ANCONA – «Un gesto d’amore compiuto da una persona che viveva per la moglie». Andrea Massaccesi, presidente regionale dell’Associazione Nazionale Carabinieri (Anc) descrive con queste parole l’omicidio-suicidio avvenuto sabato pomeriggio, 27 giugno, a Filottrano.
L’appuntato dei carabinieri del Norm di Osimo ormai in pensione, Antonio Pireddu, ha ucciso la moglie inferma per poi suicidarsi. Una notizia che ha scosso l’intera comunità e i colleghi dell’Arma che lo conoscevano e che avevano lavorato con lui fino al 2012, quando era andato in pensione.
Un solo colpo andato subito a segno, quello sparato alla testa della moglie Ida Creopolo, per poi puntare l’arma contro se stesso e spararsi alla tempia per farla finita per sempre. La donna era malata ormai da 5 anni, ridotta a letto da una patologia polmonare che non le consentiva più di respirare in maniera autonoma: anni di sofferenze che hanno pesato come un macigno sulla vita della coppia.
A scoprire i corpi è stato il figlio minore della coppia, Fabio, di 35 anni, che era andato a casa dei genitori per portare fuori il cane: uno choc la tragica coperta, quando dopo aver aperto la porta della camera da letto dei genitori, l’uomo si è trovato di fronte al cadavere della madre e del padre. La donna era stesa nel letto, mentre Pireddu era riverso a terra con la pistola al fianco.
Un gesto tragico, quello compiuto dall’uomo, che evidentemente non sopportava più di vedere la moglie consumata dal male giorno dopo giorno. Pireddu «ha visto sfumare i sogni della coppia che stava insieme da più di 30 anni e che aveva messo al mondo due figli», prosegue Massaccesi che conosceva bene l’appuntato del Norm e che lo aveva visto neanche una ventina di giorni fa, un incontro causale quanto fugace perché l’uomo doveva tornare di corsa a casa dalla moglie.
«Una situazione aggravata dalla continuità della malattia che ha logorato la donna, riducendola a letto e che ha logorato allo stesso tempo anche il marito», devoto alla moglie con cui aveva diviso l’esistenza.
Una sofferenza, quella di Antonio Pireddu, che l’uomo aveva compreso e che responsabilmente stava cercando di alleviare facendosi seguire da uno specialista in psicologia, ma non essendo stato preso in carico dai servizi psichiatrici del territorio, per la depressione che ormai lo aveva evidentemente attanagliato, l’appuntato dei carabinieri in pensione aveva ancora con se l’arma, detenuta regolarmente.
Sulla vicenda indagano i carabinieri di Osimo e Ancona, intervenuti sul posto subito dopo la scoperta dell’omicidio-suicidio, ma il quadro sembra essere piuttosto chiaro, anche perché i carabinieri non hanno rilevato sul posto segni di scasso e di colluttazione che potessero far pensare ad ipotesi diverse, inoltre dall’abitazione non mancavano oggetti di valore né preziosi. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio volontario e sui cadaveri è stata disposta l’autopsia che dovrebbe essere eseguita proprio in questi giorni: sul corpo di Pireddu verrà eseguito anche il tampone per l’esame dello stub così da cercare residui di polvere da sparo, segno certo dell’utilizzo dell’arma da parte dell’uomo.
«Togliere la vita è togliere la vita, ma non sappiamo di certo cosa sia successo, non sappiamo se questa decisione possa essere stata presa di comune accordo», osserva il presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri. «Non possiamo chiederci il perché di quanto è accaduto, non sappiamo come siano andate le cose, ma probabilmente è stato il gesto terminale di una coppia che aveva fatto il suo percorso».
Sconvolti i figli della coppia ai quali «è caduto il mondo addosso» spiega Andrea Massaccesi: «In chi rimane c’è rabbia e frustrazione, restano aperti molti punti interrogativi», ma secondo il presidente dell’Associazione dei Carabinieri il lockdown non ha acuito in alcuno modo la situazione che andava avanti ormai da anni. «Abbiamo tre famiglie distrutte, una che non esiste più e altre due, quelle dei figli, che stanno soffrendo».
IL PARERE DELLO PSICHIATRA
Un caso che impone una serie di riflessioni sul modello di rete di assistenza per la salute mentale presente sul territorio spiega il primario della Clinica di Psichiatria degli Ospedali Riuniti di Ancona, Umberto Volpe: «Occorre facilitare l’accesso all’assistenza psichiatrica territoriale – spiega -, per fare in modo che casi analoghi siano riferiti ai centri di salute mentale, dove avrebbe potuto ricevere una diagnosi e un trattamento farmacologico più adeguati al caso. La terapia psicologica resta importante, ma quando necessario deve essere affiancata anche da una terapia farmacologica, un presidio che uno psicologo non può erogare e che forse avrebbe potuto dare esiti diversi. Forse, la psichiatria sconta ancora uno stigma sociale persistente».
Per lo psichiatra occorre potenziare anche la rete fra medicina generale e psichiatria, i medici di famiglia sono infatti quelli che hanno un contatto costante con i loro pazienti e che quindi possono intervenire individuando le condizioni di rischio e inviando agli specialisti più idonei.
Un caso non isolato, quello accaduto a Filottrano: come mostrano alcuni dati internazionali, «nell’88% dei casi l’omicidio-suicidio viene perpetrato dagli uomini sulle donne», spiega il professor Volpe nel precisare che nel 77% dei casi nel periodo precedente si era verificato un evento stressante come una separazione o problemi coniugali.
Inoltre, «nel 62% dei casi alla base del fatto c’era un problema di salute mentale, ma solo una di queste persone su quattro si era sottoposta ad una visita dal medico di famiglia nel mese precedente. Occorre più attenzione verso queste situazioni, prima che episodi del genere possano deflagrare con un impatto emotivo e sociale notevole».