Ancona-Osimo

Tragedia di Corinaldo, Balugani (Compro Oro) prende le distanze dalla banda dello spray

Il titolare del negozio specializzato nella compravendita di oggetti preziosi, interrogato nel carcere di Sant'Anna di Modena ha raccontato la sua versione dei fatti e di non essere a conoscenza di come operava il gruppo criminale. Ecco cosa ha detto

Il sopralluogo alla Lanterna Azzurra di Corinaldo
Il sopralluogo alla Lanterna Azzurra di Corinaldo (Immagine di repertorio)

ANCONA – Andrea Balugani, il 65enne titolare del Compro Oro accusato di essere il ricettatore della banda dello spray ha preso le distanze dal gruppo criminale. È quanto è emerso nel corso dell’interrogatorio che si è svolto ieri (19 settembre) dalle 12 alle 15 nell’aula udienze del carcere di Sant’Anna di Modena dove è recluso dall’agosto scorso per la tragica vicenda di Corinaldo. Per l’accusa Balugani sarebbe il ricettatore della banda di ragazzi del modenese che ha spruzzato lo spray al peperoncino all’interno della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, provocando il fuggi fuggi dall’interno del locale, nel quale sono morti schiacciati sotto la calca 5 adolescenti e una mamma 39enne.

Un interrogatorio serrato di tre ore nel quale il titolare del Compro Oro di Castelfranco ha dichiarato sostanzialmente di non essere a conoscenza di come agiva la banda, di non sapere nulla sulle modalità con cui avvenivano i furti e le rapine. Balugani ha preso le distanze dalla banda criminale che spruzzava spray urticante all’interno delle discoteche, approfittando del caos per rubare collane e orologi che poi rivendeva nei Compro Oro della zona, tra i quali anche quello di Balugani. Attualmente sono 3 i Compro Oro nei quali gli inquirenti hanno trovato legami con la banda.

«A distanza di un mese e mezzo Andrea Balugani ha potuto dare la sua versione dei fatti agli inquirenti – spiega il legale Federico Brausi – e spiegare che la sua attività non era fucina per i colpi dei ragazzi. La prossima settimana incontreremo di nuovo gli inquirenti che stanno riscontrando alcuni passaggi, poi valuteremo le imputazioni e come procedere».
Per l’accusa Balugani non poteva non essere a conoscenza della provenienza illecita dei monili che la banda vendeva nel suo Compro Oro. Secondo quanto riferito dall’accusato al suo legale e agli inquirenti nel corso dell’interrogatorio, all’inizio della frequentazione della banda nel Compro Oro, circa un anno e mezzo fa, si presentavano solitamente solo alcuni dei ragazzi appartenenti al gruppo criminale e solo in maniera saltuaria.
I ragazzi si qualificavano sempre e fornivano ogni volta un documento di riconoscimento. Oltretutto, come precisa il legale, Balugani era sempre molto scrupoloso nella registrazione dei dati: scattava immagini dei monili, quasi sempre collane, compilava la scheda e allegava sempre il documento di riconoscimento dei ragazzi che vendevano la merce. I ragazzi sostenevano di vendere gioielli di famiglia e secondo quanto l’uomo ha riferito al suo legale non c’erano elementi che facessero supporre un’attività illecita anche perché il quantitativo di merce venduta era secondo quanto ha riferito era minimo.
Ma poi ad un certo punto le cose sono iniziate a cambiare. Spartiacque nel rapporto con la banda è stato l’arrivo del nuovo anno, quando tra fine 2018 e inizio 2019 i componenti del gruppo criminale hanno iniziato a recarsi con più frequenza nel Compro Oro di Castelfranco. Balugani ha riferito agli inquirenti che a un certo punto i ragazzi hanno chiesto con insistenza di non essere più identificati con un documento di riconoscimento. Un fatto che ha insospettito Balugani che inizialmente si è rifiutato, ma vista l’insistenza dei ragazzi e dato che erano apparsi sui giornali alcuni articoli dove si riferiva un episodio di aggressione nei confronti di un uomo da parte di uno dei ragazzi che si recava nel Compro Oro, Balugani avrebbe optato per “il male minore”, intimorito dalle notizie, dall’insistenza del gruppo e dal fatto che due dei ragazzi che si recavano da lui erano figli di pluipregiudicati.
Nel corso dell’interrogatorio il Balugani ha riferito di non conoscere né di poter immaginare il modus operandis dei ragazzi. Inoltre rispetto ai 15mila euro di proventi mensili ipotizzati dagli inquirenti, il 65enne ha riferito che la cifra non corrisponde al quantitativo di oro venduto nel suo negozio che si aggira invece sui 300-500 euro mensili. I ragazzi, ha raccontato Balugani, arrivavano nel suo negozio con le collane già al collo, le più grandi le tenevano per sé, mentre le altre le vendevano, ma spesso alcune erano solo placcate in oro e oltretutto, spiega l’avvocato Brausi, Balugani non accettava merce con pietre. «Su alcune collane non veniva trovato l’accordo – spiega il legale – comprava solo parte di quanto era stato rubato».