ANCONA – «Sono preoccupato per la situazione epidemiologica, ma anche per quella economica, perché se non c’è un ristoro immediato molti imprenditori rischieranno di non riaprire». Sono le parole di commento del presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli sul Dpcm in vigore da oggi fino al 24 novembre sull’intero territorio nazionale. Il provvedimento varato ieri (25 ottobre) dal premier Giuseppe Conte, fra le varie misure, ha imposto la chiusura di palestre, piscine, cinema, teatri e una serrata alle 18 per bar e ristoranti.
Una vera e propria mannaia che si va ad abbattere su alcune categorie produttive, con le associazioni che parlano di chiusure indiscriminate e insorgono, ma che va anche a restringere la possibilità di incontrare persone non conviventi, limitandola alle sole occasioni di lavoro, studio, salute e necessità quali spesa.
Nel provvedimento del governo, infatti, c’è infatti la raccomandazione ad evitare spostamenti fra Comuni e Regioni, eccetto che per ragioni di lavoro, studio e salute o per usufruire dei servizi aperti. Raccomandato anche di evitare di ricevere in casa persone non conviventi.
Un provvedimento che sta facendo molto discutere, già fin dalla bozza, anche se è saltata la chiusura domenicale per bar e ristoranti e che ha incontrato le perplessità di alcuni presidenti di Regione specie per quanto riguarda le chiusure totali di palestre, piscine, cinema e teatri, e sulla chiusura pomeridiana e serale di ristoranti e bar.
«Queste perplessità riguardano soprattutto il fatto che non esiste alcuna evidenza scientifica, almeno conosciuta, che il virus si possa diffondere più rapidamente in alcune di queste attività rispetto che in altre» spiega il governatore Acquaroli, che ha preso parte alla Conferenza Stato-Regioni.
«In tanti pensano che il rispetto delle norme, a partire dal distanziamento interpersonale, l’uso delle mascherine, l’igiene delle mani, e anche tutte le procedure e i protocolli stabiliti in questi difficili mesi, possano essere sufficienti al contenimento del contagio – prosegue -. Delle perplessità rappresentate, il Governo non ha ritenuto di tenere conto, e il Dpcm pubblicato in Gazzetta non ha recepito queste segnalazioni».
Nel precisare che «l’evoluzione epidemiologica è sicuramente molto delicata in tutto il Paese, e presuppone la massima attenzione», il presidente della Regione Marche invita il governo a provvedere «subito» al sostegno economico delle attività «chiuse forzatamente» dal Dpcm per le quali o c’è stata una riduzione dell’attività (bar e ristoranti) o la chiusura totale (palestre, piscine, cinema e teatri).
Parla di «politica discriminatoria», l’assessore regionale alla cultura e sport Giorgia Latini, intervenendo sulla misura che dispone la chiusura di teatri, cinema, palestre e piscine, «settori che hanno investito tantissimo, in termini economici e di organizzazione interna, per lavorare in assoluta osservanza delle norme anti contagio. Condivido la protesta del mondo dello spettacolo e dello sport per le disposizioni di chiusura contenute nell’ultimo Dpcm – prosegue -. Il Governo non ha affatto tenuto conto delle forti perplessità che ieri, in Conferenza Stato-Regioni, i presidenti hanno espresso in merito a queste chiusure “di settore”. I cinema e i teatri, come ho avuto modo di verificare personalmente alla prima della stagione sinfonica a Jesi pochi giorni fa, sono luoghi sicuri, dove distanziamenti e sanificazioni sono adottati alla lettera e i dati lo dimostrano: se solo un contagio si è verificato in 4 mesi di attività per un totale di 2.800 spettacoli monitorati da Agis, è evidente che il rischio per chi ha frequentato teatri e cinema è stato pari a zero».
