Tirocini, borse lavoro, aiuti alle assunzioni e formazione specifica. Sono queste le azioni previste dalla Regione Marche nel 2018 a sostegno dell’occupazione. Un piano che passa anche attraverso una maggiore comunicazione tra imprese e Centri per l’Impiego per intercettare i bisogni occupazionali e formativi delle aziende. Welfare di comunità e bandi per l’autoimpresa completano il quadro delle iniziative messe in campo per creare opportunità di lavoro.
Una situazione, quella dell’occupazione nelle Marche, che si mantiene complessivamente stabile. Sono questi i dati forniti dall’Istat ed elaborati dall’Ires Cgil Marche, relativamente al terzo trimestre del 2017. Il numero degli occupati si attesta sulle 625 mila unità, facendo registrare rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso un +0,1% contro il +0,3% a livello nazionale.
Una delle criticità è il gap occupazionale tra uomini e donne. Se da un lato aumenta l’occupazione maschile, che passa dal 70,0% al 71,6% facendo registrare un +2,5%, per le donne la situazione è ben diversa: l’occupazione femminile segna un -3%, e dal 55,6% scende al 54,3%.
Le donne sono le più penalizzate, non solo in termini occupazionali, ma anche per disuguaglianza salariale e di carriera rispetto ai colleghi uomini. Una situazione di disparità sulla quale sono intervenute anche le Nazioni Unite, che qualche giorno fa hanno lanciato l’allarme tramite la consigliera economica del Programma di sviluppo Anuradha Seth: “Non esiste un solo paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini”. L’Italia si classifica al quartultimo posto tra i 35 Paesi sviluppati per percentuale di donne occupate (dati Oxfam). Un gap di stipendio che, in base ai dati raccolti dalle Nazioni Unite, vede le donne guadagnare circa il 23% in meno degli uomini.
Anche la situazione della disoccupazione si mantiene sostanzialmente stabile nelle Marche: nel complesso i disoccupati sul territorio regionale sono il 9,7%, appena lo 0,2% in meno rispetto lo stesso periodo del 2016.
Assessora Bravi, i dati sull’occupazione nell’ultimo trimestre del 2017 si mantengono stabili nelle Marche rispetto all’anno precedente, ma la crisi economica sta mettendo alle strette molte aziende del territorio, facendo crescere il numero delle persone che hanno perso il lavoro. Basti pensare alla complicata situazione della Tecnowind, l’azienda fabrianese dove sono a rischio 140 posti di lavoro.
Cosa si può fare a livello regionale per evitare che si ripetano situazioni di questo tipo?
«La situazione è sicuramente complessa e difficile e le vertenze in atto sono tante anche se gli ultimi dati del report dell’Osservatorio regionale delle Marche segnano un miglioramento rispetto al trimestre precedente. Oggi l’occupazione conta 625.215 unità, siamo tornati al livello pre-sisma, con un incremento occupazionale del 3%. Per quanto riguarda la presenza delle imprese sui mercati, questa è una attività specifica delle stesse condizionata da fattori economici e politici nazionale e internazionali (accesso al credito, ricambio generazionale, competitività) e la situazione non può essere risolta da una singola amministrazione locale.
La Regione Marche, in base alle sue competenze, fa certamente la sua parte intervenendo con contratti di solidarietà, cassa integrazione con politiche passive e attive per recuperare e ricollocare il lavoratori, in particolare gli over 45, con una formazione mirata. Vogliamo disegnare un orizzonte più ampio attraverso una riprogrammazione attenta e a lungo termine con bandi più corposi con una prospettiva concreta e non limitata nel tempo. Parliamo di interventi strutturali su macroaree e in relazione a questo tema è aperto dialogo con categorie e parti sociali».
Molto è stato fatto per contrastare la disoccupazione, ma c’è ancora tanto da fare. Quali saranno le prossime iniziative che metterete in campo a sostegno dell’occupazione? E quali sono a suo parere i settori in crescita, che possono offrire maggiori prospettive occupazionali?
«Siamo una regione altamente manifatturiera e ci muoviamo nel solco della tradizione delle filiere di eccellenza (meccanica, tessile, domotica, edile, mobile/legno e gomma/plastica, competenze digitali 4.0). Qui dobbiamo innestare l’innovazione attraverso il ricambio generazionale, la modernizzazione e la ricerca continua della qualità. È quindi necessario leggere i fabbisogni specifici del territorio, concordare una formazione mirata che risponda a profili precisi richiesti dalle aziende. Nel 2016 grazie al FSE abbiamo emesso bandi per circa 38 milioni di euro complessivi destinati al sostegno dell’occupazione e della formazione e altrettanto è stato fatto nel 2017. Abbiamo pubblicato molti avvisi sulle filiera per qualificare maggiormente il mercato del lavoro.
