ANCONA – Leva obbligatoria si, leva obbligatoria no. Si è riacceso da qualche settimana il dibattito sulla naja. Dopo il via libera alla Camera nel marzo scorso alla proposta di legge presentata da Forza Italia sulla mini leva su base volontaria, il Ministro dell’Interno Salvini ha lanciato la proposta della leva obbligatoria per 6 mesi a scelta tra servizio militare o civile.
L’obbligo militare era stato abolito nel 2004 dal governo Berlusconi. Una proposta, quella di reintrodurre il servizio militare, che divide specie nell’ambito del mondo educativo e non solo.
Giudizio positivo sulla leva dallo psichiatra Carlo Ciccioli, responsabile del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona, che l’ha sperimentata direttamente con di 18 mesi di fermo in Marina Militare subito dopo la laurea in medicina e chirurgia. «In quel periodo appena terminati gli studi era forte l’esigenza di inserirsi immediatamente nel mondo del lavoro e il mercato lo permetteva, per questo la naja era mal tollerata dai ragazzi. A 15 anni di distanza dall’abolizione del servizio militare obbligatorio la situazione socio economica è profondamente cambiata e oggi l’inserimento nel mondo del lavoro è molto difficoltoso. Inoltre, mentre in passato i processi educativi erano gestiti dagli oratori, dalle famiglie e dalle società sportive, oggi si registra un abbandono dei ragazzi a se stessi, non sono più seguiti e trovano punti di riferimento nel gruppo dei pari. In questa cornice che vede la carenza di un meccanismo educativo adeguato nella fase post adolescenziale, il ritorno alla leva breve potrebbe rappresentare una grande crescita sia civile che maturativa. Civile perché i ragazzi possono essere introdotti al lavoro socialmente utile con un ritorno al servizio alla comunità e alla patria. Se nei secoli scorsi la valenza sociale era rappresentata dalla difesa della patria, oggi assume sempre più la connotazione del servizio alla comunità. Una sorta di guardia nazionale americana che interviene in caso di terremoto, alluvioni, incendi boschivi, operazione strade sicure e controllo dei campi rom».
Contraria all’obbligatorietà la psicoterapeuta Alessia Tombesi, che la vede più come una scelta facoltativa dei ragazzi. «Per certi versi potrebbe essere utile per svincolare i ragazzi da casa e porli in un contesto dove ci sono delle regole precise, specie in una fase storica in cui c’è una forte tendenza al lassismo. Tuttavia occorre un’accurata organizzazione e non è pensabile rendere la leva obbligatoria, non può essere imposta, deve essere una libera scelta dei ragazzi. Fondamentale la presenza della figura dello psicologo sia nella fase di ingresso, tramite un’accurata diagnosi, sia durante tutto il periodo con un affiancamento periodico. In caso contrario si rischiano fenomeni come il nonnismo con conseguenti traumi e crolli psicologici. Importante la formazione psicologica anche per il personale militare che si troverà ad approcciare i ragazzi».
Contrario alla leva militare obbligatoria anche il dottor Mauro Mario Coppa, psicologo, psicoterapeuta e direttore dei Servizi Educativi della Lega del Filo d’Oro, che non vede di buon occhio quello che definisce «un ritorno al passato, poco in linea con i tempi» e che già in passato aveva fatto registrare fenomeni di «nonnismo ed altre situazioni critiche». Meglio optare per il servizio civile, spiega, dal momento che «rende i ragazzi consapevoli dei bisogni della società nel campo della disabilità, dell’ecologia, delle scuole, delle istituzioni, senza trascurare il fatto che stimola l’empatia e che i ragazzi hanno un piccolo stipendio».
Favorevole al ritorno dei ragazzi alla divisa e agli anfibi anche Annunziata Brandoni, pedagogista, già insegnante e preside elementare, scrittrice: «Per i ragazzi è l’occasione di fare esperienza fuori dalla famiglia, si autofortificano, imparano ad autogestirsi e diventano adulti. Anche il servizio civile è un’esperienza positiva che oltretutto consente di guadagnare qualcosa». Sull’eventualità di estendere la leva alle ragazze però non è d’accordo la Brandoni: «Le ragazze sono già autonome, è piuttosto una necessità dei maschi quella si svincolarsi dalla famiglia di origine per crescere. Il servizio militare in questo senso fa bene ai ragazzi ma solo se facoltativo e non obbligatorio. Obbligatorio dovrebbe esserlo per i bulli che magari in questo modo possono mettere la testa a posto».