Ancona-Osimo

Ancona, gli occhi di Run in un magazzino. Tombolini: «Saranno restaurati e riposizionati»

La storia delle opere dello street artist finite in un ripostiglio perché rimosse dall'autorità di sistema portuale per i lavori del G7 Salute

Gli occhi di Run al Mandracchio, come e dove erano fino a pochi giorni fa

ANCONA – La rimozione degli occhi dello street artist Run nella zona di accesso al Mandracchio, proprio davanti alla Mole Vanvitelliana, è finita ieri in consiglio comunale su interrogazione posta da Francesco Rubini cui ha risposto l’assessore Stefano Tombolini. I due occhi scomparsi dalla zona portuale avevano sollevato dubbi e richieste di chiarimenti da parte della popolazione nei giorni scorsi. Run, nome d’arte di Giacomo Bufarini, tra l’altro è lo stesso street artist cui il Comune ha affidato l’opera bifronte che arreda la galleria del Risorgimento. «Il tema è emerso sui social e su alcuni quotidiani locali – ha dichiarato Francesco Rubini nella sua interrogazione –. All’interno dei lavori che hanno ad oggetto l’area davanti alla Mole sono state rimosse le opere dell’artista Run, i due famosi occhi a cui molti erano affezionati in questa città. Chiedo perché sono state tolte e all’interno di quali progetti e lavori s’è inserita l’operazione, se verranno rimesse al loro posto e che tipo di rapporto c’è stato con l’artista».

Pronti i chiarimenti dell’assessore Stefano Tombolini: «Si tratta di un’opera spontanea fatta da Run nel 2019 per andare a colmare il vuoto che s’era creato su quei due cartelloni pubblicitari dismessi. Sicuramente un’opera bella e riconoscibile che durante i lavori di preparazione del cantiere del G7 l’autorità di sistema portuale, anche per lo stato di manutenzione dei pannelli, pericolosi perché aggrediti dalla ruggine, ha deciso di smontare e riporre in un magazzino dell’area portuale, forse non dando all’opera quel valore artistico che invece tanta gente gli riconosce. Ultimamente, abbiamo fatto un approfondimento e verificato, appunto, che i pannelli sono in un’officina di ambito portuale. Siamo andati a controllarli, in effetti l’aggressione della ruggine è evidente».

Gli occhi di Run, però, potranno avere nuova vita: «Però abbiamo parlato con l’artista – ha chiarito ancora lo stesso Tombolini –, lo abbiamo fatto solo a posteriori, gli abbiamo chiesto scusa del fatto per tutto quello che è successo e del fatto che non glielo avevamo comunicato e gli abbiamo chiesto se se la sentiva di restaurarli o di farne di nuovi, e lui si è dichiarato disponibile. Insieme al sindaco e all’autorità portuale abbiamo anche ipotizzato di utilizzare questi pannelli restaurati come arredo urbano, come quadri che riposizioneremo in luoghi e ambienti da definire insieme, dove verranno recuperati. Insieme all’autorità portuale abbiamo detto a Run che gli renderemo disponibili anche altre parti del territorio per arricchire la città e anche per chiedergli scusa. Sarà qui tra una decina di giorni, ci vedremo e faremo un sopralluogo in ambito portuale per verificare anche cosa poter rappresentare. Il risultato raggiunto è buono, nella prospettiva di poter fare ancora meglio e di più con Run che si è dichiarato sempre entusiasta e disponibile».

La replica conclusiva di Rubini in cui il consigliere non ha mancato di bacchettare l’autorità di sistema portuale: «Alcune riflessioni. La prima trovo francamente surreale che l’autorità portuale rimuova in autonomia un’opera artistica e la metta in un magazzino. Senza l’indignazione pubblica forse quei pannelli non li avremmo più trovati. La seconda riflessione è che questa vicenda del G7 ci sta dimostrando come a volte la foga di dare un’immagine a una città che forse per troppi anni è stata abbandonata a volte rischia di creare notevoli disagi, non solo quelli che stanno vivendo i cittadini di Ancona, sostanzialmente incastrati all’interno di un groviglio di cantieri inimmaginabile, ma anche danni come il fatto di gettare in un magazzino opere d’arte. Mi auguro che queste opere possano essere restaurate e restituite alla città. Chiudo con un appello all’autorità portuale affinché la smetta di occuparsi del porto come se fosse il giardino della propria casa».

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