ANCONA – Con il progressivo invecchiamento della popolazione, la nutrizione assume un ruolo sempre più importante e determinante sulla salute, in chiave preventiva verso le patologie croniche età correlate. Se infatti invecchiare è un processo naturale e inarrestabile, questo processo si può controllare, adottando un corretto stile di vita e una alimentazione adeguata. In tale cornice si sta diffondendo sempre di più la nutraceutica, ovvero la disciplina che indaga componenti e principi attivi degli alimenti che possono avere effetti positivi sulla salute, la prevenzione e il trattamento delle malattie.
All’Università Politecnica delle Marche è stato istituito un nuovo Corso di Laurea magistrale in Scienze della Nutrizione e dell’Alimentazione, del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (DISVA), che prevede anche il contributo di ricercatori e docenti afferenti al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (D3A).
«C’è un grande interesse per la nutraceutica a livello industriale, e agroalimentare – dice il professor Luca Tiano, referente del nuovo corso di laurea dell’Univpm – per questo abbiamo deciso di formare nuove figure professionali con competenze rivolte non solo alla salute dell’uomo, ma anche alla qualità degli alimenti, agli aspetti biotecnologici e alla trasformazione degli alimenti».
Quali sono le nuove frontiere dell’alimentazione? «Se penso agli alimenti le nuove frontiere sono costituite dallo sviluppo di nuove filiere alimentari sostenibili e in questo contesto diversi studi sono condotti anche presso il nostro Ateneo riguardo allo studio degli insetti che rappresentano un alimento del futuro. Inoltre la conoscenza delle interazioni tra alimentazione e genetica sono il primo step verso lo sviluppo di nutrizione personalizzata: ogni organismo infatti è diverso dall’altro e questo può tradursi anche in esigenze nutrizionali diverse. La nutrigenetica quindi studia come il DNA si sia evoluto anche in relazione al ‘nutritipo’, ossia l’insieme degli alimenti presenti nell’ambiente dove si sono insediati i nostri antenati. mentre la nutrigenomica studia come composti bioattivi possano agire anche regolando l’espressone genica e il funzionamento delle cellule».
Si tratta di sistemi complessi e nonostante le tecnologie per leggere il nostro codice genetico sono mature e accessibili, siamo ancora lontani da una dieta personalizzata, spiega il professore universitario. Tuttavia «in alcuni casi eclatanti possiamo già avere indicazioni utili per capire le potenzialità dell’approccio nutrigenetico che spieghiamo ai nostri studenti. Ad esempio nel caso del metabolismo dei folati, ovvero della vitamina B9, fondamentale nella costruzione dei componenti cellulari come acidi nucleici e proteine».
Il docente spiega che «i folati presenti negli alimenti non sono direttamente utilizzabili, devono essere attivati e trasformati dall’organismo attraverso l’elaborazione da parte di diverse proteine che nell’ambito della variabilità genetica possono essere più o meno efficienti: ad esempio chi ha enzimi meno attivi per l’attivazione dei folati, è potenzialmente più a rischio di stati carenziali con importanti conseguenze per la salute in particolare alla luce del ruolo chiave dei processi biosintetici nei quali sono coinvolti i folati in particolare in gravidanza». Conoscere nel dettaglio queste associazioni tra varianti geniche e aumentato rischio per la salute risulterà fondamentale per indirizzare le nostre scelte nutrizionali per garantire un ottimale stato di salute e un invecchiamento di successo.