ANCONA – Undici rinvii a giudizio e un patteggiamento. È finita così l’inchiesta denominata “Operazione Porto Pulito” che aveva acceso un faro sui mancati controlli doganali al porto di Ancona. Stando all’indagine della Procura dorica (titolare del fascicolo il pm Daniele Paci), che aveva seguito un filone aperto a Prato, automobili e merce varia anche di sospetta provenienza illecita sarebbe passata dallo scalo di Ancona, diretta in Georgia, ma fatta passare come se circolasse su territorio italiano e quindi senza pagare i dazi. Il trucchetto era che tramite la complicità di dipendenti e funzionari in servizio alle Dogane, e ditte portuali, si apponeva sui mezzi pesanti i sigilli doganali della Repubblica italiana così da farli passare senza controlli. In mezzo c’era finita anche la CL Service srl, di Ancona, nota società operante nel settore dei Servizi Doganali, con la sua amministratrice Valeria Maistro, difesa dall’avvocato Riccardo Leonardi ma la sua posizione è stata archiviata prima che la Procura chiedesse il rinvio a giudizio. Approfondendo la Maistro era estranea ai fatti e adesso si è costituita parte civile e chiede 500mila euro per il danno di immagine avuto e per la perdita di clienti. Ha citato come responsabile civile le Dogane.
Durante l’udienza preliminare di ieri la gup Francesca De Palma ha rinviato a giudizio 11 indagati, per i quali inizierà il processo il 14 dicembre prossimo. Un 12esimo ha patteggiato a 8 mesi, pena sospesa. La Procura contestava la corruzione, in concorso con un funzionario dell’Agenzia delle Dogane di Ancona e di un imprenditore di origini albanesi (quello che ha patteggiato), per omettere i controlli sulle dichiarazioni di esportazione di autovetture poste su bisarche come la merce fosse presente presso gli spazi doganali di Ancona, nonostante non avesse mai fatto ingresso nell’area portuale. La posizione della Maistro è stata archiviata dal gip Carlo Masini, su richiesta dello stesso pm, per assenza dell’elemento soggettivo del reato. A processo andranno funzionari e dipendenti delle Dogane e di ditte portuali. I reati contestati vanno dalla corruzione alla concussione, dal falso ideologico, all’abuso d’ufficio e rivelazione di atti d’ufficio.