ANCONA – Da piatto alla portata di tutti per il prezzo contenuto la pizza è diventata quasi un lusso. In molte pizzerie il listino dei prezzi è quasi da capogiro rispetto al passato, sia perché questo cibo negli anni ha conquistato una fetta sempre più ampia di ‘pubblico’ grazie anche a preparazioni sempre più elaborate sulle quali compaiono sempre più spesso prodotti di nicchia e presidi slow food, sia a causa dei rincari.
Un prodotto molto amato, che mette d’accordo tutte le età, e che per molti ragazzi rappresenta spesso un’occasione di prima uscita con gli amici. Chi non si è mai concesso la ‘pizzetta’ con i compagni di scuola? Ma questo alimento, anni fa considerato dei ‘poveri’ ora è una pietanza gourmet in piena regola, che si presta ad ogni elaborazione che la fantasia dei pizzaioli suggerisce.
«Negli ultimi 5-6 anni c’è stata una grande ricerca nel mondo della pizzeria per realizzare un prodotto sempre più attento e vicino alla ristorazione – dice Lorenzo Stecconi della Pizzeria Avalon di Ancona – uno sviluppo anche da parte dei mulini e una attenzione alla pizza che fino a pochi anni fa non c’era. È un continuo fermento proprio come gli impasti».
Una ricerca che chiaramente rende il prodotto più costoso perché più ricercato nei condimenti. Secondo Stecconi però la pizza non è ancora un ‘lusso’ a patto di sceglierne una semplice: «Prendendo una margherita e una bottiglia di acqua si riesce ancora a mangiare a 12 – 15 euro – spiega – chiaro che se si sceglie un pizza con prodotti più ricercati come le nocciole del Piemonte, il tartufo fresco a scaglie, l’olio di canapa o la salsa tartufata del maceratese, si arriva solo con la pizza a 15 euro e quindi una cena del genere può costare anche una trentina di euro, un costo che non tutti possono permettersi».
«I rincari ci sono stati» conferma il giovane titolare di Avalon e nell’ultimo anno è cresciuto di un euro circa anche il prezzo della pizza margherita, un ritocco dei listini legato ai rincari dei prodotti alimentari: «Un cartone di pomodori San Marzano è passato da 36 euro ai 48 euro attuali, la burrata da 3,50 euro al chilo a 4,50 euro al chilo in un solo mese. La farina è aumentata di 50 centesimi al chilo, mentre l’olio di semi per le fritture è passato da 1,10 euro al litro a 4 euro al litro per poi abbassarsi agli attuali 1,40 euro circa al litro, un rincaro che per una attività significa un maggior costo in un anno di circa 6-7mila euro».
Insomma, una batosta per le pizzerie, ma anche per i consumatori. A pesare sono anche i rincari energetici come conferma il consigliere Cna Ristorazione Michele Cavalletti titolare della pizzeria da Michele ad Ancona: «L’aumento delle materie prime si è concretizzato sulle materie che richiedono una trasformazione con una componente energetica importante – dice -. Facciamo l’esempio della mozzarella (latticini) che passa, secondo le testimonianze da 4,50 a 7/8 euro. La farina per la pizza si trovava prima di questa situazione a 0,40, oggi si ritrovano prezzi intorno a 1 euro. L’olio di semi di girasole si è stabilizzato intorno ai 2 euro, ma bisogna pensare che eravamo partiti dal prezzo di 1 euro prima della crisi Ucraina. L’elenco è lungo, potremmo continuare con i semilavorati delle farine (insieme di più prodotti), olio di oliva, carciofini».