ANCONA – «Fate felici i vostri figli, specie se lo meritano. Non è vero che il no è la migliore strada per educare i ragazzi. Il sì è educativo, riempite la casa dei vostri figli di libri, solo la cultura ci può salvare». A parlare è Fazio Fabini, il papà di Emma, una delle sei vittime della tragedia accaduta alla Lanterna Azzurra di Corinaldo. Ad un anno da quanto è successo quella notte, per la famiglia il dolore è sempre presente: «Per noi l’8 dicembre è tutti i giorni», spiega il papà.
Emma aveva 14 anni e studiava al Liceo Classico di Senigallia, la cittadina dove viveva con la sua famiglia. Quella notte tra il 7 e l’8 dicembre dell’anno scorso era nel noto locale di Corinaldo per partecipare a quella che per i ragazzi era la festa del Licei. I biglietti erano stati venduti prevalentemente da Pr della discoteca all’interno della scuola di Senigallia.
I ragazzi sapevano che il trapper Sfera Ebbasta avrebbe fatto un dj set in tarda serata, «ora nella quale Emma non forse non sarebbe neanche più stata nel locale». Una festa molto desiderata quella della Lanterna Azzurra, tanto che Emma aveva chiesto ai suoi genitori di poter andare in discoteca. Mai nessun avrebbe potuto immaginare il tragico epilogo.
Si è pentito di aver fatto quella scelta, di aver mandato sua figlia Emma alla Lanterna Azzurra quella sera?
«Siamo assolutamente convinti di aver fatto la cosa giusta. Come genitori abbiamo soddisfatto le sue richieste di figlia, prima di tutto nello studio. Emma aveva iniziato da alcuni mesi a frequentare il Liceo Classico, era brava a scuola, non ci ha mai dato problemi, era di indole rispettosa e sapeva ciò che era giusto fare e ciò che non lo era. Non era una ragazzina trasgressiva, amava ballare, suonava il flauto, ci regalava soddisfazioni e meritava di essere soddisfatta nei suoi desideri, per cui quando con la classe, lei e le sue amiche si erano accordate per andare a vedere il concerto di Sfera Ebbasta, dopo averne discusso alcuni giorni anche con gli altri genitori, abbiamo trovato la richiesta legittima. Volevamo solo far far felice nostra figlia che lo meritava in tutto e per tutto».
«Basta con le promesse che tragedie come queste non accadranno più, ci sentiamo sempre dire così dalle Autorità – il j’accuse di Fazio -. Quando è caduto il Ponte Morandi a Genova ci hanno detto che non sarebbe più successo e solo un anno dopo è caduto un altro viadotto. Lo Stato non deve solo fare leggi, ma deve preoccuparsi anche di farle applicare. Se fosse stato così a Corinaldo oggi ci sarebbero sei famiglie che ancora vivrebbero. L’imponderabile fa parte della vita, ma quanto è successo quella notte in discoteca poteva e doveva essere evitato».
Lo spray al peperoncino
Asia, Benedetta, Daniele, Eleonora, Emma e Mattia, quella notte non sono più tornati a casa, vittime della calca nel fuggi fuggi dalla discoteca. Quella notte poco prima dell’una all’interno del locale venne spruzzato spray al peperoncino che scatenò in alcuni ragazzi difficoltà respiratorie, bruciore in gola e lacrimazione agli occhi. In un attimo il panico e una moltitudine di persone che cercava di scappare dall’interno del locale inforcando la prima uscita di sicurezza vicina. Ma qualcosa va storto perché una delle uscite di sicurezza era chiusa, e nell’unica via di uscita aperta si è generato il marasma. In pochi secondi si è creato una sorta di tappo con le persone che spingevano disperatamente per uscire fuori dal locale. Subito dopo la porta però c’era una rampa con una balaustra che non ha retto al peso della folla e, cedendo, ha trascinato con sé chiunque fosse sopra provocando la caduta dei ragazzi uno sull’altro.
Il sovraffollamento
Chi ha avuto la sfortuna di finire sotto non ha avuto scampo, schiacciato dal peso delle persone che cercavano di fuggire prese dal panico per la mancanza di aria. Quella sera nel locale c’erano più di 1400 persone mentre la capienza regolamentare prevista era solo di 451 persone. Le prevendite erano andate a ruba, grazie anche al tam tam sui social che aveva chiamato a raccolta i ragazzi degli istituti scolastici della zona.
Tanta ancora la rabbia per Fazio: «Se il locale avesse rispettato certe caratteristiche di sicurezza, tutto questo non sarebbe successo. A volte le leggi vengono ritenute ottuse e per questo non sono applicate, ma poi ci troviamo a dover fare i conti con fatti come questi che non dovrebbero accadere, specie con queste modalità. Sarebbe bastato che chi era deputato ad eseguire i controlli li avesse fatti, dopotutto sono persone pagate dallo Stato, da noi cittadini».
L’inchiesta
Intanto nella vicenda ci sono 25 persone indagate, tra le quali i gestori del locale, chi ha rilasciato le autorizzazioni al locale e la banda del modenese responsabile di aver spruzzato il peperoncino all’interno della Lanterna Azzurra per mettere a segno i furti con strappo di collane, bracciali ed orologi approfittando del marasma generato dalla diffusione della sostanza urticante.
«Spetta alla Procura – spiega Fazio – accertare le responsabilità su quanto accaduto, ma dalla perizia eseguita dal nostro consulente all’interno del locale, sono emerse varie irregolarità e inadempienze da parte del gestore, così ampie che forse il locale non doveva neanche essere aperto».
«Quella discoteca era una bomba inesplosa -continua -. Ero un cittadino che si fidava delle istituzioni. Con mia moglie abbiamo educato nostra figlia a rispettare gli altri e i luoghi pubblici, le abbiamo insegnato come comportarsi, anche nelle discoteche. L’avevamo messa in guardia nei giorni precedenti e quella sera stessa sui pericoli, ma non siamo stati neanche sfiorati dall’idea che quella discoteca era in realtà una bomba inesplosa. Non potevamo sapere che il locale sarebbe stato così affollato quella sera, né che l’alcool potesse girare liberamente al suo interno. Alla Lanterna Azzurra erano tutti per lo più minorenni e lì sono morti insieme a mia figlia tutti ragazzini di 14, 15 e 16 anni, oltre alla mamma che aveva accompagnato la figlia undicenne. La mancanza di sicurezza non è più ammissibile».
Il giudizio e il dolore
Oltre al dolore per la morte dei loro figli queste famiglie hanno dovuto subire anche la tortura di sentirsi accusate di aver mandato i loro figli in discoteca. «Quei ragazzi erano troppo giovani per andare alla Lanterna Azzurra», hanno sostenuto con superficialità in molti, aggiungendo dolore ad altro dolore. Ma in realtà queste famiglie aveva accompagnato i loro figli a quell’appuntamento ed erano andati a riprenderli. In alcuni casi, come quello di Eleonora Girolimini, la mamma 39enne morta quella sera, avevano anche accompagnato i figli all’interno del locale. Genitori che avevano affidato i figli ad una discoteca che avrebbe dovuto garantire sicurezza. «Una parte della società ha puntato il dito contro noi genitori. Emma è andata felice alla festa, certo stavamo in apprensione come gli altri, ma non pensavamo certo alla mancanza di sicurezza nel locale. Oggi Emma non c’è più e soffriamo tutti i giorni per la sua mancanza. Basta a queste tragedie, basta alle promesse, facciamo rispettare le leggi».