Ancona-Osimo

Piano socio sanitario nel mirino dei comitati, scoppia la protesta davanti alla Regione

Il Comitato Pro Ospedali Pubblici delle Marche ha manifestato per chiedere il rinvio della votazione in Aula. Armati di fischietto e striscioni hanno gridato il loro no agli ospedali unici. Ma Ceriscioli respinge le accuse al mittente: «Non ha senso il rinvio»

Le proteste contro l'approvazione del piano sanitario regionale

ANCONA – No agli ospedali unici, no allo smantellamento e alla riduzione degli ospedali di rete e no al piano socio sanitario regionale.

Sono questi i fronti che hanno guidato la protesta che si è svolta questa mattina (4 febbraio) davanti alla sede del consiglio regionale, nella giornata in cui in Aula si vota per il piano socio sanitario giunto al termine dopo un percorso di quasi due anni. Oltre 200 le persone che hanno partecipato al sit-in promosso dal Comitato Pro Ospedali Pubblici delle Marche che raggruppa 18 comitati provenienti da tutte le province marchigiane. Insieme a loro anche alcune forze politiche: il Partito Comunista, Rifondazione Comunista, Federazione Anarchici e Potere al Popolo.

Armati di fischietti, trombette e sventolando bandiere e striscioni hanno manifestato tutto il loro dissenso contro la linea sanitaria portata avanti dalla Regione.

A guidare la protesta Carlo Ruggeri presidente del Comitato Pro Ospedali Pubblici delle Marche: «Il piano socio sanitario della Regione è un piano con una sanità baricentrica basata su ospedali unici di alta specializzazione, ma questo comporta lo smantellamento e la riduzione degli ospedali di rete che abbiamo timore vengano trasformati in case della salute. Inoltre c’è la conferma che non verranno riaperti i 13 piccoli ospedali chiusi nel 2015 che fungevano da filtro e impedivano intasamenti e disservizi, spingendo i cittadini a ricorrere al privato».

Fra questi Ruggeri ricorda Recanati, Tolentino, Cingoli, Matelica, Treia, Loreto, Sassoferrato, Chiaravalle, Cagli, Sassocorvaro, Fossombrone, Sant’Elpidio a Mare, Montegiorgio, «riconvertiti in veri e propri cronicari, senza pronto soccorso neppure ridotto e senza più servizi ospedalieri».

A non piacere ai comitati è anche il fatto che «la sanità privata sostitutiva nel nuovo piano sanitario viene istituzionalizzata ed introdotta stabilmente», mentre loro chiedono con forza «una sanità equa e accessibile a tutti».

I Comitati oltre a chiedere la riapertura e il mantenimento dei piccoli ospedali, ribadiscono anche le criticità per le aree dell’entroterra per le quali chiedono presidi sanitari per garantire il diritto alla salute dei cittadini di quelle zone lontane dai presidi unici. Una linea, quella adottata dalla Regione, che secondo Ruggeri non solo creerà disservizi nelle aree interne, ma avere solo «ospedale unico provocherà code interminabili nei pronto soccorso». Una battaglia alla quale si sono uniti anche alcuni sindaci, fra i quali quello di Fabriano e Fossombrone.

Il sindaco di Fabriano Gabriele Santarelli

Il primo cittadino di Fabriano, Gabriele Santarelli, spiega che nella giornata di ieri insieme agli altri sindaci dell’Ambito sociale X hanno inviato una lettera al presidente del consiglio e a quello della Regione per chiedere «il rinvio della votazione del Piano socio sanitario regionale per prendere in considerazione quelle istanze che come sindaci abbiamo sempre presentato e che non sono state mai prese in considerazione».

Contrario anche il sindaco di Fossombrone, Gabriele Bonci, che spiega: «Non capisco tutta questa premura nell’approvare il piano a pochi mesi dalle elezioni regionali, un piano già scaduto da anni e sul quale siamo contrari perché ha smantellato le realtà più piccole senza garanzie neanche oggi sugli ospedali più grossi».

Una richiesta di rinvio, anche «in vista delle prossime elezioni regionali» precisa Santarelli nel ricordare che i sindaci delle aree interne si stanno organizzando «sotto l’idea degli stati generali dell’entroterra» per dare maggior peso alle loro richieste.

Luca Ceriscioli
Il governatore della Regione Marche Luca Ceriscioli

Il presidente regionale Luca Ceriscioli però respinge le accuse dei comitati al mittente spiegando che la riforma che ha trasformato i piccoli ospedali in strutture territoriali è in linea «con il decreto ministeriale 70 che è una legge dello Stato».

Secondo Ceriscioli «le richieste presentate vanno in controtendenza rispetto alla normativa nazionale per noi, comunque, vincolante. La protesta andrebbe quindi realizzata sotto Palazzo Chigi. Si svolge davanti al Consiglio regionale, perché siamo l’ente più vicino al territorio e la Regione gestisce la sanità», precisa Ceriscioli. «L’oggetto della loro protesta, in realtà, non è il Piano sanitario regionale – prosegue – , che rispetta le normative nazionali. La loro contrarietà, di fatto, è nei confronti della legge dello Stato, che ha trasformato i piccoli ospedali in strutture territoriali. Con il Piano la Regione porta avanti scelte coerenti con la normativa nazionale. Il grosso delle richieste avanzate dai Comitati andrebbero invece rivolte al legislatore nazionale, nel momento in cui delineasse un modello di organizzazione sanitaria diverso dall’attuale. Noi abbiamo fatto sempre scelte coerenti. Non è il Piano il luogo che permette di trovare le risposte che i Comitati vorrebbero».

Il presidente regionale ha poi spiegato che «tornare indietro rispetto a certe soluzioni individuate dalla Regione, significa andare contro la legge. Con una serie di conseguenze che abbiamo sempre evitato, ottenendo oltretutto risorse aggiuntive dello Stato. In cinque anni possiamo calcolare almeno 250 milioni avuti in più perché rispettiamo le norme. Chi dovesse andare contro le disposizioni nazionali oggi si troverebbe non solo in difficoltà, perché ha fatto qualcosa contro la legge, ma subirebbe una penalizzazione economica importante. Noi abbiamo invece cercato di lasciare servizi compatibili a favore del territorio con un progetto chiaro dal punto di vista normativo».

Ceriscioli si è infine detto aperto ad un incontro con i rappresentanti del Comitato, mentre sulla richiesto di rinvio del voto in Aula spiega: «Non ha senso il rinvio, il piano sanitario è nato due anni fa» e nel suo iter ha «incontrato molti soggetti. Abbiamo fatto un primo giro prima ancora di approvare il piano, un altro nell’imminenza dell’approvazione del piano e un terzo l’ha fatto il consiglio regionale. Il piano stesso ha avuto una evoluzione, per questo un ulteriore rinvio non saprei in attesa di cosa».

Durante la manifestazione dei comitati è scoppiata la bagarre fra la la presidente del Comitato Pro Punto Nascita di Fabriano, Giovanna Capodarca Agostinelli e gli altri rappresentanti dei comitati. La Capodarca Agostinelli aveva infatti dichiarato ai giornalisti, a margine del sit – in, che «l’unico partito che si è affiancato a noi nella protesta è stato quello socialista». Una dichiarazione che ha suscitato la dura reazione dei comitati che l’hanno accusata di fare politica nel corso della manifestazione.