ANCONA – «Stiamo aspettando la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Ancona, ma siamo contenti che la verità stia emergendo». A parlare è l’avvocato Martina Zambelli, legale difensore del 17enne accusato sin da subito di aver spruzzato lo spray al peperoncino all’interno della Lanterna Azzurra Clubbing la sera dell’8 dicembre, scatenando il fuggi fuggi dal locale di Corinaldo dove morirono schiacciati dalla calca, nel tentativo di uscire, 5 adolescenti e una mamma 39enne. Massacrato sui social, minacciato, e ritenuto colpevole senza averne le prove, può finalmente tirare un sospiro di sollievo dopo la svolta nelle indagini arrivata il 2 agosto scorso, quando i carabinieri del Comando Provinciale di Ancona, supportato dai colleghi di Modena e Ravenna, hanno arrestato i sette componenti della banda modenese, costituita da sei ragazzi tra i 19 e i 22 anni e dal 65enne accusato di essere il ricettatore del gruppo criminale che si occupava di monetizzare la refurtiva, gioielli e orologi, immettendoli sul mercato dei compro-oro. La banda è accusata di “Associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti con strappo e rapine”, sei dei ragazzi sono ritenuti responabili di “omicidio preterintenzionale”, “lesioni personali” e singoli episodi di “rapine e furti con strappo”. Quella stessa notte 197 persone rimasero ferite, 8 delle quali gravemente.
Sono loro, i sei ragazzi di Modena, secondo la Procura, i presunti responsabili dei fatti di Corinaldo. L’altro fronte delle indagini sta valutando le responsabilità per gli altri 18 indagati della vicenda, fra i quali i 10 emersi subito dopo i fatti, ovvero i proprietari dell’immobile, quelli della società che gestiva la Lanterna Azzurra, un addetto alla sicurezza, un dj e il 17enne difeso dalla Zambelli, inizialmente accusato di aver spruzzato lo spray, oltre agli altri 8, tra i quali il primo cittadino di Corinaldo e i membri della commissione unificata di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo dei comuni associati di Corinaldo e Castellone di Suasa in seno all’Unione Misa-Nevola (in relazione alle certificazioni).
«È stato un periodo lungo e doloroso per lui, ma siamo sempre stati certi della sua innocenza – spiega Martina Zambelli il difensore del ragazzo. Lui a Corinaldo quella sera non c’era, era a Senigallia con degli amici». Mesi traumatici, quelli trascorsi dal ragazzo, divenuto da poco maggiorenne. «La Procura ha lavorato bene – spiega l’avvocato – ora attendiamo che gli atti di indagine vengano desecretati». L’intenzione del legale è quella di verificare chi ha fatto il suo nome e capire quali siano state le motivazioni che hanno portato qualcuno a collocarlo alla Lanterna Azzurra quella sera. L’ipotesi al vaglio della Zambelli è quella di «sporgere eventuale querela» dal momento che «per il ragazzo e la sua famiglia, i danni sono pesanti». Su internet e sui social in molti si sono scagliati contro di lui «con parole pesanti, scossi dall’accaduto», sottolinea il legale.
«Lo andiamo a prendere noi e gliela facciamo pagare», una delle minacce apparse sui social, tanto che il ragazzo dopo i fatti di Corinaldo, è stato allontanato dalla famiglia e portato in una comunità dell’entroterra proprio per proteggerlo da eventuali ritorsioni.
Gli inquirenti hanno già dimostrato, come ha spiegato il procuratore Monica Garulli che tra il ragazzo e la banda modenese non sono emersi collegamenti, inoltre come spiega il legale Zambelli gli accertamenti tecnici condotti sui telefoni dimostrerebbero la sua presenza a Senigallia la sera dell’8 dicembre, così come le testimonianze di alcune persone che lo hanno visto.
Una tragedia, quella di Corinaldo che ha addolorato profondamente il ragazzo, spiega la Zambelli, per i morti che ne sono scaturiti, oltretutto conosceva Daniele Pongetti, uno delle vittime della Lanterna Azzurra. «La sua vita è tornata alla normalità – spiega il legale – sta cercando di trovare un lavoro ed è tornato a casa con la sua famiglia».
Il ragazzo si è ricongiunto alla mamma e alla sorella minore, ma ha anche una nonna e alcuni zii, una famiglia che ha sempre fatto quadrato sull’innocenza del ragazzo. «Indipendentemente dalla svolta nelle indagini, avevamo dimostrato la sua estraneità ai fatti, anche se ora ci sono ulteriori elementi a provarlo», intanto per il ragazzo è arrivato il momento di lasciarsi alle spalle quanto accaduto: «Cercherà di dimenticare questa brutta vicenda», conclude il legale.