Il mondo dello spettacolo e quello dello sport «hanno accettato, con grande senso di responsabilità, il sacrificio economico del taglio delle presenze e degli accessi, ma in cambio hanno ricevuto quella che sembra una punizione indiscriminata e discriminatoria. Il governo – spiega l’assessore Latini – non ha tenuto in nessun conto neppure l’altissimo valore sociale che il mondo dello spettacolo e dello sport ha in sé, calando la mannaia della chiusura totale senza una valutazione approfondita delle conseguenze che questa comporterà non solo dal punto di vista economico a breve termine, ma anche gli effetti sul lungo termine sulla nostra società e sulle eccellenze della nostra cultura e dello sport che significa anche salute, del corpo e della mente».
Al governo però difendono il provvedimento. Ad intervenire sulla questione è il sottosegretario al Mise (Ministero per lo Sviluppo Economico) Alessia Morani: «In giornata avremo una call con il ministro Patuanelli per ultimare le misure di ristoro previste per le attività che dovranno chiudere parzialmente e totalmente. L’obiettivo è far arrivare il ristoro entro la metà di novembre». La Morani spiega «abbiamo consultato le categorie interessate con cui abbiamo condiviso le misure da adottare» e chiarisce che l’obiettivo del Dpcm è quello di «limitare la circolazione delle persone» alle sole esigenze di lavoro, studio e salute, perché «il virus lo fermiamo solo restringendo le possibilità di incontro tra le persone».
«Dopo le ore 18 la stragrande maggioranza degli italiani ha terminato il proprio lavoro – dichiara Alessia Morani -. Stiamo dicendo da giorni a tutti di rimanere a casa il più possibile e le scelte che abbiamo fatto hanno questa finalità. Il nostro dovere è di ristorare immediatamente tutte le attività che chiudono totalmente o parzialmente. Il provvedimento è pronto e prevede contributi a fondo perduto, stop rata imu, credito d’imposta per affitti, cassa integrazione, indennità per lavoratori stagionali dei diversi settori, reddito d’emergenza. Abbiamo davanti a noi mesi difficili – conclude -, combattiamo ancora insieme questa battaglia contro il virus».
Convinto della necessità di «non allentare la guardia perché stiamo andando incontro al periodo peggiore dell’anno» il senatore Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato. «Le misure di contenimento vanno prese prima che la situazione degeneri – spiega -. Purtroppo sebbene la sanità sia in mano regionale in questi mesi di “relativa calma” sono state prese poche iniziative per prepararsi alla seconda ondata che era prevista da molti specialisti. Molti addirittura negavano e purtroppo ancora negano le evidenze. Sarebbe stato opportuno intervenire potenziando le singole realtà sanitarie che ancora sono sguarnite di attrezzature e soprattutto di personale».
Coltorti è critico sulla scelta di riaprire il Covid Hospital di Civitanova Marche: «I malati spesso sono colpiti da più patologie e sono necessari specialisti in grado di far fronte alle varie esigenze ma la coperta è purtroppo corta e se verranno precettati specialisti dagli ospedali per andare a Civitanova poi ne mancheranno nelle strutture dove stavano lavorando. Certamente l’intervento del personale medico dell’esercito potrà alleviare l’emergenza ma dipenderà comunque dall’evoluzione dell’epidemia che in alcune aree ed in alcuni stati europei sembra aver assunto un andamento esponenziale. Purtroppo in questi anni si è disinvestito dalla sanità pubblica a scapito di quella privata ed ha prevalso la logica di depotenziare, ed addirittura chiudere, molti ospedali diffusi sul territorio».
Secondo il senatore, «la regionalizzazione della sanità non ha certo aiutato con costi estremamente differenziati da regione a regione sebbene stiamo parlando di cure essenziali per la vita che non dovrebbero essere mercificate. Sono momenti difficili che il Governo affronta con estrema sollecitudine perché prevenire è meglio che reprimere – spiega -. Alcune misure possono sembrare esagerate ma purtroppo qui sono in ballo vite umane. Le misure sono sempre scelte da un gruppo di specialisti e sebbene talora alcune decisioni possono sembrare di poca efficacia chi le ha emanate lo ha fatto dopo lunghe discussioni e valutazioni. La speranza è che riescano a tamponare la crescita dei contagi ed a salvare tante vite umane».