ANCONA – Plasma iperimmune, Remdesivir e Anticorpi Monoclonali. Sono questi i trattamenti terapeutici impiegati negli ospedali delle Marche per combattere l’infezione da Covid-19. Sperimentazioni che si affiancano alle molecole impiegate per cercare di frenare il virus, alcune delle quali si sono rivelate deludenti, ed altre invece vengono ancora utilizzate con discreti risultati sui sintomi della malattia.
Agli inizi della pandemia si era tentata ogni strada possibile per cercare di frenare la malattia, e tra i primi farmaci vennero impiegati anti-Hiv, idrossiclorochina, colchicina e vari antibiotici, ricorda l’infettivologo Andrea Giacometti, ripercorrendo le tappe terapeutiche dall’avvento della malattia ad oggi.
Ma questi farmaci «non sono risultati efficaci nel controllo della malattia, come invece si sono rivelati il paracetamolo, l’ibuprofene, il desametazone e le eparine a basso peso molecolare» che tuttavia, a parte gli antinfiammatori come l’ibuprofene o un antipiretico come il paracetamolo, andrebbero evitati a domicilio ed impiegati invece in ospedale. Infine, come farmaco ospedaliero si dispone anche del «Remdesivir», un antivirale inizialmente studiato per altre importanti malattie virali.
«I farmaci da utilizzare contro il Covid a domicilio sono veramente pochi – afferma il professor Giacometti – oltre a ibuprofene e il paracetamolo, poi c’è chi utilizza la paracoidina per contrastare la tosse o l’acetilcisteina per fluidificare eventuali secrezioni che posso essere presenti in chi soffre già di problemi respiratori».
Tra le sperimentazioni, impiegate anche all’ospedale regionale di Torrette, ci sono state quelle con il tocilizumab, un anticorpo monoclonale che blocca la produzione di interleuchina-6, quella con il tofacitinib, un inibitore di un gruppo di enzimi chiamati “Janus-kinasi” coinvolti nella produzione di citochine infiammatorie ed infine la plasmaterapia, con gli anticorpi prodotti delle persone guarite dalla malattia.
«Si tratta di terapie che, a parte forse quella con il tofacitinib che è ancora in corso di valutazione, si sono rivelate poco efficaci – spiega il primario della Clinica di Malattie Infettive di Torrette, Andrea Giacometti -. Il plasma iperimmune viene ancora utilizzato in alcuni casi, a livello ospedaliero, ma i risultati hanno deluso le attese. Dagli studi che abbiamo fatto, sono utili sono se somministrati nei primissimi giorni, diversamente non hanno alcuna efficacia».
Giacometti spiega che a Torrette, dove c’è il deposito regionale sono presenti alcune centinaia di sacche di plasma iperimmune, ma che, conclusa la sperimentazione guidata da AIFA-ISS, ora viene somministrato solo se specificamente richiesto.
Accanto a questo ci sono gli anticorpi monoclonali, ma anche questi come evidenzia il primario «sono efficaci nell’evitare l’ospedalizzazione dei pazienti quando vengono infusi nei primi giorni di malattia». A Torrette il trattamento viene utilizzato sui soggetti fragili in ospedale dietro prescrizione del medico di famiglia, tuttavia per alcuni anticorpi l’AIFA da pochi giorni ne ha concesso l’uso anche in pazienti già ospedalizzati purché non siano in ventilazione ad alti flussi e non abbiano già prodotto anticorpi IgG anti-Covid.
Il primario però fa notare che si tratta di molecole realizzate sul modello dei primi virus, ma ora man mano che si producono nuove varianti del virus, questi anticorpi possono perdere efficacia. Ad esempio «l’attività di alcuni è ora fortemente ridotta verso le varianti brasiliana e sudafricana, mentre sembrano ancora efficaci contro la variante inglese e quella indiana (delta)».
«In ogni caso, sia il plasma iperimmune che gli anticorpi monoclonali – conclude – possono funzionare solo se somministrati nei primissimi giorni della malattia, quando la sintomatologia non è ancora grave».