Ancona-Osimo

Stili di vita al femminile, grande successo per il convegno della Fidapa

Dieta mediterranea, gusto, vitamina D e stili di vita, i temi al centro dell'evento organizzato in occasione della Giornata Nazionale della salute della donna. Grande partecipazione di pubblico. Obiettivo, fare cultura per prevenire malattie degenerative e disabilità nella donna

ANCONA – Grande partecipazione di pubblico al convegno “Stili di vita al femminile: ne parlano le socie Fidapa” tenutosi nei giorni scorsi ad Ancona, al Museo Omero. L’evento, promosso dalla sezione Ancona-Riviera del Conero della Fidapa, la Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari, è stato organizzato in occasione della Giornata Nazionale della salute della donna, che ricorre il 22 aprile, il giorno di pasquetta.

Dieta mediterranea, gusto, vitamina D e stili di vita sani, i temi al centro del convegno, illustrati dalle socie Fidapa. In apertura, la professoressa Laura Mazzanti, professore di Biochimica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Ancona e Coordinatrice e docente della Scuola di Specializzazione Aggregata in Scienza dell’ Alimentazione, che ha introdotto gli argomenti oggetto del pomeriggio tutto al femminile.

La dottoressa Arianna Vignini, ricercatrice dell’Università Politecnica delle Marche, docente e tutor in Scienza dell’Alimentazione, ha affrontato il tema della dieta mediterranea, la dottoressa Sofia Pugnaloni, ricercatrice dell’Università Politecnica delle Marche, ha illustrato invece i risultati di una ricerca presentata a livello internazionale sul ruolo del gusto, analizzandone anche le differenze tra uomo e donna. Di vitamina D ha parlato invece la dottoressa Gilberta Giacchetti, della Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo degli Ospedali Riuniti di Ancona, mentre la dottoressa Marianna Capecci, della Clinica di Neuroriabilitazione degli Ospedali Riuniti di Ancona, ha illustrato i benefici dello sport.

Di trappole e seduzioni del marketing, e dell’impatto sula salute femminile ne hanno parlato invece la professoressa Maria Gabriella Ceravolo, primario della Clinica di Neuroriabilitazione degli Ospedali Riuniti di Ancona, e il professor Gian Mario Raggetti docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche. A moderare il convegno, la dottoressa Maria Del Pesce, ex primario del reparto di neurologia dell’Ospedale di Senigallia,e la professoressa Giovanna Ferretti, mentre a chiudere i lavori la dottoressa Rosa Anna Rabini, direttore Unità Operativa Complessa di Malattie Metaboliche e Diabetologia dell’area Vasta 5, nonché presidente Fidapa.

La sala del Museo Omero piena

Un evento centrato sulla prevenzione delle malattie degenerative e della disabilità che colpisce in misura maggiore le donne rispetto agli uomini, spiega la presidente Fidapa, Anna Rosa Rabini. Sana alimentazione, attività fisica e corretti stili di vita, i cardini della prevenzione.

«Il Cibo è la prima medicina dicevano gli antichi e certamente non si sbagliavano – afferma la professoressa Laura Mazzanti -.  Quando, intorno alla metà del 1800, il filosofo Feuerbach scriveva “L’uomo è ciò che mangia”, probabilmente non immaginava che il suo pensiero sarebbe diventato lo spunto per uno dei temi più dibattuti a livello mondiale e sarebbe stato oggetto di studi che avrebbero dimostrato, oltre cent’anni più tardi, la validità scientifica di questa affermazione. L’alimentazione è una delle funzioni fondamentali della vita, ma è anche lo specchio dell’uomo, delle sue origini, delle sue conquiste, del commercio, delle tradizioni, del rapporto con il proprio corpo, con i genitori, con gli altri, del modo di considerare il tempo, dello stile di vita».

