ANCONA – Periodo magico, colmo di calore ed emozioni, il Natale nelle Marche è ricco di tipicità. Sulle tavole imbandite a festa attorno alle quali si riuniscono le famiglie, tanti sono i piatti della tradizione, tramandati dalle nonne su pagine ormai ingiallite dal tempo ma sempre vive e cariche di quella storia che ci appartiene e che fa parte della nostra cultura. Non solo cappelletti in brodo e vincisgrassi, a Natale anche i dolci si sono ritagliati un loro ruolo da protagonisti.
Tra questi piatti il più antico è sicuramente il “Frustingo”, una “dolce” ricetta a base di frutta secca, fichi, mandorle e noci tipica di Ascoli Piceno, ma preparata anche in altre zone delle Marche come Fermo, Macerata e Pesaro, ovviamente con denominazioni differenti. Una ricetta tanto antica da risalire ad oltre 2000 anni fa.
Nel Maceratese invece c’è la tradizione di preparare i cosiddetti “Cavallucci”, un dolce che deve il nome alla sua forma caratteristica, tipico della zona di Apiro. Anche qui la fuitta secca la fa da padrona con noci, nocciole e mandorle, ma anche cioccolato, fichi secchi, uvetta, canditi e Sapa, mentre la parte superiore di questi deliziosi dolcetti viene ricoperta con l’Alchèrmes.
Ma non c’è Natale che si rispetti senza la “pizza dolce di Natale”, una specie di panettone Made in Marche. La ricetta tipica della tradizione contadina, come del resto anche le altre, si prepara amalgamando la pasta del pane con frutta secca uvetta, fichi secchi, scorza grattugiata di limone e di arancia e olio d’oliva.
Al contrario di quanto possa sembrare il “biondo di Camerino” è un torrone la cui ricetta risale alla fine dell’Ottocento da una famiglia di pasticceri del posto. Il dolce riscosse un tale successo tanto da arrivare fino alla tavola dei Savoia. Tutto merito di una sapiente preparazione e degli ingredienti: miele, mandorle e zucchero, cotti per oltre 5 ore.
Tra il fermano e il maceratese si prepara invece “Lu Serpe” il caratteristico serpente dolce che secondo la tradizione sembra sia stato cucinato per la prima volta dalle Clarisse del monastero di Falerone in occasione della festa dell’Immacolata Concezione (8 dicembre). La tipica forma sembra far riferimento al peccato originale cancellato dalla nascita di Gesù Bambino. Ripieno di mandorle e amaretti, il dolce viene ricoperto di glassa e decorato per dargli le sembianze del serpente.
Ma il Natale in tavola non si veste solo tradizione, quest’anno tra i panettoni spuntano delle novità. La Pasticceria Picchio di Loreto, celebre per aver conquistato con un dolce a base di amaretto farcito con crema di vaniglia e croccante alle mandorle (la Tota del Papa) niente meno che Papa Wojtyla, quest’anno ha voluto rendere omaggio ai 200 anni dalla nascita dell’Infinito di Giacomo Leopardi con un panettone dedicato. Detto, fatto, ecco che dalle sapienti mani dei pasticceri è nato l’Infinito un impasto al caffé con cubetti di marzapane imbevuti di succo fresco di limone bio proveniente dalla Sicilia.
L’altra novità è rappresentata dal panettone Incontro che cela un cuore al cioccolato avvolto da un impasto di cioccolato e noci e decorato in superficie con motivi a spirale realizzati con pistacchio del Bronte e oro commestibile.
Tra i torroni spiccano “le lingue delle donne”, fettine sottili di torrone bianco preparato con miele della Sicilia e mandorle tondine, il tutto ricoperto da un sottile strato di cioccolato fondente, mentre i cioccolatini assumono le caratteristiche forme delle feste: stelle comete e befane.
«Si sta ritornando alle cose buone e agli ingredienti naturali» spiega Elisabetta Marcozzi fondatrice della Pasticceria Picchio nata nel 1978 sulle orme della mamma, dove oggi lavorano il fratello Claudio la Sorella Angela e i figli Roberto e Barbara.
Tra le dolci specialità, i cioccolatini dedicati a Giacomo Leopardi che ripercorrono le tappe salienti della vita del poeta recanatese.