ANCONA – La politica regionale è in subbuglio con centrodestra e centrosinistra avvitati su se stessi nell’attesa di sbrogliare la matassa sul candidato.
Lo scenario attuale vede infatti il Pd reduce dal vertice regionale guidato da Orlando senza però aver trovato la quadra sul nome, con Ceriscioli che resta saldamente ancorato, l‘ex rettore Sauro Longhi sul tavolo e la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli che sembra prendere quota.
E al centrodestra? Non va meglio neanche lì, con le divisioni emerse ormai da tempo. Sul tavolo c’è Francesco Acquaroli il deputato marchigiano di Fratelli d’Italia in corsa per la presidenza della Regione Marche, sponsorizzato da Giorgia Meloni sul quale però frena la Lega, mentre converge Forza Italia.
Insomma tutto in stand by nell’attesa di capire cosa farà il Pd per poi calare un altro asso? Potrebbero aprirsi forse scenari a sorpresa con una sorta di derby Ancona-Ascoli fra sindaci, con la Mancinelli contrapposta a Guido Castelli calato a sorpresa?
Chissà, staremo a vedere. Intanto al Pd arriva la sveglia degli alleati di centrosinistra. Articolo Uno e Italia Viva l’hanno suonata già da tempo, ma tornano nuovamente a farlo. Dei tre i nomi sul tavolo per ora, Ceriscioli, Mancinelli e Longhi, salvo che non esca un coniglio dal cilindro nell’ultima ora Articolo Uno dei primi due non ne vuole proprio sapere. Il partito del ministro della Salute Speranza non nasconde il suo sostegno al candidato civico Sauro Longhi, l’ex rettore dell’Università Politecnica delle Marche.
Il coordinatore regionale di Articolo Uno Massimo Montesi pone l’accento sulla necessità di una «coalizione unita, larga e aperta ai movimenti e alle forze civiche , ambientaliste e progressiste, e continuando a lasciare la porta aperta ai 5 Stelle». «Condizione necessaria il rinnovamento anche delle persone, pur riconoscendo il lavoro svolto» spiega Montesi nel precisare che «non sono condivisibili altre candidature emerse, pur autorevoli, all’interno del partito di maggioranza relativa, perché divisive e non capaci di allargare la coalizione».
Articolo Uno invita «gli alleati a un momento di confronto unitario rinunciando ad ogni candidatura di parte ed evitando il confronto tramite primarie di coalizione, che vista la fase non aiuterebbero alla migliore sintesi di cui la coalizione ha bisogno. Per battere la destra occorre la creazione di una ampia alleanza la più aperta possibile e il che presuppone l’individuazione di una candidatura civica in grado di rappresentare tutti».
Insomma gli alleati sono stanchi di attendere anche perché più il tempo passa e più le possibilità di vittoria potrebbero assottigliarsi. Diversa la situazione in Italia Viva che per voce di Piergiorgio Carrescia ribadisce il suo no a Ceriscioli, esprimendo apprezzamento per la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli e ricordando che il suo partito ha indicato come candidato alla presidenza Flavio Corradin, l’ex rettore Unicam iscritto a Italia Viva ma figura della società civile. Un assist alla Mancinelli era tra l’altro arrivato nei giorni scorsi anche da Matteo Renzi in persona.
«Valeria Mancinelli è in grado di tenere insieme coalizioni complesse e di fronteggiare situazioni difficili e riscuote apprezzamenti anche a livello nazionale», spiega Carrescia nel precisare che il no a Ceriscioli «è perché una fase nuova richiede una leadership nuova e il presidente regionale uscente non è la figura ideale per aprire questi scenari nell’area riformista».
Intanto c’è fermento anche fra i 5 Stelle. Ieri (10 febbraio) l’addio dei consiglieri regionale Romina Pergolesi e Piergiorgio Fabbri che non hanno presentato le loro candidature sulla Piattaforma Rousseau i cui termini sono stati prorogati fino al 12 febbraio. A quanto sembra anche Gianni Maggi non sarebbe sicuro di ricandidarsi. «Non ci metto più la faccia con questo partito che, dal 2018, ha preso una deriva che tradisce il programma e le aspettative dei tanti cittadini che vi avevano riposto fiducia sperando in un cambiamento reale», scrive in una nota stampa Romina Pergolesi.
La consigliera regionale prosegue l’attacco iniziato nei giorni scorsi nei confronti dei parlamentari: «Appena arrivati a Roma, alcuni nostri parlamentari hanno completamente abbandonato il territorio, dimenticandosi che erano lì per risolvere i problemi ai cittadini e non per rimanere ancorati alle poltrone. Uno scollamento ormai irrecuperabile. Non si sono più visti, né sentiti, preferendo i privilegi di quella casta che tanto contestavano. C’erano persone valide, competenti e capaci all’inizio di questo nostro viaggio, ma sono state denigrate, insultate, isolate. Si sono preferiti i pigiabottoni per consolidare il proprio potere, tradendo cittadini e compagni di viaggio».
A replicarle è la parlamentare Donatella Agostinelli, che la accusa di aver lavorato di nascosto all’accordo con il Pd e alla sua mancata candidatura risponde tirando «un sospiro di sollievo. Ha già fatto abbastanza danni anche in campagna elettorale. Lo fa con il livore e l’aggressività che l’hanno caratterizzata in questi anni».
«Si chiude un esempio di ciò che la politica proprio non deve essere – prosegue -. Immancabile il selfie finale su fb come insegna la peggiore politica di questi tempi che, a guardarlo ti verrebbe anche da ridere se non, in realtà, da inorridire. In questi ultimi due mesi dunque si dimetterà o passerà al misto visto che l’opposizione non l’ha mai fatta e men che meno pensiamo la faccia ora?»