ANCONA – Mancano ormai pochi giorni all’addio allo smart working per i lavoratori statali, che dal 15 ottobre dovranno tornare a svolgere la propria attività in presenza negli uffici. Il premier Draghi ha firmato il Dpcm che prevede che i dipendenti pubblici tornino in presenza.
Il lavoro agile era stato introdotto per far fronte alle fasi emergenziali della pandemia di Covid-19, come modalità per contrastare la diffusione del virus e allo stesso tempo garantire la prosecuzione dei servizi, ma ora con la vaccinazione che ha coperto il 77,39% degli italiani, è ormai tempo di tornare negli uffici dove dalla stessa data entrerà in vigore l’obbligo di Green pass.
Nelle Marche sono 83.077 i dipendenti pubblici, 3.315 in servizio tra Ministeri, Prefetture e Carceri, 1.462 nelle agenzie fiscali, 7.993 in servizio tra Corpo dei Vigili del Fuoco e Corpi di Polizia, 1.687 nelle Forze Armate, 188 nella Magistratura, 28.639 nella scuola, 3.056 nelle Università, 74 negli enti di ricerca, 1.373 negli enti pubblici e non (Inps e Inail), 15.079 nella Regione e nelle Autonomie Locali, 20.211 nel Servizio sanitario nazionale.
Un piccolo esercito che saluta il pc della propria abitazione per tornare sulla scrivania dell’ufficio, anche se ovviamente non tutti hanno lavorato in smart working. Il ritorno in ufficio sarà graduale: tra i primi a rientrare saranno i lavoratori che operano agli sportelli, poi i back office, e in parallelo le amministrazioni centrali e periferiche.
Ovviamente i lavoratori che rientrano dovranno essere in regola con il Green pass, chi non lo è viene considerato assente ingiustificato e scatta il mancato pagamento dello stipendio, insieme ad una sanzione da 600 a 1.500 euro.
Le verifiche spettano alle aziende, che dovranno individuare un responsabile e la sanzione prevista per chi non rispetta la norma oscilla tra 400 e 1.000 euro.
«I dipendenti pubblici durante la pandemia hanno dimostrato una straordinaria generosità – evidenzia Claudia Mazzucchelli, segretaria generale Uil Marche – , operando al meglio in un momento di grande confusione e senza indicazioni e coordinamento, con i loro strumenti. Ora gli viene chiesto un ulteriore sforzo. Certo che anche noi auspichiamo un ritorno alla normalità, ma la fretta non aiuta. In pochi giorni dobbiamo mettere in sicurezza tutti gli uffici per i dipendenti e per l’utenza, ricordo che fino al 31 dicembre siamo in stato di emergenza e che devono essere applicati i protocolli di sicurezza siglati tra le organizzazioni sindacali e il governo. La pubblica amministrazione è molto eterogenea. Serve il rinnovo del contratto collettivo perché nel contratto di lavoro va declinato lo strumento del lavoro agile che non è solo lo smart working con regole e obbiettivi chiari. Quello che è stato fatto fino ad ora è stato lavoro da remoto e non smart working».
«Il provvedimento governativo relativo al rientro in ufficio dei dipendenti pubblici dal 15 ottobre non tiene adeguatamente conto dei molteplici vantaggi, anche in termine di risparmio per gli enti pubblici, legati allo smart working – fa notare Luca Talevi, segretario regionale di Fp Cisl -, purtroppo ancora una volta considerato come uno strumento emergenziale e non come una importante modalità organizzativa di lavoro. Il 15 per cento massimo di unità lavorative allocabile in smart working rischia di essere un problema anche solo per la tutela dei soggetti fragili . Monitoreremo ente per ente la situazione in attesa degli sviluppi dei rinnovi dei contratti nazionali di lavoro ove questo importante strumento sarà finalmente regolamentato in maniera strutturale».
«Va salvaguardata e contrattualizzata l’esperienza dello smart working – afferma Matteo Pintucci, segretario regionale Fp Cgil – : occorre tutelare i lavoratori fragili e coloro che per cause indipendenti dalla propria volontà non possono vaccinarsi».
Lo smart working in futuro
Lo smart working nel futuro, secondo le intenzioni del Governo, dovrà prevedere la regolarizzazione del contratto, alla quale stanno lavorando Aran e sindacati, un’organizzazione del lavoro per obiettivi e un monitoraggio dei risultati, insieme ad una piattaforma tecnologica ad hoc per la verifica della soddisfazione degli utenti, ovvero dei cittadini. Solo una quota intorno al 15% potrà restare in modalità agile.