ANCONA – Voli e traghetti, strutture ricettive e tasse turistiche. Sulle vacanze 2023 pesa la stangata dei rincari che non risparmiano né il turismo incoming (turismo in arrivo), né l’outgoing (turismo in partenza) ovvero i marchigiani che decidono di trascorrere le vacanze all’estero. Molte le richieste di preventivi, ma poi le conferme delle prenotazioni sono più basse rispetto alla pre pandemia, segno che i rincari frenano in parte il turismo.
Nelle Marche, spiega Ludovico Scortichini, fondatore e ceo del tour operator Go World e presidente del Gruppo Turismo di Confindustria Marche «sul rialzo dei prezzi pesano i costi energetici e l’inflazione, ma anche un aspetto psicologico: dopo che il turismo locale è stato favorito nel post pandemia, molti di coloro che hanno aumentato le tariffe di alberghi, b&b e case vacanze, adesso fanno fatica a riabbassarli, ma è bene stare attenti – mette in guardia – perché così si rischia di scoraggiare il mercato e dirottarlo verso altre regioni».
Secondo Scortichini, gli aumenti nelle strutture ricettive marchigiane «hanno registrato picchi fino al 30-40%, ma alcune hanno addirittura raddoppiato i prezzi, aumenti in qualche caso sproporzionati» specie ora che è finito l’effetto post Covid, che scoraggiando i viaggi all’estero ha spinto molti a riscoprire l’Italia come meta estiva e non solo.
Anche guardando al mercato dell’outgoing, le cose non vanno meglio e in alcuni casi gli aumenti hanno toccato addirittura il 50% come nel caso del Giappone, una meta gettonatissima, anche perché è stata l’ultima a riaprire all’ingresso degli stranieri dopo la pandemia. Aumenti più contenuti si registrano invece in Indonesia, spiega Scortichini e nel Mediterraneo. «Ad incidere sui rincari – puntualizza – il forte aumento dei prezzi da parte delle compagnie aeree, non solo per effetto dei carburanti, ma anche perché hanno rimesso in pista pochi aerei rispetto al periodo pre pandemia. Inoltre mancano equipaggi e piloti, mentre alcuni aeroporti sono sottodimensionati per quanto riguarda i controllori di volo».
Insomma ci sono meno voli rispetto al 2019 e «i prezzi delle compagnie aeree sono più alti fino al 50%. Oggi viaggiare costa molto di più, è come tornare agli anni ’80, quando il turismo era un fenomeno per pochi. Per fortuna qualche compagnia aerea fa voli low cost dove i rincari vengono ammortizzati». Per ridurre l’impatto degli aumenti il consiglio dell’operatore è quello di prenotare con largo anticipo, 11 mesi prima, pagando una quota di assicurazione che prevede rimborso delle penali previste in caso di cancellazione della viaggio.
In linea generale, Egitto, Grecia e Turchia, sono le mete che hanno registrato gli aumenti più contenuti, circa un 20-25%, spiega Scortichini, a condizione che si opti per la bassa stagione e non si scelgano i periodi di maggior affluenza come i ponti. Facendo solo qualche esempio, se in Giappone un tour classico da otto giorni nella fase pre pandemia costava 2.200 euro circa, adesso può arrivare a costare non meno di 3.200 euro in bassa stagione e anche 4mila in alta stagione. Discorso diverso in Turchia dove i classici 8 giorni da 1.200 del pre pandemia sono saliti a circa 1.400 euro in alta stagione, mentre in bassa stagione da 900 circa a 1.200. Aumenti attorno ai 200 euro circa anche in, così come in Egitto, se si sceglie il mare, mentre se si opta per la crociera sul Nilo i costi di aereo e imbarcazione incidono maggiormente.
Nonostante la stangata, però, «c’è una grandissima richiesta e un terzo dei preventivi che ci chiedono non riusciamo a gestirli anche se abbiamo riportato il booking ai livelli pre pandemia, ovvero a 37 persone – spiega – invece per quanto riguarda le conferme dei viaggi la percentuale si aggira attorno al 10%, mentre nel pre pandemia era del 14%». Insomma c’è voglia di viaggiare, ma i costi eccessivi9 frenano le prenotazioni.