ANCONA – «Un nuovo successo targato Ospedali Riuniti di Ancona». È con queste parole che il direttore generale dell’Azienda ospedaliera regionale di Torrette, Michele Caporossi, ha definito il trapianto di fegato, unico al mondo ad aver curato con successo una metastasi al fegato e ad aver restituito salute e qualità di vita a una malata oncologica di Staffolo, in provincia di Ancona. Il trattamento chirurgico è stato illustrato questa mattina (9 luglio) nella sede della direzione ospedaliera di Torrette alla presenza del direttore generale degli Ospedali Riuniti di Ancona, Michele Caporossi, del primario che ha eseguito il trapianto, il professor Marco Vivarelli, direttore della Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti, del primario della Clinica di Oncoematologia Pediatrica del Salesi, Paolo Pierani, del rettore di UnivPM, Sauro Longhi, del preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Marcello D’Errico, della presidente dell’Associazione Italiana Gist, Anna Laurenti. Presente anche il papà della paziente.
Silvia Fattori, è questo il nome della donna trapiantata di fegato, che nel 2006 riceve l’infausta diagnosi di essere affetta da un Gist, un acronimo che sta ad indicare un gruppo di tumori stromali gastrointestinali che si sviluppano tra esofago e retto. Aveva 14 anni quando è stata presa in carico dall’Ospedale Salesi di Ancona, dove era seguita dal dottor Paolo Pierani, primario della Clinica di Oncoematologia Pediatrica. Dopo un iniziale miglioramento della patologia nel 2014 Silvia scopre di avere delle metastasi al fegato.
Nel frattempo è cresciuta, non è più una paziente della pediatria, ma il suo rapporto con il dottor Pierani resta sempre stretto, tanto che il medico le fa conoscere il professor Marco Vivarelli, primario della Clinica di Chirurgia Epatobiliare, Pancreatica e dei Trapianti. Per Silvia si apre la strada del trapianto di fegato, insieme alla speranza di poter guarire dopo aver tentato tutte le cure disponibili. E così è stato, perché ad oggi (9 luglio) Silvia è guarita dalla malattia che l’aveva colpita e da 5 anni sta bene, tanto che poche settimane fa si è spostata con il suo compagno e proprio in questi giorni è in viaggio di nozze. «Il trapianto è vita», racconta Silvia. Una storia che ha avuto un lieto fine grazie all’intervento eseguito con una tecnica innovativa nel 2014 dal professor Vivarelli. La stessa tecnica che nel maggio di questo anno è stata pubblicata da una delle riviste scientifiche più importanti del settore, l’American Journal of Transplantation. Un grande riconoscimento per gli Ospedali Riuniti di Ancona che mettono a segno un ulteriore primato, finendo alla ribalta internazionale. «Un bollino di qualità che conferma che il ragionamento che abbiamo fatto ha avuto un suo razionale scientifico importante», ha detto il professor Marco Vivarelli.
«Quello di Silvia è stato un trapianto particolarmente complicato ha ricordato il professor Vivarelli – perché erano già stati eseguiti in precedenza altri due interventi». Inoltre, come ha spiegato il primario, i trapianti di fegato venivano eseguiti solo per malattie croniche e non neoplastiche.
La tecnica innovativa realizzata dal primario ha permesso di bypassare il rischio di rigetto. «Un successo clamoroso», ha sottolineato Vivarelli, che a cinque anni dal trapianto (eseguito nel 2014) vede la paziente vivere un’esistenza caratterizzata da un’ottima qualità di vita. «I trapianti sono trattamenti che presuppongono l’impegno della collettività attraverso la donazione» ha ricordato il primario nell’evidenziare come le donazioni siano in calo: «Nelle ultime tre settimane ci sono stati 4 mancati consensi – ha detto – questo significa dare il via libera alla vittoria della morte». Sull’importanza della donazione è intervenuto anche Caporossi che ha ricordato come sia importante controllare le disposizioni rilasciate all’atto del rinnovo della carta d’identità. Il direttore generale ha invitato a dare il proprio consenso alla donazione.
Infatti come ha evidenziato il direttore generale degli Ospedali Riuniti Michele Caporossi, un 20% dei pazienti muore in attesa di un trapianto.