Ancona-Osimo

Italia Nostra: «Non vogliamo le grandi navi ad Ancona». AIC: «I rischi sono oggettivi»

All'indomani dell'incidente a Venezia, l'associazione ambientalista e il movimento politico esprimono la loro contrarietà alla realizzazione del nuovo terminal crocieristico al porto antico, che permetterà di far attraccare le grandi navi, lunghe fino a 350 metri

ANCONA – «Non vogliamo che nel porto di Ancona venga costruita una nuova “base” delle grandi navi che si trovano in difficoltà a Venezia, né navi della Msc, né di altre compagnie, come proposto invece dalla Autorità Portuale di Ancona». Italia Nostra (sezione di Ancona) esprime la sua contrarietà alla realizzazione del nuovo terminal crocieristico al porto antico, dopo l’incidente di ieri a Venezia lungo il Canale della Giudecca dove la nave Opera di Msc Crociere ha perso il controllo ed è andata a sbattere su una riva coinvolgendo un battello passeggeri. Il bilancio è di cinque feriti, turiste americane, neozelandesi e australiane, tra i 67 e 72 anni.

Ad Ancona l’Autorità di Sistema Portuale intende realizzare un nuovo terminal con il banchinamento del fronte esterno del molo Clementino, per far attraccare le grandi navi, lunghe fino a 350 metri. Un progetto che Italia Nostra non condivide, perché «comporterà inquinamento atmosferico causato da 130 navi e circa 130mila autoveicoli in più l’anno, con conseguente degrado del porto antico, stravolgimento dell’assetto urbanistico e attentato al patrimonio storico e artistico della città romana e medioevale. Puntare tutte le risorse sul porto crocieristico significa sottrarre risorse economiche importanti allo sviluppo del porto, al completamento delle banchine n. 28, 29, 30 e quindi non spostare i traghetti. Significa correre il rischio di far dipendere in prospettiva l’economica portuale dal monopolio delle crociere, significa non completare il trasporto su ferro delle merci, sostitutivo di quello su gomma. E che fine ha fatto la “penisola”, per il cui studio di fattibilità si sono spesi denari pubblici? Quale è stato il responso dei due tecnici consultati?».

Per l’associazione, «puntare sulle Grandi Navi significa produrre danni per almeno 15,5 milioni di euro l’anno alla salute degli anconetani (lo dice il progetto della Autorità portuale), in cambio di presunti vantaggi economici per pochi soggetti diffusi in tutta l’Italia centrale. Questi nuovi danni si aggiungeranno a quelli legati all’inquinamento da PM10 (all’interno del porto sono state tolte le centraline) e da NO2 (2018), come riscontrato dai controlli effettuati da noi con l’associazione “Cittadini per l’aria”. La salute dei cittadini non si può barattare in cambio di nulla».

Da sx Patrizia Talevi, Edelvais Cesaretti, Alessio Moglie, Francesco Rubini, Marta Rossini

Sulla questione interviene anche Altra Idea di Città. «Insieme ad Italia Nostra e a pochi altri – scrive in una nota AIC – siamo stati tra i primi a denunciare i rischi ambientali e paesaggistici legati al progetto della nuova banchina per le grandi navi presso il molo Clementino. Evitando inutili allarmismi e inappropriati paragoni, ciò che accade da anni a Venezia testimonia quanto certi giganti del mare difficilmente riescano a convivere con contesti storico – paesaggistici delicati. Le difficoltà sono molteplici e investono aspetti ambientali, urbanistici, architettonici, per non parlare di quelli infrastrutturali legati alla gestione del traffico automobilistico generato dall’attracco di certi giganti del mare.

Vi sarebbe poi da approfondire, e non poco, il tema dello sviluppo turistico generato da questo tipo di crociere; un turismo massificato “mordi e fuggi”, consumistico e spesso coinvolto dai tour operator in gite fuori città, lontano dalle bellezze anconetane. Su tutti questi temi, strategicamente decisivi per lo sviluppo del porto e della città, occorrerebbe un surplus di riflessione da parte di tutti e tutte, a partire da Autorità portuale e Amministrazione comunale, fino ad oggi sorde alle istanze di chi ha tentato invano di palesare forti elementi di criticità al progetto. Un impegno collettivo per ascoltare la cittadinanza, coinvolgere tutti gli attori in campo, stimolare percorsi di partecipazione. Questa città ha bisogno di un futuro sostenibile, lontano dalla logica fallimentare delle grandi opere capaci solo di ingrossare le tasche di pochi a danno di interi territori».