ANCONA – Sono finite centro del dibattito mediatico a seguito del contesto geopolitico internazionale segnato dal conflitto tra Russia e Ucraina e soprattutto per la loro centralità nello sviluppo delle nuove tecnologie. Le ‘terre rare’ sono un tema che finora è rimasto quasi sconosciuto ai più. Cosa sono e perché sono così importanti? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Alessandra Negri, docente di Geologia e Rischio Geologico presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche.
«Le terre rare – spiega – sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica. Questi sono: Lantanidi (Lantanio (La), Cerio (Ce), Praseodimio (Pr), Neodimio (Nd), Promezio (Pm), Samario (Sm), Europio (Eu), Gadolinio (Gd), Terbio Tb), Disprosio (Dy), Olmio (Ho), Erbio (Er), Tulio (Tm), Itterbio (Yb), Lutezio (Lu)). Più Scandio (Sc) e Ittrio (Y). Le terre rare sono fondamentali per molte tecnologie moderne e applicazioni industriali a causa delle loro proprietà chimiche e fisiche uniche. Sono essenziali per la produzione di magneti permanenti ad alta efficienza utilizzati nelle turbine eoliche e nei motori dei veicoli elettrici. Ad esempio, il neodimio e il disprosio sono cruciali per i magneti nei motori elettrici. Quindi per le “tecnologie verdi”. Vengono inoltre utilizzate per molti dei dispositivi elettronici che usiamo normalmente» come smartphone, computer, schermi LCD e LED, memorie di computer, ed altri.

Alcuni isotopi delle terre rare sono utilizzati in apparecchiature mediche come risonanza magnetica (MRI) e in trattamenti radiologici (gadolinio), spiega, puntualizzando che «le terre rare non sono così rare in termini di abbondanza nella crosta terrestre, ma sono spesso disperse e difficili da estrarre in forma pura. Attualmente la produzione di terre rare è concentrata in pochi paesi come Cina, USA, Russia, australia, India, Canada e Vietnam, ma il 97% o anche più della produzione risiede in Cina. Questo crea dipendenze strategiche e vulnerabilità nelle catene di approvvigionamento. Inoltre, l’estrazione implica un enorme impatto ambientale, a titolo di esempio per ottenere un kg di lutezio è necessario estrarre e trattare 200 tonnellate di roccia. Questo chiaramente ha un ‘impatto enorme sull’ambiente con conseguenti problemi di inquinamento».
L’Italia, prosegue, «non ha rilevanti risorse in tal senso, ma come ho detto il problema è comune a molti altri paesi, il fatto che la produzione sia in mano alla Cina per oltre il 97% crea già ora e creerà in futuro grandi problemi. Ci sono due possibilità: aumentare l’esplorazione e incoraggianti sono i ritrovamenti in Svezia (Kiruna) e in Giappone (fondali isola Minami Torishima), ma anche potenziare la catena del riciclo potrebbe permettere il recupero di tali materie». L’Università Politecnica delle Marche ha il corso di laurea in Scienze ambientali e protezione civile dove in insegnamenti quali quello di Scienze geologiche, tenuto dalla docente Negri, si fa il punto sulla situazione, mentre alla magistrale in Rischio ambientale e protezione civile «si affronta con alcuni colleghi il problema dei rifiuti, considerando che i rifiuti elettronici possono trasformarsi in una risorsa».
Secondo la professoressa Negri data la tendenza attuale, «è facile prevedere che nel prossimo futuro l’offerta dei REE (Rare Earth Metals, ndr – terre rare) non sarà in grado di soddisfare la domanda. Per questo motivo è fondamentale oltre alla ricerca di nuove fonti (esplorazione geologica) l’implementazione di tecnologie di riciclo efficienti e a ridotto impatto ambientale che consentano di non disperdere materiali preziosi. In ambedue i casi sono necessarie decisioni politiche che non ostacolino questo tipo di ricerca (esplorazione e riciclo)».
Ritiene che le terre rare continueranno ad avere questa importanza così cruciale anche nel futuro? «Penso di sì, ma aggiungo, non solo le terre rare. Siamo in un momento di transizione energetica che ci porterà ad abbandonare i combustibili fossili, il futuro sarà verosimilmente basato su terre rare e altri elementi quali metalli (oro argento rame palladio cobalto) che sono necessari anch’essi per costruire i dispositivi e far funzionare le tecnologie che tutti noi usiamo. A questi dobbiamo anche aggiungere idrogeno verde che potrebbe rappresentare una risorsa per automotive.
Quindi se vogliamo un futuro dobbiamo attrezzarci per esplorare nuove fonti di approvvigionamento (nuove riserve, e potenziamento del riciclo)».