ANCONA – Metalmeccanici e metalmeccaniche in piazza stamattina 7 luglio per uno sciopero di quattro ore per una transizione ecologica sostenibile sia dal punto di vista sociale che ambientale, e per chiedere un aumento salariale. Per queste ragioni le rappresentanze sindacali di Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato lo sciopero e il presidio davanti alla Prefettura di Ancona, in piazza del Plebiscito, che si è svolto stamattina con appuntamento alle 10.30. Lo sciopero e il presidio aprono un percorso unitario di mobilitazione per rivendicare investimenti e scelte di politiche industriali che riguardano tutti i settori, la soluzione delle crisi aziendali, la difesa dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Al presidio sono intervenuti i segretari regionali di Fim, Fiom e Uilm, le rappresentanze sindacali delle aziende in crisi come Whirlpool e quelle dell’area portuale di Ancona che rivendicano sicurezza e dignità del lavoro. A conclusione della manifestazione l’incontro di una delegazione con il prefetto per parlare dei problemi del settore metalmeccanico marchigiano con il rappresentante del Governo.
«É uno sciopero di avvertimento. Vogliamo avvertire il Governo del fatto che la mancanza di politiche industriali rischia di determinare la desertificazione industriale nel nostro Paese», avevano illustrato nei giorni scorsi i sindacati. «Perché uno sciopero di quattro ore – spiega Gregorio Abate, rappresentante dei lavoratori Uilm della provincia di Ancona –: siamo nel pieno di una tempesta che voglio definire rivoluzione green, ma se stiamo attenti alla parola significa movimento organizzato e violento per cambiare un sistema sociale ed è quello che sta succedendo. Non so se molti ancora se ne sono accorti, ma chi è nel settore metalmeccanico la sta vivendo, questa cosa. Oggi, non nel 2035. Negli anni si è visto di tutto, questa rivoluzione è in corso, e le ricadute sul livello occupazionale già si stanno sentendo»
Abate prosegue sulla necessità di sostegno alle imprese marchigiane: «Molte piccole e medie aziende che sono il tessuto sociale delle Marche non hanno le capacità per affrontare questa rivoluzione e dunque la stanno subendo e sono in pericolo molti posti di lavoro, alcuni già persi. Siamo qui un’altra volta, per la prima volta insieme, per dire che ci vuole organizzazione, noi siamo pronti a condividere le strade, ci vuole struttura. E nel nostro settore serve un’azione a livello europeo perché questa transizione non è gestita, organizzata e concertata. Ognuno va per la sua strada. E poi bisogna incentivare le aziende. Strano che lo dica un sindacalista, ma le aziende per noi sono posti di lavoro. Serve un progetto, non interventi spot». Gli fa eco Stefano Balestra, rappresentanza sindacale Fim Cisl Whirpool stabilimento di Melano Marischio, nel Fabrianese: «Ormai siamo avvezzi a questo luogo, qui negli ultimi anni ci siamo stati anche per la questione di Napoli. In questo momento protestiamo per la crisi dell’elettrodomestico che è uno dei settori grandi malati insieme all’automotive e alla siderurgia. Contestiamo la mancanza di politiche industriali da parte del Governo, una storia che si tramanda da almeno quindici anni, da quando l’elettrodomestico è andato in crisi. C’è preoccupazione, per tutta una serie di motivi. Il mercato dell’elettrodomestico è fortemente in crisi e si fatica a stare in fabbrica con una quantità di cassa integrazione non certo di poco conto».