Il bisogno di alimentarsi accompagna l’uomo sin dalla sua comparsa sulla terra e si carica di connotazioni che, nel tempo, acquistano significati culturali e implica anche un aspetto che rimanda a sentimenti quali la sicurezza e il prestigio; a emozioni come il piacere, l’invidia, la fiducia e, talora, il fanatismo violento; a pratiche religiose che, spesso, si tramutano in superstizioni e pregiudizi. «Con il termine, dieta dal greco diaita, si intende un “modo di vivere”, cioè una alimentazione corretta in armonia con un sano regime di vita – spiega laura Mazzanti – Già da tale radice etimologica si comprende che l’alimentazione non può essere intesa in senso restrittivo ed atemporale comunemente attribuitole, tramite la semplicistica equivalenza tra cibo e calore (quest’ultimo si chiama joule o caloria).  Non solo restrizione alimentare e calorica o mortificazione del buon gusto ma attenzione alle radici culturali dell’alimentazione». Scopo del convegno è stato quello di delineare le interrelazioni esistenti tra cibo, alimentazione, gusto salute e movimento.

Presenti all’evento anche le socie dell’International Inner Wheel (associazione femminile legata al Rotary), le Patronesse del Salesi e l’Associazione Italiana contro la Leucemia.

LA DIETA MEDITERRANEA
La Dieta Mediterranea, che rappresenta un regime alimentare tipico delle zone che delimitano il Bacino del Mediterraneo, non è stata inventata, bensì svelata, spiega la professoressa Arianna Vignini, ricercatrice e docente della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione della Politecnica di Ancona. A scoprirla, a metà degli anni ’40, il biologo e fisiologo Ancel Keys, durante una breve esperienza da militare vissuta a Pioppi nel Cilento, un paese caratterizzato da un’estrema longevità della popolazione. Keys intuì che il segreto di quella “salute di ferro” poteva essere dovuto alla loro dieta associata ad uno stile di vita attivo e diede avvio ad uno studio che dimostrò che le popolazioni sul Mediterraneo, avevano una minor incidenza delle patologie del benessere (sovrappeso, diabete, ipercolesterolemia, ecc).

«Capisaldi della Dieta Mediterranea – dichiara la professoressa Vignini – gli alimenti vegetali (frutta e verdura), i carboidrati complessi derivanti da cereali meglio se integrali, le proteine derivanti dal pesce, la carne bianca e i legumi, la frutta secca, le erbe aromatiche e spezie, il vino rosso in quantità limitate, e l’olio extravergine di oliva come condimento». Grazie alle sue proprietà benefiche, dal 2010, questo stile alimentare è entrato a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’Unesco.

«Pur essendo l’Italia la patria del mangiar sano, gli italiani hanno dimostrato di predicare bene e razzolare male: uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dimostra che la Dieta Mediterranea viene seguita maggiormente in Svezia, piuttosto che in Italia» conclude la docente.

IL RUOLO DEL GUSTO
Percepisce le sei modalità gustative (salato, acido, dolce, amaro, umami e grasso) e attraverso la lingua e gli altri tessuti gustativi informa il corpo sulla qualità dei cibi ingeriti. Il gusto è il fattore principale che guida le scelte alimentari e le abitudini nutrizionali con un notevole impatto sullo stato di salute, spiega la dottoressa Sofia Pugnaloni, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche e Odontostomatologiche dell’Università Politecnica delle Marche che ha realizzato un studio sul gusto presentato a livello internazionale. «Il gusto è un fenomeno estremamente complesso, che nasce dall’interazione tra i nostri geni, il nostro stile di vita e anche la nostra cultura. Spesso – sottolinea la dottoressa Pugnaloni – assaggiando alimenti, come caffè o verdure amare, e confrontando le nostre sensazioni con quelle dei nostri vicini, scopriamo che la loro sensibilità al gusto amaro è diversa dalla nostra».

Dai risultati di una ricerca della Deakin University di Melbourne pubblicata sul Flavour Journal, emerge che il grasso è il sesto gusto fondamentale: sulla lingua sono presenti papille gustative specializzate nella sua ricezione e afferenti a fibre nervose che comunicano questa percezione a regioni cerebrali specializzate. Una scoperta che potrebbe gettare una nuova luce sulla ricerca delle cause dell’obesità, precisa la dottoranda della Politecnica.

