ANCONA – L’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e le ondate di maltempo che a più riprese hanno interessato le Marche hanno fatto finire in mare fango, tronchi, detriti e inquinanti trasportati dai fiumi. L’acqua del mare risulta in più punti della costa marchigiana scura, sporca, tanto che alcune persone temono di fare il bagno e altre di mangiare cozze e vongole. Ne abbiamo parlato con il professor Gian Marco Luna, direttore dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine (Cnr – Irbim) – Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Professore cosa sta succedendo e quanto impiegherà il mare per ripulirsi?
«Le nostre coste hanno risentito delle ondate di maltempo, che hanno riversato in mare un enorme carico di sedimenti e di materiale di vario tipo di origine terrigena. Si tratta, ahimè, di un fenomeno a cui dovremo abituarci in futuro, in quanto il cambiamento climatico in atto rende questo tipo di episodi sempre più frequente. Le coste della nostra Regione sono estremamente vulnerabili al cambiamento climatico, già evidente in termini di aumento della temperatura del mare, variabilità delle precipitazioni e del livello medio del mare, perdita di parte della spiaggia emersa a causa dell’erosione costiera, così come della sempre maggiore intensità e frequenza di eventi metereologici estremi quali ondate di calore ed alluvioni. Sappiamo che i nostri fiumi trasportano in mare un’ampia varietà di materiali e di sostanze inquinanti. Al Cnr Irbim studiamo da tempo il flusso di sostanze inquinanti, inclusi i microrganismi di origine fecale che creano tanta apprensione per il rischio di contrarre infezioni, e che arrivano lungo le nostre coste attraverso i fiumi o sistemi depurativi non perfettamente efficienti. Oggi sappiamo che le foci dei fiumi rappresentano l’elemento di maggiore criticità per le nostre coste. Tipicamente questi fenomeni di mare “sporco” durano qualche giorno per poi tornare a situazioni di normalità, ma dipende dalle condizioni del mare».
Molti bagnanti hanno timore a tuffarsi e a lasciare fare il bagno ai propri figli, mentre altri stanno rinunciando a mangiare cozze e vongole per timore per la propria salute nonostante la balneabilità delle acque e la pesca riaperta dopo le analisi. Apprensioni giustificate?
«È importante chiarire questo aspetto e non generare inutili allarmismi. Le autorità competenti hanno ovviamente fatto il loro lavoro di controllo e monitoraggio, ai sensi delle normative vigenti. Per questo, Arpam ha effettuato i controlli sulla balneazione, come sempre, sulle oltre 240 stazioni situate lungo la costa marchigiana, rilevando tipicamente livelli di microrganismi di origine fecale al di sotto dei limiti di legge. Laddove si rilevano livelli di non conformità, vengono presi provvedimenti ma tipicamente la situazione torna entro la normalità entro 18 – 72 ore dalla fine dell’evento, riportando i parametri di balneabilità entro i limiti di legge. Dunque, la sicurezza della fruizione delle nostre acque è garantita da analisi rigorose basate su microrganismi indicatori, che consentono una valutazione del rischio di contaminazione da batteri e virus patogeni di natura fecale, che sono indicati dalle norme UE e sono frutto di decenni di applicazioni e di studi. Mentre le analisi sui molluschi bivalvi (cozze, vongole), sempre ai sensi delle normative EU, sono effettuate dalle autorità sanitarie di Igiene degli Alimenti nell’ambito di precisi monitoraggi. Va aggiunto che l’apporto di nutrienti di questi giorni, associato alle precipitazioni, ha portato in certe aree a fioriture di alcune specie di microalghe, fioriture che possono contribuire alla colorazione scura delle acque. L’aumento visibile della torbidità chiaramente non invita ancora al tuffo ma basterà attendere, come stiamo già vedendo, per tornare ai normali livelli di trasparenza».
Rimanendo sempre sul tema della balneazione e della sicurezza dei bagni estivi, il professor Luna, ricercatore aggiunto, spiega «che questo tema deve rimanere al centro della nostra attenzione, alla luce della vulnerabilità delle nostre coste all’impatto dell’uomo ed al cambiamento climatico che renderà sempre più frequente l’arrivo di volumi significativi di acque potenzialmente contaminate. Dovremo quindi farci trovare pronti. Le metodiche di indagine attuali, pur se robuste, possono essere migliorate e rese più sensibili attraverso la ricerca, ad esempio utilizzando nuovi metodi capaci di fornire dati in tempi più rapidi e basati sull’identificazione del Dna batterico direttamente in campioni d’acqua (già sviluppati nei nostri laboratori ed in uso in altri Paesi come gli Usa), oppure accoppiando alle misure di laboratorio strumenti previsionali come la modellistica (per comprendere meglio la dispersione dei batteri giunti in mare), oppure la sensoristica. Il tutto per garantire, da un lato, una sempre più sicura fruizione delle nostre acque, ma allo stesso tempo per salvaguardare l’economia blu del turismo così importante per il nostro territorio. No dunque ad inutili allarmismi, ma piuttosto maggiore informazione, continuo dialogo tra le istituzioni, gli enti deputati al controllo ed il sistema della ricerca marina marchigiana (le Università, il Cnr e gli altri), e maggiore sperimentazione ed innovazione per migliorare la nostra capacità di “misurare” il mare, sempre più minacciato dall’impatto dell’uomo e dal cambiamento climatico».
È credibile immaginare una sorta di rotta dei detriti, che arrivano da nord e scendono verso sud?
«Se ci riferiamo ai detriti di maggiori dimensioni, come rifiuti e tronchi di legno, ad esempio, certamente questi seguono le principali correnti adriatiche che hanno tipicamente un andamento anti-orario, per cui acque provenienti da sud risalgono dalla costa orientale del mare adriatico verso nord e discendono da nord a sud lungo la nostra costa. Lo vediamo anche dallo spazio: le immagini riprese durante le alluvioni dai satelliti del programma Copernicus di osservazione del Pianeta sono spesso drammatiche e mostrano le traiettorie del fango e dei detriti lungo la nostra costa adriatica, dipingendo le acque con toni marroni. Nella nostra regione assistiamo oramai con regolarità all’arrivo di grandi quantità di materiale, portate dai nostri fiumi e torrenti, con conseguente grande lavoro per ripulire gli arenili. Anche questo problema è aggravato dal cambiamento climatico e dal maltempo, dovremo sviluppare adeguate strategie di adattamento e di mitigazione».
Il vento di scirocco è sufficiente a risolvere il problema?
«In questi giorni la situazione è in netto miglioramento, in termini di trasparenza visibile già ai nostri stessi occhi, ma anche dalle misure che effettuiamo con la nostra strumentazione fissa in mare. Invito i cittadini a monitorare loro stessi le condizioni dello stato di salute del nostro mare, attraverso il sito web di Istituto dove sono mostrati i dati (incluse webcam) misurati in tempo reale dalla nostra rete di boe e resi disponibili in un formato user-friendly (www.irbim.cnr.it) alla sezione “Mare in tempo reale”. Tra queste, ad esempio, la boa situata a 2 miglia al largo di Fano installata insieme all’Università Politecnica delle Marche ed il Fano Marine Center. I dati di torbidità che stiamo misurando appaiono in netto miglioramento, pur se ancora elevati in alcune aree. Dall’analisi dei dati di queste boe, un dato che emerge e che fa riflettere è la temperatura: mostra già valori decisamente molto elevati, con punte sopra i 26°C, nonostante siamo ancora a giugno».