ANCONA – Dopo un dibattito lungo più di 3 ore alla fine è stata convergenza nel Pd, che ha scelto di candidare Maurizio Mangialardi per la corsa alla presidenza della Regione Marche.
Un confronto intriso però anche da voci fuori dal coro come quelle del sindaco di Macerata Romano Carancini che si è astenuto dalla votazione, di Marco Lucchetti e Valeria Picardi, che hanno votato contro la candidatura di Mangialardi. Molto duro l’intervento di Paolo Petrini che ha sollevato forti dubbi sul fronte della pendenza giudiziaria di Mangialardi che lo vede rinviato a giudizio per l’alluvione di Senigallia del 2014.
A fare quadrato sul sindaco uscente di Senigallia sono stati il presidente regionale Luca Ceriscioli, la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci insieme ad una novantina di sindaci marchigiani che avevano siglato un documento in suo sostegno nei giorni scorsi. Domani il segretario regionale del Pd Giovanni Gostoli sottoporrà la candidatura di Mangialardi agli alleati della coalizione di centrosinistra nel primi giro di incontri bilaterali con gli alleati per poi approdare in settimana al tavolo di coalizione.
Ma gli alleati già nella giornata di ieri avevano preso le distanze rivendicando la linea del civico. Fra i primi a parlare è il consigliere regionale di Italia Viva Fabio Urbinati che nel ribadire il «valore dell’unità di tutta la coalizione» annuncia che intendono perseguirla «con ogni mezzo». «Senza nessun veto ma chiedendo forte discontinuità» prosegue Urbinati: «Il Pd ha tutto il diritto di riunire e deliberare con i suoi organismi, ma sia chiaro, per allearsi occorre rispetto reciproco e pari dignità. Non vogliamo regalare la nostra regione ai populisti, quindi ognuno si prenda le proprie responsabilità visto che nessuno può definirsi autosufficiente».
Insomma per gli alleati la linea concordata con il Pd non è stata mantenuta.
Una posizione su converge anche il consigliere regionale di Articolo Uno Gianluca Busilacchi: «Nulla contro Mangialardi, un bravo sindaco che stimo. Ma prendo atto che il Pd ha stravolto la propria linea in pochi giorni, senza degnarsi neppure di avvisare gli alleati. Una settimana fa il Pd regionale in accordo con il Pd nazionale proponeva al centrosinistra una guida civica per raccontare “una nuova storia” e aprirsi alle forze della società, alle sardine e all’elettorato grillino. Aveva trovato l’accordo di tutta la coalizione. Oggi in seguito ad un accordo di classe dirigente e interno alle correnti del Pd, si propone continuità con una soluzione di parte. Una scelta che rischia di dividere e rompere la coalizione. Di fronte a questo improvviso cambio di linea non si provi ora a scaricare la responsabilità sugli alleati». Intanto questa sera gli alleati si incontreranno per il punto.
Ma gli animi non sono completamente sereni neanche all’interno del Pd. Il parlamentare marchigiano Mario Morgoni ribadisce la linea tenuta negli ultimi mesi e cioè che «la candidatura più forte era quella di Valeria Mancinelli ma le dinamiche interne hanno preso il sopravvento. Una soluzione che non condivido ma che rispetto e sulla quale lavorerò, nonostante il distinguo».
Secondo Morgoni «non si può sottovalutare la pendenza del rinvio a giudizio che ci espone ad un ulteriore elemento di fuoco da parte dell’avversario». «È già una battaglia difficile», osserva, complicata dal nodo del partito che «ha lasciato prevalere le esigenze di carattere interno rispetto alle necessità e alle emergenze attuali. Il Pd ha sbagliato strada e in questo modo rischiamo di perdere la Regione. La posta in gioco è alta e questo avrebbe suggerito l’opportunità di uscire da una logica angusta. Serviva uno sforzo di coraggio e generosità che non è stato fatto. Non si può mettere la polvere sotto il tappeto».
«Aver anteposto alla posta in gioco le nostre convenienze di partito è un errore imperdonabile». Il deputato del Pd mette sul piatto della bilancia anche la questione alleati: «Se troviamo un punto di sintesi su Mangialardi va bene, se però emergessero punti di vista diversi non dobbiamo commettere l’errore di chiuderci e dire che il candidato è questo mettendo a rischio l’alleanza».
Insomma secondo Morgoni «una soluzione ingoiata non è l’ideale». «Sosterrò Mangialardi con lealtà – spiega -, ma la Mancinelli era la candidata più forte. Ora manca il passaggio con gli alleati, almeno non sbagliamo questo. Se le loro posizioni saranno diverse occorre trovare una sintesi più alta. Non facciamoci del male troviamo un punto d’incontro convincente».