Ancona-Osimo

Mafia nigeriana, 15 arresti fra Marche e Abruzzo. Affiliati ad Ancona, Jesi e nell’Ascolano

Gli agenti della Squadra Mobile dorica e quelli di Teramo hanno fermato alcuni appartenenti alla cellula chiamata Pesha e responsabili di numerosi reati, fra i quali associazione a delinquere, tratta di donne, sfruttamento della prostituzione e spaccio

Polizia
La Squadra Mobile

ANCONA – Violente punizioni corporali afflitte per costringere ad affiliarsi al cult, o per punire chi non ne rispettava le regole. Ma anche aggressioni e violenze verso giovani donne nigeriane costrette a prostituirsi lungo la Bonifica del Tronto. È quanto hanno documentato le indagini della Questura di Teramo, che in collaborazione con i poliziotti della Questura di Ancona, hanno stroncato un sodalizio criminale nigeriano radicato fra Marche e Abruzzo, il cui capo (Ibaka) è un operaio residente a Jesi fermato in viale della Vittoria (JO).

All’alba di questa mattina (21 luglio) gli agenti della Squadra Mobile di Teramo in collaborazione con i poliziotti della Squadra Mobile di Ancona, hanno fermato quindici cittadini nigeriani appartenenti ad un’associazione di stampo mafioso ritenuta responsabile di numerosi reati.

Gli altri membri di un gruppo di 19 affiliati, 4 dei quali sono ancora ricercati, hanno tutti circa una trentina di anni, sono irregolari sul territorio italiano, la maggior parte di loro disoccupati e sono domiciliati fra Marche e Abruzzo: 4 a Jesi, 2 a San Benedetto del Tronto, 1 ad Ascoli Piceno, 1 a Grottammare, 1 ad Ancona, 1 ad Agrigento, e 4 a Martinsicuro (Te). Gli arresti compiuti dalla Squadra Mobile di Ancona sono stati eseguiti ad Ancona in via Cristoforo Colombo e a Jesi al Viale della Vittoria. Durante le operazioni i poliziotti hanno identificato altri due nigeriani, estranei ai fatti, ma irregolari, verso i quali la Questura di Ancona sta avviando le procedure di espulsione. Alle operazioni hanno partecipato anche le unità cinofile, la polizia scientifica, il gabinetto e le volanti, oltre al commissariato di Jesi.

Fra gli illeciti commessi dal sodalizio criminale appartenente al “Supreme Eiye Confraternity” (Sec), un cult nigeriano diffuso in numerosi stati europei ed extraeuropei, ci sono il riciclaggio e la illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria, la tratta di giovani donne obbligate a prostituirsi lungo la Bonifica del Tronto e poi sottoposte a violenze e vessazioni, la cessione di stupefacenti, oltre alle violenze perpetrate verso i membri dello stesso o di altri cult.

Il fermo, disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila sotto il coordinamento del Sostituto Procuratore David Mancini, è l’esito di una complessa attività investigativa nazionale condotta sugli Eiye, gli appartenenti al sodalizio mafioso nigeriano, strutturato in articolazioni nazionali denominate Vatican Aviary ramificate a loro volta in cellule territoriali locali chiamate Nest (nido). Il gruppo mafioso nigeriano fermato dalla Polizia, che era riuscito a creare una fitta rete di relazioni internazionali con altri cult particolarmente insidiosi, appartiene ad una cellula locale chiamata Pesha operante lungo la costa fra le province di Ancona e Teramo. I Nest solitamente hanno nomi di frutti, quello di Ancona Pesha, è di derivazione dal termine inglese Peach, ovvero Pesca.

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Già nel luglio 2019 l’operazione Subjection aveva svelato la tratta di giovani nigeriane, mentre nel dicembre 2019 con l’operazione Travelers i poliziotti avevano scoperto il riciclaggio di ingenti profitti illeciti in Nigeria. Un gruppo particolarmente violento, quello fermato dalla Polizia,  che si caratterizza per la segretezza del vincolo associativo, la
ritualità dell’affiliazione, l’adozione di linguaggi e simbologie rigide e rigorosi, oltre che per la violenza nelle azioni. Violenze che non risparmiavano gli affiliati che non rispettavano le regole né i nuovi che venivano costretti ad aderire al gruppo mafioso etnico, obbligandoli a pagare una tasse di iscrizione annuale. Uno di questi, stanco delle continue violenze e punizioni, alla fine ha deciso di collaborare con la giustizia ed è stato sottoposto ad un programma di protezione.

L’ingresso nell’associazione mafiosa nigeriana avveniva attraverso un rituale di iniziazione alla presenza del vertice del cult e degli altri membri del gruppo: un rituale nel quale si alternavano atti di violenza, riti
tribali, per poi arrivare al giuramento di fedeltà agli Eiye con il quale l’affiliando si impegnava al rispetto delle regole dell’associazione, le orientation. Oltre a pagare la tassa di iscrizione, il nuovo membro della confraternita era costretto anche al finanziamento a vita del gruppo.

I cult, caratterizzati per la segretezza, utilizzavano simboli, colori e codici linguistici ispirati al mondo degli uccelli: Eiye è infatti un uccello mitologico della tradizione nigeriana. Inoltre il gruppo si avvaleva dell’intimidazione, per ottenere assoggettamento, omertà e controllo del territorio, al fine di perseguire i propri scopi illeciti.

Nel corso dell’indagine sono state documentate molte riunioni dei membri dell’associazione che avvenivano prevalentemente nelle abitazioni di alcuni membri, per mantenere la segretezza del cult: qui gli Ibaka definivano le strategie criminali del gruppo.

Le indagini hanno anche documentato violenti scontri avvenuti a Pesaro e ad Ancona con gli appartenenti all’opposta confraternita nigeriana dei Black Axe, oltre alle violenze perpetrate ai danni di giovani donne, costrette a prostituirsi lungo la Bonifica del Tronto dopo un rituale juju che le assoggettava al silenzio attraverso le minacce e alla restituzione del guadagno ottenuto.

Il fermo è stato disposto perché per molti degli indagati era imminente la fuga, visti i contatti con connazionali in Francia, Germania, Belgio, Svezia ed i progetti di espatrio condivisi, anche con loro familiari già dimoranti all’estero.

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