ANCONA – Doppia preferenza di genere, obbligo di presentare nelle liste almeno il 40% di quote rosa, incompatibilità tra il ruolo di assessore e quello di consigliere regionale e soglia minima per il premio di maggioranza al 40%. È via libera all’unanimità alla modifica della legge elettorale regionale per il consiglio regionale e il presidente della Giunta. L’ok è arrivato nella tarda serata dopo una discussione fiume, con il centrodestra che ha abbandonato l’aula prima del voto finale ma che alla doppia preferenza di genere ha comunque votato sì.
Unanimità per la doppia preferenza di genere gli elettori potranno esprimere due preferenze, delle quali una dovrà andare necessariamente ad una candidata donna e l’altra ad un candidato uomo, pena l’annullamento della seconda preferenza.
La riforma prevede anche l‘obbligo di rappresentare nelle liste ogni genere per almeno il 40%: in pratica ogni lista dovrà prevedere almeno il 40% di candidati maschili e femminili, così da avere un maggiore equilibrio nelle liste.
Via libera anche all’incompatibilità tra il ruolo di assessore e quello di consigliere regionale. In questo modo quando il presidente della Giunta sceglie un consigliere regionale quale assessore questo decadrà dal suo seggio in aula che verrà assunto dal secondo non eletto della sua lista nella coalizione. Inoltre, in caso di rimpasto, l’assessore potrà tornare a sedere in aula al posto del consigliere “supplente”.
Eliminato il limite dei 3 assessori esterni, il presidente della Giunta potrà scegliere una quota maggiore di assessori nominandoli al di fuori dei consiglieri eletti, in modo da evitare che la scelta dell’assessore possa essere impugnata.
Sale al 40% la soglia minima per ottenere il premio di maggioranza con 18 consiglieri, che prima era fissata al 34%: di fatto un invito a dichiarare prima del voto le possibili alleanze. Decade l’obbligo di raccogliere le firme per quei partiti che sono rappresentati nel parlamento Europeo o in Regione.
Soddisfatto il presidente del consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo per l’introduzione della doppia preferenza di genere che «già dal 2015 è stata posta al centro dell’attenzione dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, con l’approvazione di specifici ordini del giorno. Oggi andiamo ad adeguare la nostra normativa a quella nazionale del 2016 nella piena convinzione che quello della parità di genere debba essere adottato come criterio imprescindibile nelle indicazioni per la formazione degli organi rappresentativi, nella produzione legislativa, nell’orientamento delle risorse e nella selezione degli interventi». In merito alle altre modifiche ha evidenziato che la Regione è riuscita «a raggiungere un risultato finale soddisfacente, operando una sintesi oculata delle diverse proposte presenti sul tavolo».
A votare a favore della nuova legge regionale, il consigliere di Articolo 1 Gianluca Busilacchi che vede la riforma elettorale «non come un inciucio con i 5 Stelle, come paventato dalle minoranze, ma come facilitante l’aggregazione e l’alternativa al ballottaggio e all’anatra zoppa, che prevedono accordi dopo il voto. «In questo modo si arriverebbe ad un accordo prima delle elezioni, è più corretto nei confronti degli elettori».
Il consigliere regionale del Gruppo Misto Sandro Bisonni, entrato nella Federazione dei Verdi, ha dato merito all’assessora Bora per aver portato avanti la battaglia sulla doppia preferenza anche se ha puntualizzato che la doppia preferenza non riguarda solo le donne, ma anche gli uomini. «Sono contrario alle categorie – ha detto – il criterio unico con cui scegliere una persona è il merito».
Favorevole all’introduzione della doppia preferenza di genere, ma contrario sia alla modifica della legge elettorale, sia alla modifica dello statuto il consigliere regionale di Area Popolare – Marche 2020 Mirco Carloni. «Ho proposto un referendum abrogativo per cancellare una norma sbagliata, fatta solo per favorire un accordo Pd-5Stelle, che aumenta i costi della politica e le poltrone da spartire».
Il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Gianni Maggi si è così espresso: «La nostra proposta di legge elettorale, la seconda delle 10 presentate, come tradizione del Movimento 5 Stelle, prevede la doppia preferenza di genere. Relativamente all’innalzamento del premio di maggioranza, il 40% votato oggi in aula è la percentuale suggerita dalla Corte Costituzionale per l’Italicum, nonché la percentuale già prevista da altre regioni, anche governate dal centrodestra: la Lombardia, ad esempio. Vanno a votare la metà degli aventi diritto e il 34% dell’attuale premio di maggioranza significa che meno del 20% dei marchigiani decidono il governo della regione».
Insomma non uno scippo della democrazia secondo Maggi: «Invogliare i cittadini a una maggiore e più responsabile partecipazione al voto, e garantire loro che la volontà di un numero attendibile di essi indicherà chi dovrà governare la regione, significa rafforzare il fondamento della partecipazione democratica. Chi parla di inciucio confonde le pratiche che è solito fare sottobanco con il confronto tra forze politiche, alla luce del sole, per arrivare a cambiare una proposta di legge promulgata in un contesto di bipolarismo e diversa partecipazione elettorale. Alla luce del sole, sì, perché proprio io ho dichiarato più volte in commissione, in questa Assemblea e, per trasparenza nei confronti dei cittadini, pubblicamente sui giornali, che mi stavo adoperando per arrivare a una sintesi delle varie proposte. Per cui, questo teatrino della finta meraviglia è grottesco, ridicolo, poco rispettoso nei confronti degli elettori. Sono fuorvianti e ridicoli soprattutto gli schiamazzi isterici dei soliti sostenitori del Papeete, quelli che volevano prendersi i “pieni poteri” e ora, dopo aver tradito il Movimento 5 Stelle, se li vedono portar via come una fetta di torta che credevano già di avere in bocca».
Il centrodestra ha abbandonato compatto l’aula prima del voto finale: «Abbiamo votato la doppia preferenza di genere, rispettando con coerenza gli impegni assunti nei confronti dei cittadini marchigiani, ma siamo usciti dall’aula del consiglio regionale per protestare contro una modifica della legge elettorale sbagliata, fatta solo per favorire l’inciucio in atto tra Pd – M5s fatto senza alcuna trasparenza, che aumenterà i costi della politica di 600.000 euro ogni anno», spiegano in una nota congiunta Jessica Marcozzi e Piero Celani (Forza Italia), Sandro Zaffiri, Marzia Malaigia e Luigi Zura Puntaroni (Lega), Elena Leonardi (Fratelli d’Italia) e Mirco Carloni(Marche 2020 Area Popolare).
«I consiglieri del Movimento 5 Stelle hanno dimostrato la loro incoerenza, smentendo quanto fatto in questi anni. I pentastellati per anni hanno fatto a tutti la morale, predicando l’importanza dei tagli ai costi della politica, ed oggi, solo per favorire l’accordo con il PD, hanno votato una legge che aumenta il numero delle poltrone e i costi di ben 600.000 euro l’anno. Una scelta sconcertante ed incoerente con quanto predicato fino ad oggi che evidenzia solo la voglia di spartizione delle poltrone con il Partito Democratico».
Il Centrodestra accusa il Pd di aver «strumentalizzato la doppia preferenza di genere, che non ha mai davvero voluto, solo come scusa per modificare la legge elettorale a proprio uso e consumo».