ANCONA – «Ancorare gli stipendi al costo della vita? È come mettersi un cappio al collo: significa incentivare il meccanismo inflattivo che acuisce maggiormente le differenze tra Nord e Sud del Paese». È il commento del presidente dei presidi marchigiani (Anp) Riccardo Rossini, alla proposta del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara, di differenziare gli stipendi dei professori in base al diverso costo della vita che si registra nel Paese.
Secondo il presidente Anp, bisogna piuttosto «incrementare gli stipendi degli insegnanti più impegnati, di quelli che trascorrono più tempo a scuola e con risultati più tangibili nell’attività didattica. Bisognerebbe in tal senso – spiega – costituire un ‘middle management’ così che i docenti possano partecipare alla gestione della scuola e lo stipendio differenziato deve essere collegato alla qualità del servizio svolto e alla quantità di tempo trascorso a scuola».
Critico anche il commento della Cisl. Anna Bartolini, segretaria generale Cisl Scuola Marche, spiega che per il sindacato «il contratto collettivo nazionale di lavoro resta un ‘faro’, un punto di riferimento che deve restare unico sul territorio nazionale.
Non si tratta solo di una questione di stipendio, osserva, perché il contratto regola anche tutta una serie di altri aspetti, come le ferie, i permessi, ed «esiste già una contrattazione decentrata di istituto che riconosce agli insegnanti il maggior impegno, in termini di ore in più svolte. Non abbiamo motivo per uscire da questa impostazione».
Ma che ne pensano le associazioni studentesche? Gianluca Ferri, coordinatore del Gulliver Sinistra Universitaria sostiene che «questo andrebbe a favorire coloro che esercitano la propria professione nel Nord Italia piuttosto che nel Sud, andando ad aggravare ulteriormente il divario in un Paese in cui, al contrario, si dovrebbe puntare a sanare. Se al Nord, infatti, la vita costa di più – osserva -, al Sud spesso capita di trovarsi a lavorare in contesti ben più difficili da gestire. L’istruzione continua ad essere sottofinanziata in tutto il Paese, ma è soprattutto il Mezzogiorno a soffrire i provvedimenti scellerati attuati dai vari Governi che si sono succeduti, andando a rendere più difficoltoso l’insegnamento e l’apprendimento, con conseguenze inevitabili sulla qualità stessa dell’istruzione».
«È, inoltre, inaccettabile che si ricorra allo stanziamento di fondi privati per provare a sopperire alle mancanze del sistema scolastico – dice -. L’istruzione deve essere pubblica, statale, di qualità, garantita in quanto diritto fondamentale a tutte e tutti senza discriminazioni e differenze. Il Ministro sostiene che le scuole “dovrebbero avere lo statuto di Fondazioni per avere celerità nello svolgimento dei lavori e risparmio nei costi“, ciò invece deve essere compito dello Stato: stanziare i fondi necessari a svolgere lavori essenziali per il miglioramento di servizi e strutture, e ad attuare politiche efficaci affinché l’istruzione, fino ai più alti livelli, sia sempre accessibile, gratuita, pubblica e di qualità».