ANCONA – Oltre 800mila virus potrebbero minacciare il mondo. La notizia che spaventa, arriva niente meno che dall’Ipbes, Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, la massima autorità scientifica in tema di natura e biodiversità. A parlare di una minaccia virus incombente sul Pianeta però era stato già nel 2012 lo scrittore statunitense David Quammen, divulgatore scientifico autore di Spillover, il libro che secondo alcuni avrebbe “profetizzato” la pandemia di covid-19. Sia Quammen che l’Ipbes hanno puntato il dito contro un ecosistema ormai compromesso che sarebbe alla base di nuove forme virali aggressive e diffusive.
Secondo il rapporto dell’Ipbes, ci sarebbero fino a 800mila virus muniti della particolare capacità di infettare il genere umano. Le attività umane inquinanti alla base del cambiamento climatico avrebbero portato alla perdita di biodiversità con il rischio di innescare nuove pandemie. Agricoltura, attività industriale. allevamenti intensivi, modalità di produzione insostenibili che sarebbero alla base del global warming (cambiamento climatico).
Ma si tratta di un rischio concreto o potenziale? Lo abbiamo chiesto all’infettivologo Andrea Giacometti. «Spillover è un mitico libro che io ed il collega Fabrizio Burzacchini (della Clinica di Malattie Infettive di Torrette, nda) utilizziamo ancora in occasione dei nostri incontri con gli studenti nelle scuole superiori, quest’anno, ovviamente, non effettuati causa Covid». Insomma un testo autorevole secondo il primario che aggiunge, riferendosi alle stime dell’Ipbes, che «il numero di 800mila specie virali in grado di infettare l’uomo è probabilmente inferiore al reale, perché tantissimi sono ancora sconosciuti, nascosti nel Regno Animale come agenti di zoonosi».
Il primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette spiega «non dobbiamo dimenticare che la maggior parte dei virus gode di una alta capacità di mutazione con nascita continua di nuove specie». Tante le pandemie che hanno colpito diverse aree del Pianeta, ricorda il professor Giacometti: dopo la Spagnola ci sono state l’Asiatica del ’57, la Hong-Kong del ’68, l’epatite da HBV con 400 milioni di malati cronici e con 1 milione di morti all’anno, e quella da HCV con 70 milioni di malati cronici, migliaia di morti all’anno, oltre all’Aids che ancora affligge 37 milioni di persone e causa quasi 2 milioni di morti all’anno. Infine prima del covid-19 c’è stata anche l’influenza Suina che ha colpito tra il 2009 e il 2010.
Ritiene che alla base delle nuove pandemie ci sia davvero una alterazione dell’equilibrio naturale? «La risposta è ovvia: se disboschiamo ampie zone, se inquiniamo, gli abitanti di quegli ecosistemi dovranno spostarsi per sopravvivere, portandosi dietro anche i loro virus, che poi possono trasmettersi agli animali domestici e infine all’uomo.
Quindi Quammen giustamente profetizza che ci saranno altre epidemie, ma è chiaro che non è colpa dei pipistrelli».
Ma quindi dobbiamo metterci il cuore in pace e pensare che la nostra vita d’ora in poi sarà inevitabilmente diversa? «Potrei rispondere che anche nell’antichità abbiamo affrontato epidemie, pestilenze, che nel Medioevo hanno determinato in Europa la morte del 30-50% degli abitanti. Del resto, la lotta-interazione fra uomo e microrganismi patogeni rientra nelle leggi dell’evoluzione. Gli scienziati parlano di co-evoluzione: ogni volta l’uomo si adatta diventando più forte verso un certo microrganismo e, viceversa, il microrganismo cerca di adattarsi all’uomo diventando meno patogeno, perché in Natura nessuno cerca di “sputare nel piatto in cui magia”».