ANCONA – «Sono quasi nulli i rischi per la salute legati alla nube di metano che si è liberata in seguito alla rottura delle condotte Nord Stream». A rassicurare è il professor Giorgio Passerini, meteorologo dell’Università Politecnica delle Marche. Se sul fronte della salute umana i rischi sono minimali, per quanto riguarda l’impatto ambientale la situazione è ben diversa.
«Il vero problema – spiega il meteorologo – è che finora è stato clamorosamente sottostimato il contributo del metano nel Global Warming (riscaldamento globale, ndr)». Passerini spiega che solo in Italia l’1% del metano estratto viene disperso nel processo di distribuzione, numeri che possono sembrare irrisori ai profani ma che si traducono in centinaia di milioni di metri cubi di gas che finiscono in atmosfera, un dato ancora più importante se visto d’insieme con quello degli altri paesi europei.
Secondo il meteorologo, la capacità del metano di impattare sul clima generando emissioni in atmosfera è di gran lunga più ingente di quanto stimato finora. Un tema sul quale il professor Passerini lancia l’allarme già da tempo e che sta approfondendo con i ricercatori Univpm, impegnati proprio in questi giorni in sofisticati calcoli dai quali emerge il reale contributo della sostanza volatile in atmosfera.
«Il metano – spiega – sopravvive in atmosfera per 12-13 anni circa, ma fino ad oggi il suo contributo nella produzione di CO2 è stato calcolato considerando un lasso di tempo di 100 anni, mentre si comprende bene che l’impatto è di molto maggiore nei suoi 12-13 anni di vita. In pratica, secondo i calcoli del team di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche, al centro di una tesi di dottorato, l’impatto del metano sulle emissioni in atmosfera sarebbe tre volte superiore a quanto attribuito fino ad oggi, come dimostrerebbero anche altri studi.
Certo, «il metano è senza dubbio il combustibile più pulito, ma l’effetto sul global warming è importante. Non solo – aggiunge – abbiamo anche dato per scontata la capacità del metano di ricombinarsi all’infinito con il monossido di carbonio. Queste perdite rappresentano solo la punta dell’iceberg di quanto si verifica ogni volta che c’è un guasto o una fuga di gas». La soluzione, secondo Passerini, dovrebbe essere quella di puntare sull’idrogeno, «trasformando il metano in idrogeno appena possibile, appena uscito dal pozzo di estrazione: secondo i nostri calcoli il risparmio di emissioni in atmosfera sarebbe enorme».