Per esempio, con l’avviso pubblico di fine 2016 per la concessione di 6.5 milioni di incentivi a sostegno di nuove attività economiche con sede nelle Marche e con particolare attenzione a quelle che operano nelle filiere ad elevato potenziale di sviluppo e nei settori innovativi e trainanti dell’economia regionale, sono state costituite e avviate 233 nuove micro, piccole e medie imprese, di cui 50 solo nell’area del cratere, per un totale di 466 assunzioni. Visto il successo abbiamo replicato il bando anche nel 2017. C’è inoltre un avviso specifico per un milione di euro che riguarda il sostegno all’occupazione per trasformare le offerte formative in contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato. Tornando alle filiere, posso già annunciare che nel corso del 2018 partiranno, tra gli altri, 18 corsi di formazione per il settore Legno-Arredo distribuiti sui 5 territori provinciali, ma iniziative e incentivi sono previsti in ogni settore».
Gran parte dell’occupazione nelle Marche si basa su lavori discontinui, mentre meno di un assunzione su dieci avviene con un contratto a tempo indeterminato. Come pensate di affrontare il precariato?
«Innanzitutto dobbiamo attrezzarci di fronte ad un modo di lavorare diverso e in evoluzione: dobbiamo quindi difendere il lavoro e non il posto. È necessario un ripensamento totale con prospettive ampie che travalicano i confini regionali. In ogni caso utilizziamo ovviamente gli incentivi alle aziende che stabilizzano i dipendenti, ma soprattutto è essenziale un percorso di formazione continua e di flessibilità delle figure professionali in base alle necessità del mercato in modo che il contratto a tempo determinato venga riconfermato nella maggior parte dei casi».
Una delle criticità della nostra regione è la disoccupazione femminile, che nell’ultimo trimestre 2017 segna un -3%, mentre l’occupazione maschile al contrario è in crescita del 2,5%. Come si muovono in questo senso le politiche di conciliazione?
«Lavoriamo anche sul fronte dell’occupazione femminile e più in generale sul fronte della famiglia, spingendo sul welfare aziendale e sociale con politiche di sostegno per permettere alla donna non solo di avere un’occupazione ma di essere anche madre e moglie. Nel 2017, sono ben 500 le famiglie marchigiane che hanno ottenuto i “voucher di conciliazione” per un totale di un milione di euro stanziati dalla Regione per aiutare i genitori che lavorano a pagare le rette dei nidi e dei centri dell’infanzia (0-36 mesi) e a conciliare meglio i tempi famiglia/lavoro. Ci sono poi i bandi per l’autoimpresa che danno sempre una priorità alle donne».
Complessa la situazione delle persone nella fascia d’età dai 35 ai 49 anni, che hanno perso il lavoro per la crisi economica e che faticano a ricollocarsi, e quando ci riescono devono fare i conti con il precariato. Famiglie con figli che si ritrovano a vivere situazioni difficili. Come pensate di intervenire su questo fronte?
«Il problema purtroppo è fino ai 67 anni… Siamo consapevoli della necessità di intervento e lo facciamo con tirocini over 30, borse lavoro over 45, tirocini per aree cratere sisma per promuovere ripresa attività. Nell’anno appena cominciato intensificheremo ancora, in base alle necessità del territorio, con aiuti alle assunzioni, offerta formativa specifica e specialistica e anche per la creazione di nuove imprese e l’autoimprenditorialità. C’è inoltre un bando aperto sulla formazione continua che prevede corsi ad hoc in base ai fabbisogni di collocazione. Altrettanto importante il bando “Welfare di comunità” con 10 milioni diluiti in tre anni, quindi a lunga scadenza, rivolto ai Comuni: prevede lavori di pubblica utilità (musei, parchi, ecc.) in cambio di una remunerazione simile ad uno stipendio. Stiamo inoltre predisponendo un’azione di sensibilizzazione delle imprese da parte dei Centri per l’impiego per intensificare le comunicazioni e verificare con tempismo i fabbisogni formativi delle aziende e favorire opportunità per i disoccupati».