ANCONA – L’età media della popolazione dell’Ue all’inizio del 2024 ha raggiunto i 44,7 anni, con un aumento di 2,2 anni dal 2014. Il dato va dai 39,4 anni dell’Irlanda ai 48,7 anni dell’Italia sencondo Eurostat. L’Italia è tra i Paesi in cui l’invecchiamento della popolazione è stato più pronunciato insieme a Grecia, Portogallo e Slovacchia, con un aumento della mediana di 4 anni.
«L’impatto della demografia sul mercato del lavoro e sull’equilibrio sociale è molto rilevante. Che l’Italia sia in crisi demografica non è certo una novità, sono ormai decenni che nel nostro Paese i tassi di fecondità femminili sono molto al di sotto della media europea e neanche i flussi migratori, che hanno arginato solo in parte l’inverno demografico, sono stati in grado di coprire questa dinamica negativa» spiega il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Politecnica delle Marche.
Secondo l’esperto l’impatto principale del crescente invecchiamento della popolazione a cui corrispondono sempre più culle vuote, si ha «soprattutto sul mercato del lavoro: più la popolazione invecchia minore è la capacità di rigenerazione» e diventa sempre più complesso il ricambio generazionale della forza lavoro senza contare che pochissimi giovani dovranno sostenere le pensioni di un numero maggiore di anziani, rispetto alle generazioni passate, complice anche l’allungamento dell’aspettativa di vita.
«Nelle Marche, specie nei paesi della cintura montana, incluso il fabrianese, c’è una difficoltà strutturale nel ricambio della forza lavoro» dice. Ma un impatto decisivo si ha anche «nella ricomposizione della forza lavoro» diminuisce la forza lavoro attiva, quella che si colloca nel range che va dai 15 ai 65 anni, soprattutto nella fascia giovanile. «Guardando alla situazione attuale e alle previsioni demografiche sappiamo che intoro al 2050 la forza lavoro attiva subirà una contrazione di circa il 25%, uno squilibrio prevedibile – osserva – contro il quale nessuno dei governi che si sono susseguiti negli ultimi 40 anni è mai intervenuto per invertire la rotta come invece hanno fatto in Francia e Gran Bretagna dove è stata sostenuta la natalità con un welfare targettizzato sulla maternità».
Per Orazi servono politiche di sostegno alle giovani madri prevedendo ad esempio «la gratuità dell’abitazione per tre-quattro anni, dei pannolini e dei servizi per l’infanzia, senza questi interventi non sarà possibile invertire questo trend. in Italia non è stato mai fatto nulla del genere. Il quadro è pesantemente negativo. L’Europa ha concentrato le sue politiche a sostegno dell’invecchiamento della popolazione e molti fondi PNRR sono dedicati proprio a questo, ma anche volendo allungare le attività di lavoro degli ultra 65enni e 70enni i problemi strutturali resterebbero».
L’esperto chiarisce che la tecnolgoia sul decremento demografico «può fare poco: per recuperare i decenni di ritardo maturato nel nostro Paese in termini di politiche di welfare per la natalità, bisogna adottare una politica immigratoria programmata, in grado di offrire ricambio generazionale sul mercato del lavoro e rimpinguare un vuoto delle forze attive di lavoro. Questo governo di centrodestra non mi sembra intenzionato a lavorare su questa leva come anche non ha agito in maniera risolutiva il centrosinistra: cambia la fraseologia, ma il vuoto retorico rimane lo stesso. La tecnologia può al massimo sostituire forza lavoro. Ad esempio i chatbot di intelligenza artificiale ben programmati potrebbero arginare il calo di ricercatori che si prevede a seguito delle politiche dei tagli alle università, ma non è in grado di incidere su questo meccanismo».
Le Marche «’nonna’ d’Italia hanno una grande criticità nel manifatturiero: le retribuzioni tendono a diminuire e stando ai dati disponibili sembrano imbrigliate in una rete di declino per la cui uscita sembrano esserci poche idee e risorse, oltre che scarse competenze» conclude.