa economica del Paese e favoriscono la difesa delle libertà, senza nessun riconoscimento economico. Gli stipendi degli infermieri sono tra i più bassi d’Europa – aggiunge -. Molti che già la esercitano si
licenziano, stanchi di martiri e rischi senza ottenere mai nulla in cambio. Gli infermieri sono professionisti e non missionari volontari. Le loro prestazioni professionali devono essere adeguatamente compensate con giusti stipendi e dignitose condizioni di impiego».
Sulle 3mila unità la carenza organica stimata dal sindacato nelle Marche, a cui si aggiunge la quota di infermieri sospesi perché non in regola con l’obbligo vaccinale e quella dei contagiati. «Gli infermieri – spiega – il Covid, i pazienti nella loro sofferenza non li guardano in tv, lo affrontano a stretto contatto con le migliaia di persone che non ce l’hanno fatta. Non vogliamo creare disagio ai cittadini più di quello che stanno vivendo. Desideriamo solo che conoscano le ragioni della nostra protesta perché gli infermieri sono una risorsa fondamentale per tutti i sistemi sanitari del mondo, ma evidentemente non per il nostro Governo e le nostre Regioni».
Fra le richieste oltre all’adeguamento dei compensi a quello della media europea, c’è anche quella di prevedere più posti nelle università per infermieri e ostetriche, superare il vincolo di esclusività per poter garantire standard assistenziali in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private, normare le prestazioni aggiuntive per la carenza
di personale infermieristico come avvenuto con la legge 1/2001. Inoltre Nursind chiede che sia riconosciuta un’area di contrattazione autonoma in corrispondenza dell’area sanitaria della dirigenza, il carattere usurante della professione e prevedere standard assistenziali basati su studi scientifici e non su esigenze di contenimento della spesa.
«Confidiamo nel fatto che le istituzioni che all’apparenza sembrano apprezzare il nostro coraggio e il nostro lavoro possano condividere le ragioni della nostra protesta – conclude – . È proprio a loro che chiediamo un gesto di solidarietà, ben consapevoli del fatto che migliorare le nostre condizioni di lavoro significhi migliorare l’assistenza di tutti».