ANCONA – Era stato trovato morto il 28 dicembre: il clochard deceduto in via Podesti è ˊPaolo il serboˊ. Il nipote avrebbe rifiutato la colletta per far rientrare la salma e la famiglia si starebbe muovendo per il rimpatrio. Volto noto tra i senza fissa dimora di Ancona, Pavlovic, originario della Serbia, sarebbe stato stroncato da un malore la notte a cavallo tra il 25 e il 26 dicembre.
A far insospettire alcuni conoscenti, che lo sentivano ogni sera, è stato proprio il suo silenzio, durato 48 ore. La coppia di anconetani che lo seguiva si è insospettita e così è andata ad accertarsi sulle sue condizioni di salute. Ed è nel suo rifugio di fortuna che Paolo è stato trovato morto, steso a terra.
Immediata la chiamata al numero unico di emergenza 112 Nue, ma i sanitari del 118, accorsi sul posto a sirene spiegate, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso. ˊPaolo il serboˊ, così era conosciuto in tutta la città, era solito chiedere l’elemosina davanti al supermercato ˊSì con teˊ, di via Piave.
Il titolare, Andrea Civerchia, lo ricorda bene. Una sua cliente, Marina Masiero, qualche giorno fa, non vedendolo, ha chiesto informazioni ai dipendenti del market. E appena ha saputo della sua morte, ha posato una stella di Natale e la sua birra preferita là dove sedeva sempre: «Non chiedeva elemosina, io ci parlavo sempre – fa Marina – Mi urlava ˊBlondieˊ e io ci scherzavo chiamandolo ˊAmoreˊ. Sai quanto tempo che nessuno mi chiama amore. Tu sei unica persona che mi bacia», le rispondeva.
Per la verità, Paolo non era un barbone. Un tetto sopra la testa, lui, da un po’ di tempo, ce l’aveva. Una sorta di casa improvvisata, un vecchio garage nel cuore di Capodimonte. Commovente il ricordo di Pierluigi Sonnino, titolare della storica libreria all’aperto di piazza Cavour.
«Fino all’ultimo ho sperato che ˊil serbo senza fissa dimoraˊ non fossi tu. Pensavo di vederti arrivare da un angolo della piazza con il cappello, la tua lattina e la sigaretta in bocca. Di te, sapevo molto poco, avevi lavorato come veterinario in dogana, ma non so dove. Sicuramente hai vissuto la guerra in Serbia ma ti rifiutavi di parlarne: ˊLascia perdereˊ, mi dicevi quando provavo a chiederti qualcosa. Io ti vedevo come un personaggio di un romanzo di Jack Kerouac o di un film di Kaurismaki o Ken Loach – scrive Sonnino – Bastonato dagli eventi della vita ma con una grande dignità. Mi mancherai Paolo, il nostro sodalizio non si spegnerà e tu sarai sempre tra gli alberi e le panchine di piazza Cavour».
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Italo D’Angelo, alto dirigente della polizia di Stato, ex candidato Sindaco di Ancona e ora presidente di Conerobus, lo ricorda con un post su Facebook: «Oggi mi sono recato al ˊSìˊ di via Piave, il mio negozio di generi alimentari, e l’addetto alla macelleria mi ha detto se avessi saputo di Paolo. Ho risposto di no – scrive l’ex questore di Pesaro Urbino, già capo della Mobile di Ancona – ˊÈ morto il giorno di Nataleˊ. Paolo sostava tutti i giorni davanti al ˊSìˊ, in attesa che qualcuno gli desse qualche monetina. Con me – fa sapere D’Angelo – aveva confidenza, non chiedeva nulla. Chi voleva, gli lasciava la moneta del carrello e lui portava la spesa fino al bagagliaio dell’auto. L’ultima volta che l’ho visto è stato prima di Natale. Mi ha chiesto un paio di scarpe pesanti quelle che indossava erano due numeri più grandi del suo. Gli ho detto che le avrei cercate tra le mie, ma non ho fatto in tempo. Per alcuni motivi, non sono riuscito a scendere in cantina a cercarle e oggi ne sento il rimorso. Mi ha colpito la tristezza che si respirava oggi nel supermercato. Quante scarpe marciscono nelle nostre cantine? Quante coperte o giacche nei nostri armadi?».
E ancora: «Una volta – ricorda – gli regalai un paio di Church’s che mi stavano strette. Alcuni giorni dopo, l’ho visto all’ingresso con un piumino della Tod’s strappato e ricucito. Ci scherzai: ˊMa chi ti aiuterà vestito con tanta eleganza?ˊ. Lui aveva bisogno di parlare, ma quando fai spesa hai sempre fretta e neppure guardi chi incontri. Era venuto via dal Kosovo a cercare fortuna in Italia ed è finito davanti a un supermercato. Ora, cercheremo con alcuni amici di farlo tornare a casa, nella patria che amava e per la quale aveva combattuto».
Si narra che l’anziana madre, che Paolo chiamava ˊIl colonnello’, lo redarguisse sempre e gli chiedesse di tornare in Serbia. Ma lui, evidentemente, aveva scelto la libertà. La salma verrà rimpatriata a spese della famiglia.