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Quirinale, Morgoni (Pd): «Un déjà vu. Mission impossible? No, ma via posizionamento e tattiche dei partiti»

Il parlamentare marchigiano del Pd Mario Morgoni era tra i grandi elettori già nel 2013 all'epoca del Napolitano-bis. Il suo punto di vista sul voto per il Quirinale

Mario Morgoni, parlamentare del Pd

ANCONA – Secondo giorno di votazioni per il presidente della Repubblica. I leader nazionali dei partiti proseguono le trattative per cercare di raggiungere una quadra sul successore di Sergio Mattarella. Ma il quadro, per ora, pare tutt’altro che semplice.

Ieri nella prima giornata di votazione, la prevedibile fumata nera: 672 le schede bianche depositate dai grandi elettori, nessuno dei nomi ha ottenuto la maggioranza dei due/terzi. Bassissime le probabilità che oggi si possa arrivare all’elezione del nuovo capo dello Stato, con i vertici che si susseguono fitti, per cercare di far combaciare le differenti istanze delle forze politiche.

L’iter prevede tre votazioni nelle quali per l’elezione del nuovo capo dello Stato occorre raggiungere la maggioranza dei voti, i due/terzi, dalla quarta invece basterà avere una maggioranza semplice (505 voti) per cui il percorso potrebbe imboccare la strada in discesa. Ma niente è scontato.

Una sorta di déjà vu per il parlamentare marchigiano del Pd Mario Morgoni, fra i grandi elettori già nel 2013, quando venne rieletto per il secondo mandato da presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il dem di Potenza Picena era tra le schiere dei senatori.

«Il clima di questi giorni mi ricorda per certi versi quello dell’aprile 2013 – spiega Morgoni – quando c’era un susseguirsi frenetico di confronti e riunioni per eleggere il nuovo presidente. Una elezione che scrutinio dopo scrutinio si faceva più angosciante per l’impossibilità della politica di arrivare ad una intesa e si dovette ricorrere alla soluzione di un Napolitano-bis».

Giorgio Napolitano fu infatti il primo presidente della storia italiana ad essere eletto per un secondo mandato, un po’ quello che potrebbe accadere anche in questa tornata se le forze politiche non riuscissero a fare sintesi e si dovesse riproporre un secondo mandato a Sergio Mattarella.

«L’elezione successiva – ricorda – quella di Mattarella, fu più lineare e con meno patemi d’animo, ma la situazione era completamente diversa: nel 2013 il paese arrivava dalla crisi finanziaria e il parlamento era difficilmente governabile, oggi la pandemia segna inevitabilmente l’elezione» e in Italia dal 2018 si sono susseguiti tre governi, Conte uno, Conte due e l’attuale governo Draghi.

Il parlamentare dei dem Mario Morgoni, tra i grandi elettori già nel 2013

«Montecitorio in questi giorni è una giostra convulsa – prosegue – , penso che la politica abbia il dovere morale di giungere velocemente all’elezione di un nuovo presidente della Repubblica: bisogna trovare una soluzione rapida che sia accettabile agli occhi dei cittadini. Una figura rappresentativa dello stato d’animo e delle aspettative degli italiani».

Mission impossible?
«No, è una missione possibile, a patto di togliere di mezzo il posizionamento e le tattiche di corto respiro dei vari partiti. Le figure ci sono già, fra queste c’è anche il premier Mario Draghi, anche se su di lui c’è lo snodo del governo. Spero che si arrivi presto ad una “composizione” della questione, anche perché i numeri non consentono a nessuno di compiere un atto di forza. Intanto però il quadro attuale non è un bel segnale né per gli italiani, né a livello internazionale».

Qual è il rischio in questa situazione?
«Se non si trovano accordi, come è successo ieri, la borsa perde il 4%, ma accanto a questo ci sono da considerare anche le ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dai rincari di energia, materie prime e beni di prima necessità. Sono fiducioso, però, che tra oggi e domani, al più tardi venerdì si arrivi all’elezione».

Secondo il parlamentare del Pd «per ogni ora persa, il sistema politico perde in credibilità agli occhi degli italiani. Serve un patto tra galantuomini su una figura di riferimento, la gente se lo aspetta, è questione di serietà. Non possiamo riproporre agli italiani il quadro vissuto nel 2013, con la rielezione del presidente: non si può ricorrere ad un Mattarella-bis dopo che la politica ha fallito, sarebbe una catastrofe, un accordo se andava fatto con Mattarella, doveva essere fatto prima. Ricordo ancora la memorabile lavata di capo che Napolitano fece nel suo discorso da presidente rieletto per il secondo mandato alla classe politica di allora». Insomma bisogna fare tesoro dell’esperienza, secondo il dem.