L’umami, percepito dai recettori quando si mangiano alimenti ricchi di proteine (carne e formaggio), potrebbe avere un ruolo importante per la salute (University of Southern Denmark), sarebbe infatti strettamente correlato alla condizione fisica, specie tra gli over 65. «L’avanzare dell’età – spiega Sofia Pugnaloni – è spesso associata a una diminuzione nella percezione dei sapori. Questo a sua volta può causare uno scarso appetito, una riduzione della quantità di cibo che viene assunta e quindi perdita di peso».

Disturbi del gusto possono avere un effetto negativo sia sulla salute che sulla qualità della vita. La comunità scientifica ritiene che fino a un 15% di adulti possa avere problemi di gusto o di olfatto, ma che di questi parecchi non si rivolgano al medico. «Al momento si ritiene che il 50-70% dei pazienti con cancro sottoposti a chemioterapia sia affetto da alterazioni del gusto – spiega -. Le modificazioni della sensibilità gustativa comportano effetti negativi sulla qualità della vita, con aumento della morbilità e della mortalità da inadeguato introito di energia e nutrienti, perdita di peso e malnutrizione con conseguente riduzione della risposta immunitaria e ridotta compliance al trattamento chemioterapico». Negli individui sovrappeso è stata evidenziata una riduzione della sensibilità per il gusto dolce, un fatto che può determinare il rischio di sviluppare obesità e diabete, per la necessità di introdurre una quota maggiore di zucchero per avere la stessa sensazione gustativa rispetto ai soggetti più sensibili.

«Disordini endocrini o metabolici, (includendo il diabete e l’ipotiroidismo), sono stati associati con alterazioni della sensibilità gustativa. Per esempio, è stato evidenziato che la neuropatia diabetica aumenta la soglia del gusto – dichiara la dottoressa Pugnaloni – Altre variabili che influenzano la sensibilità del gusto sono l’età (associazione negativa), il genere (le donne mostrano generalmente una maggiore sensibilità) e la concentrazione di stimoli gustativi (associazione positiva). Quando il gusto è alterato, il soggetto può cambiare le proprie abitudini alimentari. Alcuni possono mangiare troppo poco e perdere peso, altri mangiare troppo e ingrassare. La perdita del gusto può anche portare ad aggiungere troppo zucchero o sale ai cibi per insaporirli. Questo può rappresentare un problema per individui con alcune condizioni di salute, come i diabetici o gli ipertesi. In casi gravi, la perdita del gusto può portare alla depressione».

I disturbi del gusto richiedono dunque una valutazione medica e non vanno mai sottovalutati, mette in guardia la ricercatrice: «studiare le preferenze alimentari fornisce uno strumento nuovo per approfondire l’analisi dell’alimentazione». Questo permette di sviluppare «strategie per aiutare le persone a migliorare il proprio stile di vita».

LA VITAMINA D
Fondamentale non solo per l’osteoporosi, ma anche per la fertilità, il ciclo mestruale e la gravidanza, la Vitamina D ha un ruolo protettivo nei confronti di alcuni tumori, come anche quello al seno.

«La Vitamina D si forma sulla cute per effetto dell’esposizione al sole – spiega la dottoressa Gilberta Giacchetti, endocrinologa degli Ospedali Riuniti di Ancona – per questo, per assicurarsi l’apporto necessario, è sufficiente trascorrere più tempo all’aria aperta. Neonati e anziani che spesso escono poco di casa e si espongono meno al sole, sviluppano abbastanza comunemente dei deficit».

Nonostante l’importanza della vitamina D sia ormai evidente, molte persone presentano una carenza per le abitudini di vita che le portano a frequentare per la maggior parte del giorno luoghi chiusi e quindi ad esporsi poco alla luce del sole. Importante in tal senso fare cultura, spiega la dottoressa Giacchetti, e prevedere dei momenti durante la giornata da trascorrere all’aria aperta.

© riproduzione riservata