ANCONA – «Fino a relativamente pochi anni or sono, la valutazione della salute mentale al femminile era abbastanza limitata, sostanzialmente ridotta ad alcuni pur lodevoli tentativi di promozione della salute mentale, in alcuni ambiti specifici. Oggi il panorama è drasticamente cambiato». Lo evidenzia il professor Umberto Volpe, direttore della Clinica di Psichiatria dell’ospedale regionale di Torrette. Una riflessione nella Giornata nazionale della Salute della Donna, che accende i riflettori sulla medicina di genere e più in generale sulla salute femminile.
Lo psichiatra, affrontando il tema della salute mentale, evidenzia che «alcuni disturbi mentali sembrano avere una netta predilezione per il sesso femminile. Fin dalla proto-psichiatria dell’800, ad esempio, era chiaro che il disturbo isterico fosse ad appannaggio prevalentemente femminile, ai tempi del neuropsichiatra francese Charcot, oltre l’80% dei casi di isteria erano costituiti da donne. Tuttavia – spiega – , talvolta, questa predilezione per il sesso femminile ha indotto a creare falsi miti se non stereotipi negativi: ad esempio, ritenere che il comportamento isterico fosse solo femminile».
Oggi, però, l’epidemiologia psichiatrica moderna ha confermato che alcuni disturbi «sono elettivamente femminili. Ad esempio i disturbi alimentari in età adolescenziale colpiscono maschi e femmine nel rapporto di 9 a 1, rispettivamente, ma ha anche svelato pregiudizi e lacune nella cura della gestione della salute al femminile».
Malattia tipicamente femminile la depressione perinatale, o post partum, che fino a pochi anni fa «era misconosciuta, raramente individuata e ancor più di rado trattata in maniera adeguata. Si tendeva a bollare le reazioni di ansia o vera e propria depressione delle future mamme, nella migliore delle ipotesi, con un eccessivo ottimismo, nella peggiore con cliché sessisti, che minimizzavano la sofferenza psicologica riducendola ad atteggiamenti di debolezza individuale. Oggi, al contrario, anche grazie a numerose campagne anti-stigma e di informazione, su questa patologia si registra una rinnovata sensibilità e si sono articolate molteplici iniziative a livello internazionale e anche locale».
Nella Clinica Psichiatrica di Torrette è attivo da alcuni anni, il Centro per la Psichiatria Perinatale, coordinato dalla dottoressa Antonella Mauro, che vede collaborare attivamente psichiatri e ginecologi della Clinica Ostetrica del Salesi di Ancona, diretta dal professor Andrea Ciavattini, per individuare precocemente i casi di depressione perinatale e assicurare alle neo mamme i trattamenti farmacologici e psicologici più indicati. Una iniziativa che rientra nel programma dei “Bollini Rosa” della fondazione nazionale Onda – Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di Genere. Da questa esperienza pilota, avviata anni fa, anche con il supporto del Ministero della Sanità, è nato un evento di formazione che da oltre due anni si rivolge a tutti i “Punti Nascita” della regione Marche per assicurare una diffusione capillare della salute mentale e della prevenzione della depressione perinatale, in particolare in tutto il territorio regionale.
La medicina e la psichiatria di genere però non si limitano solo allo studio delle variazioni cicliche indotte dagli ormoni femminili e dei loro effetti sulla sfera dell’umore, questo perché, spiega il professor Volpe, «in realtà, esistono variazioni cronobiologiche anche nei maschi, inoltre perché esistono altre differenze “al femminile” che non si riassumono solo nelle ciclicità ormonali. Ad esempio, è oggi chiaro e dimostrato con ampie evidenze scientifiche che esistono ulteriori differenze sia biologiche che psicologiche e sociali tra uomini e donne, che devono necessariamente essere prese in considerazione nella gestione della salute mentale».
