ANCONA – Nuovi parametri per stabilire la fascia di colore delle Regioni, riapertura dei centri commerciali nei weekend e slittamento del coprifuoco. Sono le principali novità che verranno inserite nel nuovo decreto su cui sta lavorando il Governo, dopo un confronto con le associazioni di categoria e le Regioni, per arrivare all’approvazione in settimana.
Per stabilire in che zona si colloca una Regione in base al livello di rischio, si ricorrerà ad un nuovo indice Rt, basato sul tasso di occupazione ospedaliera nelle terapie intensive e negli altri reparti, oltre che sull’incidenza dei nuovi casi positivi parametrata in rapporto a 100mila abitanti. Il nuovo Rt dovrebbe essere impiegato già nella prossima cabina di monitoraggio che si terrà come di consueto il venerdì.
Già dal prossimo weekend le attività presenti all’interno dei parchi e dei centri commerciali, rimaste chiuse dall’ottobre scorso, potrebbero riaprire. Una battaglia portata avanti da mesi dalle associazioni di categoria che ne hanno più volte sottolineato l’aspetto discriminatorio, rispetto alle altre attività che potevano restare aperte: negozi di generi alimentari, edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie.
Sul coprifuoco è stata raggiunta l’intesa per concederne lo slittamento graduale e arrivare all’eliminazione di questo limite orario orientativamente per fine giugno. Dalla prossima settimana le lancette del coprifuoco si sposteranno in avanti di un’ora fissandosi alle 23 (dalle 23 alle 5), per poi guadagnare una ulteriore ora in più dopo due settimane quando sarà portato alle 24, e infine toglierlo del tutto già per la fine di giugno.
Regioni e associazioni di categoria chiedono di anticipare la ripresa delle consumazioni al chiuso nei bar e nei ristoranti già dalla prossima settimana (24 maggio). Il decreto attualmente in vigore fissa al primo giugno la riapertura di bar e ristoranti al chiuso dalle 5 alle 18, solo con consumazione al tavolo.
Una misura chiesta a gran voce dalle attività. Ieri – 16 maggio – nel primo weekend di riapertura dei balneari la pioggia ha lasciato ombrelloni e sdraio chiusi. causando una serie di disdette alle prenotazioni nei ristoranti dove, per decreto, si può mangiare solo all’aperto. Nella Baia di Portonovo dove alla pioggia si è unito anche il vento, le defezioni sulle prenotazioni hanno superato il 50%.
«Si mangiava tra una goccia e l’altra e con un vento costante che a tratti sfociava in raffiche – racconta Simone Baleani, dell’Unione Regionale Cuochi e chef del ristorante Il Molo a Portonovo – il meteo ha destabilizzato noi e i nostri clienti. In diversi avevano prenotato anche da fuori regione e prima di partire ci hanno contattato per sapere le condizioni meteorologiche e chiaramente quando li abbiamo informati di come stavano le cose alcuni hanno rinunciato».
Baleani fa notare che alcune persone nonostante le misure previste non lo consentano «ci hanno chiesto di farli mangiare all’interno! L’abbiamo presa come una battuta venuta male, visto che è ormai risaputo che al ristorante è possibile mangiare solo all’aperto, e se ne parla da mesi».
A Portonovo Marcello Nicolini del ristorante Marcello, ci spiega che occorre prenderla con filosofia: «È inutile piangersi addosso, la realtà è questa, bisogna mangiare fuori e prendere atto di quello che è, altrimenti si sta chiusi. Dispiace – spiega – perché il giorno prima (sabato, ndr) abbiamo avuto 150 persone, dobbiamo essere contenti quando lavoriamo bene e quando piove cercare di essere sereni», anche se sono arrivate oltre il 50% di disdette.
Sulle nuove misure che dovrebbero essere approvato dal Consiglio dei Ministri in settimana interviene Confartigianato. «Crediamo che le attività di somministrazione abbiano già pagato un prezzo altissimo per la gestione della pandemia -afferma Marco Pierpaoli, segretario Confartigianato Imprese Ancona, Pesaro-Urbino -. Non poter consumare il caffè al bancone e la limitazione oraria, sono dinamiche punitive difficili da comprendere dopo un anno e tre mesi di pandemia, così come non consentire l’apertura nei weekend delle piccole attività corollario dei centri commerciali».
Pierpaoli sottolinea la necessità di “spingere” sull’acceleratore della campagna vaccinale per uscire finalmente da un circuito di gestione della pandemia improntato esclusivamente sulle chiusure, ma anche su un maggior senso civico e rispetto delle misure anti contagio da parte della popolazione. «Si fanno pagare alle attività economiche responsabilità che non hanno, mentre bisognerebbe limitare l’affluenza delle persone nei centri cittadini. Quando i negozi e le attività sono chiuse la domenica, i centri sono comunque pieni di persone».