Ancona-Osimo

Migranti, il capomissione Gil: «Molto colpiti dalla traversata. Politiche hanno costo su vite»

L'imbarcazione lunedì scorso aveva tratto in salvo davanti alle coste della Libia, 48 migranti, fra i quali 9 minori, che erano a bordo di una barca di legno: si tratta per lo più di egiziani e un eritreo

Juan Matias Gil capomissione Geo Barents -Medici Senza Frontiere

ANCONA – «Fortunatamente questo gruppo sta abbastanza bene, non ci sono stati grandi problemi medici». Lo ha detto il capomissione di Medici Senza Frontiere, Juan Matias Gill, durante le operazioni di sbarco dei migranti, concluse poco prima delle 16, dalla Geo Barents.

L’imbarcazione lunedì scorso aveva tratto in salvo davanti alle coste della Libia, 48 migranti, fra i quali 9 minori, che erano a bordo di una barca di legno: si tratta per lo più di egiziani e un eritreo. Per la Geo Barents quello di oggi è il secondo sbarco al porto del capoluogo marchigiano, sempre alla banchina 22.

Sentito sulle condizioni psicologiche dei minori a bordo, Juan Matias Gil, ha spiegato che «sembravano molto colpiti da questa traversata», un percorso «con solo 14-15 anni, non è quello che ci auguriamo per le generazioni più giovani. «Si vede un grande dolore, una scelta forzata per venire qui – ha detto – sicuramente non è quello che vorrebbero».

Lo sbarco dei migranti

«Un’altra volta ad Ancona – ha sottolineato Gil -, a più di 1.500 chilometri di distanza da dove abbiamo fatto il soccorso, con tanti porti che ci sono prima e con tante cose che succedono in mare». Il capomissione della Geo Barents ha ricordato: «Abbiamo visto circa due giorni fa 70 persone morte senza nessuno che possa assistere: questa è una chiara conseguenza delle misure che il governo sta prendendo, mandando noi qui e le altre barche a Ravenna, Civitavecchia, a centinaia di chilometri».

E insistendo ancora sulla polemica legata all’assegnazioni di porti lontani dai luoghi di salvataggio, per sgravare gli scali del sud Italia, il capomissione ha aggiunto: «Ci mandano fuori dalla zona di soccorso per più di 10 giorni, cinque giorni per arrivare e altri cinque per tornare, evidentemente queste politiche hanno un costo sulle vite umane».

«C’è una grande necessità di noi – ha detto -, dobbiamo tornare, non possiamo lasciare morire queste persone. I costi aumentano e l’impatto si riduce, oggi potremmo arrivare qui con centinaia di persone, stiamo lavorando al 10% della nostra capacità: a prescindere dai costi finanziari che sono molto importanti, è quelli che rimangono indietro, il costo umano di queste politiche, a questo dobbiamo pensare».