Ancona-Osimo

Vino come sigarette, è polemica sulle etichette. La risposta del mondo vitivinicolo marchigiano

L'Ue ha dato il via libera all'Irlanda per segnalare sulle etichette del vino i rischi per la salute. Il punto con Coldiretti Marche e l'Istituto marchigiano di tutela vini

vino, bottiglia
(Foto di Vinotecarium da Pixabay )

ANCONA – «È una ‘crociata’ economica: i paesi europei del nord vogliono indebolire la viticoltura, un’attività per noi vitale, non solo dal punto di vista economico, ma anche salutistico e alimentare». Il direttore dell’istituto marchigiano tutela vini, Alberto Mazzoni, commenta così l’ok da parte dell’Unione Europea all’Irlanda che vuole adottare la normativa sulle etichettature che di fatto equiparano vino, birra e alcolici alle sigarette: sulle bottiglie potranno comparire indicazioni in cui l’alcool è collegato ai tumori o alle malattie del fegato. «I paesi europei procedono in ordine sparso e ognuno difende il suo orticello», osserva Mazzoni, esprimendo preoccupazione per la decisione dell’Ue.

Alberto Mazzoni, direttore dell’istituto marchigiano tutela vini

«Siamo fortemente negativi su questa decisione – prosegue – stiamo associando il vino alle sigarette, ad un elemento che danneggia l’organismo, mentre il vino non è certo un prodotto che contribuisce allo ‘sballo’ del sabato sera, come invece i superalcolici: parliamo di una bevanda naturale che deriva dalla fermentazione di un frutto».

Mazzoni evidenzia che «tutti i Paesi europei del Mediterraneo, inclusa la Germania, si sono schierati contro questa azione ‘indegna’ che danneggia il mondo vitivinicolo, che crea biodiversità, tutela l’ambiente e crea salute. In tante occasioni medici e nutrizionisti hanno consigliato il consumo di vino regolarmente e quotidianamente. Questo ‘salutismo’ dei Paesi nordici è ‘ignobile’ e va a creare problemi a chi aiuta la natura e rispetta il ciclo naturale della terra, in un mondo tecnologico che corre all’impazzata, in cui non si comprende più che la terra ha i suoi tempi».

Riccardo Baldi, La Staffa

Il mondo vitivinicolo marchigiano è arrabbiato. «Non è un bel segnale e non lo condividiamo: il vino fa parte della storia della cultura dei paesi produttori come Italia, Francia e Spagna. Con questa etichettatura si dà l’idea che si stia criminalizzando il consumo di vino, un prodotto super controllato e sano, diverso da superalcolici e sigarette» dichiara Riccardo Baldi dell’azienda vitivinicola La Staffa di Staffolo. Un’azienda di nicchia che produce vino biologico ed esporta il 60% delle 50mila bottiglie che produce ogni anno. Il suo Verdicchio dei Castelli di Jesi ‘Rincrocca’ prodotto pluripremiato, ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti: i più recenti ‘I tre bicchieri’ del Gambero Rosso e i ‘5 Grappoli’ della guida Bibenda.

«La nostra preoccupazione – prosegue – è che sul lungo periodo questo tipo di messaggio possa influenzare i consumatori, specie chi si avvicina ora al vino. Parliamo di un prodotto che ha una storia millenaria e che risale alla Magna Grecia».

Coldiretti
Coldiretti Marche

Coldiretti Marche esprime tutta la sua contrarietà sulla questione e in una nota stampa parla di «etichette allarmistiche». Anche se il mercato irlandese «appare davvero marginale rispetto alle esportazioni di vino dalla nostra regione (lo 0,3% del totale secondo una rielaborazione di Coldiretti Marche su dati Istat del 2021)» a preoccupare è soprattutto il fatto che «questo via libera rappresenta un pericoloso precedente che arriva nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati membri».

Il vino nelle Marche: alcuni numeri

Nelle Marche, secondo i dati Coldiretti, il settore vitivinicolo conta circa 15mila ettari, circa 2mila aziende vinificatrici e una produzione di qualità che vale 106 milioni di euro l’anno solo per quel che riguarda le denominazioni di origine. L’export 2022, nei primi nove mesi, ha sfiorato i 56 milioni di euro, con un +33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

«Così facendo – spiegano da Coldiretti Marche – il rischio è quello di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio la principale voce dell’export agroalimentare regionale. È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici e criminalizzare singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate».

Secondo l’associazione, la questione dell’etichettatura, come quella a semaforo o il nutriscore, puntano il dito contro alimenti antichi, naturali e salutari come l’olio extravergine di oliva o i formaggi, mentre danno il via libera a bibite light o senza zuccheri «di cui si ignorano gli ingredienti».

«Si tratta, in generale – sottolineano – di difendere un settore del Made in Italy che ha scelto da tempo la strada della qualità. Il consumo pro capite in Italia si attesta sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende».

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