ANCONA – Mancano 90 secondi alla fine del mondo. Niente paura però, si tratta dell’intervallo simbolico dalla mezzanotte calcolato da un gruppo di esperti, scienziati e decisori pubblici del Bulletin of the Atomic Scientist dell’Università di Chicago, sulla base delle minacce globali. Il ‘Doomsday clock’, o ‘orologio dell’Apocalisse’, quest’anno si è fermato alla stessa ora del 2023, la più vicina al ‘Giorno del Giudizio’ dal 1947, quando scandì per la prima volta il tempo.
L’obiettivo degli scienziati non è certo quello di spaventare, quanto piuttosto quello di sensibilizzare sui pericoli per l’umanità. Alla guerra in Ucraina, scoppiata nel 2022, si è aggiunta quella a Gaza con la crisi in Medio Oriente e il rischio di un ulteriore allargamento del conflitto. Tra i pericoli non ci sono solo i conflitti bellici, con lo spauracchio del ricorso alle armi nucleari, ma anche la crisi climatica. Ne abbiamo parlato con il professor Giorgio Passerini, docente di Fisica Tecnica Ambientale all’Università Politecnica delle Marche, esperto di meteorologia.
Professore si può verosimilmente quantificare quanto sia vicina la fine del mondo?
«L’orologio nacque dopo la seconda guerra mondiale, quando con la bomba atomica l’uomo acquisì la capacità di autodistruggersi. Da lì si cominciò a ragionare sugli effetti a lungo termine di una guerra nucleare e successivamente si scoprì che il fungo atomico sprigionato da queste armi ha anche un effetto meteorologico, inducendo il cosiddetto ‘inverno nucleare’».
L’esperto spiega che la Terra privata della luce solare «oscurata a causa delle polveri, può rischiare una ‘mini’ glaciazione, come quelle avvenute a seguito dell’eruzione vulcanica dei crateri di Laki in Islanda nel 1783 e dell’esplosione del vulcano Krakatoa in Indonesia avvenuta nel 1883». Nel caso di un conflitti nucelare, secondo il professor Passerini, si avrebbero conseguenze devastanti per l’umanità a rischio estinzione.
Ma siamo davvero a un passo dalla fine, a prescindere dall’orologio?
«Abbiamo 10 volte le testate nucleari necessarie a distruggere il mondo. La bomba atomica sarebbe il punto di non ritorno per l’umanità. Se queste armi così devastanti finissero in mano ai terroristi, ci sarebbero meccanismi automatici di contrattacco? Sono interrogativi che tutti, più o meno ci poniamo. Inoltre, ci troviamo in una fase storica in cui le false notizie non sono rare, così come il rischio di errori, per cui il timore che possa accadere veramente qualcosa di grave non è così remoto, visto anche il livello di odio a cui stiamo assistendo negli ultimi conflitti. Ma a parte la crisi geopolitica, bisogna anche sottolineare che la comunità scientifica continua a collaborare e a ‘parlarsi’ anche con i paesi in guerra. Faccio solo un esempio, nel 2001 all’indomani dell’attentato alle Torri gemelle avvenuto l’11 settembre, ad Ancona ospitammo un convegno internazionale a cui presero parte, tra gli altri, americani e iraniani». La scienza non ha infatti confini geografici, né barriere politiche, è collaborativa.
Guerre, cambiamenti climatici, le pandemie: che consapevolezza avere di questi segnali?
«Le guerre, i cambiamenti climatici e le pandemie sono sempre esistiti, ma le armi che abbiamo oggi sono così potenti che si può essere certi della loro capacità distruttiva, come diceva Albert Einstein: ‘non so come sarà la terza guerra mondiale ma la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni’». Non solo le guerre, ma anche i cambiamenti climatici si sono ripetuti più volte nella storia della Terra «adesso però – spiega Passerini – sono più veloci e causati dall’uomo. Oggi, rispetto al passato, abbiamo la consapevolezza di tante cose: sappiamo che lo scioglimento dei ghiacci potrebbe cambiare la circolazione delle correnti oceaniche, tanto che alcuni esperti ipotizzano in tempi brevissimi il rischio di un collasso delle correnti oceaniche che in pochi anni potrebbe causare un abbassamento delle temperature di 5 gradi in Nord Europa, specie in Inghilterra e in Irlanda».
Per quanto riguarda le pandemie, il professor Passerini evidenzia che se da un lato «abbiamo i mezzi per controllarle, dall’altro abbiamo i laboratori di alcuni paesi del mondo pieni di armi chimiche, biologiche e virologiche. L’uomo è arrivato ad un punto di capacità di autodistruzione mai visto finora, con armi nucleari in mano a Paesi tutt’altro che democratici».
E se mancassero davvero 90 secondi alla fine del mondo lei cosa farebbe?
«Personalmente continuerei a fare esattamente quello che sto facendo. Mi preoccupano le generazioni future, i nostri figli e nipoti. Mi preoccupa anche che nella storia del Pianeta ci sono stati diversi casi di estinzione di massa, causati sia dai cambiamenti climatici che da eventi eccezionali come la caduta di asteroidi sulla Terra. Mi conforta il fatto che ci sono ancora tante persone di buona volontà, nonostante altri cerchino di instillare odio verso gli altri popoli, e il fatto che la comunità scientifica, le Ong, e gli enti umanitari siano in costante dialogo con ogni Paese».