Lo psichiatra evidenzia che sul versante biologico ne è un chiaro esempio la risposta allo stress, che costituisce un elemento di rischio per l’insorgenza di molti disturbi mentali. «Il recettore per il fattore di rilascio della corticotropina, un “ormone dello stress” – aggiunge – mostra caratteristiche differenziali di accoppiamento alle proteine di membrana nei due sessi, che può risentire abbastanza significativamente dell’effetto di ormoni femminili come progesterone e ossitocina, in particolare, il quale potrebbe spiegare una differente sensibilità allo stress nei soggetti di sesso femminile e quindi il dato storico di una prevalenza di alcuni disturbi mentali, ad esempio, ansia e depressione, nel sesso femminile».
Un ulteriore differenza di genere sul fronte biologico è rappresentata dalla diversa risposta ai farmaci nei due sessi. «Le differenze di risposta ai farmaci antidepressivi, raramente sono oggetto di studio, anzi – osserva – nella maggior parte dei 251 studi controllati di psicofarmacologia esaminati in una recente metanalisi, l’effetto del sesso tendeva ad essere bilanciato, per ottenere un paziente “medio”, o escluso, ovvero controllato statisticamente. Tuttavia, nella minoranza di studi (20%) che stratificavano i dati per sesso, sono emersi dati di grande rilievo rispetto a differenze farmacocinetiche, ovvero come un farmaco si distribuisce nell’organismo e come viene metabolizzato, ma soprattutto rispetto ai parametri di esito, cioè, all’effetto delle terapie psicofarmacologiche, che meriterebbero di essere indagati più sistematicamente allo scopo di individualizzare le terapie in maniera più adeguata ed assicurare il miglior trattamento possibile a ciascun paziente, anche tenendo conto delle differenze legate al sesso».
Ma esistono anche fattori psicosociali che spiegano il maggior rischio per le donne di soffrire di disagi psichici: «Senza addentrarci troppo in speculazioni antropologiche ed economicistiche – spiega il primario -, bisogna pur riconoscere che i ruoli associati negli ultimi anni alle donne sono più numerosi e ben diversi rispetto al passato. Basti pensare alla duplice responsabilità di essere mogli e madri, con tutto il carico che deriva dalla gestione casalinga e familiare, e di lavorare, nel 29% dei casi sono le donne a rappresentare la fonte di guadagno primario nelle famiglie. Non sorprenderà, alla luce di tale considerazione, che i disturbi della sfera affettiva, la prima causa di disabilità al mondo, secondo la serie di studi “Global Burden of Disease” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpiscano soprattutto le donne, specie in età giovanile e adulta (15-44 anni), e tendano ad assumere più spesso un andamento cronico, accompagnando le donne, spesso per il resto della loro vita, se non adeguatamente riconosciuti e trattati».
Un fenomeno accentuato dalla pandemia di covid-19. Il professor Volpe cita a testimonianza lo studio del Network Nazionale Comet al quale ha partecipato, fra le numerose università italiane, anche la Politecnica delle Marche: dal lavoro scientifico è emerso che, degli oltre 20mila partecipanti allo studio, erano soprattutto le donne ad avere un maggior rischio di sviluppare depressione di entità grave e/o sintomi d’ansia, in risposta al cambiamento di abitudini e alle restrizioni legate alla pandemia, come le misure di distanziamento fisico e il lockdown.
«Bisogna inoltre registrare – aggiunge – che l’aumento dell’uso di sostanze e della violenza familiare in corso di pandemia ha visto essere proprio le donne le principali vittime di tali fenomeni. Sebbene sia ben noto da molti anni che esiste una differente prevalenza di alcuni disturbi psichiatrici nelle donne, oltre alla già citata depressione – osserva – , anche le somatizzazioni ansiose, la sindrome ossessivo-compulsiva, tendono più facilmente a manifestarsi nel sesso femminile rispetto agli uomini che invece, classicamente, tendono a soffrire più spesso di disturbi di personalità e problemi di abuso di alcol/sostanze: nella letteratura scientifica solo negli ultimi anni è stata data una maggiore attenzione alla questione di genere».
Il primario fa notare che le iniziative come quelle della Giornata nazionale della Salute della Donna «rivestono ancor oggi un rilievo cruciale per promuovere una nuova cultura della salute dedicata al femminile, con l’obiettivo finale di assicurare il pieno benessere psicofisico della donna, anche tenendo conto delle differenze biologiche, psicologiche e sociali che caratterizzano il genere femminile oggi».