ANCONA – Sono oltre 120mila le donne in Italia ridotte in stato di schiavitù. A lanciare il grido d’allarme è da Don Aldo Buonaiuto, volto noto della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, l’ente internazionale di diritto pontificio fondata da Don Oreste Benzi e grande realtà della Chiesa diffusa in Italia e nel mondo. Nel suo ultimo libro racconta la vergogna della tratta affrontata dalla strada, da chi questo dramma l’ha vissuto.
Mary, una 18enne, ex bambina soldato reclutata per uccidere, diventa una giovane martire della mafia nigeriana venduta, violentata e costretta più volte ad abortire. Nel viaggio della tratta degli esseri umani, in piena traversata del deserto, è costretta persino a bere le proprie urine. Mary come icona della sofferenza di queste donne, una storia la sua che ha commosso papa Francesco, che in visita alla Comunità Giovanni XXIII dove la donna ora risiede, ha voluto scrivere la prefazione di “Donne Crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada”.
Centoventimila donne ridotte in schiavitù delle quali il 37% sono minori, spiega Don Aldo. Donne finite in mano ad organizzazioni criminali che approfittano di loro per fare denaro.
«Abbiamo milioni di maschi italiani che chiedono il corpo di queste ragazzine, che magari in molti casi hanno la stessa età delle figlie, delle nipoti o delle sorelle. Questa è una grande vergogna – spiega – così come lo è il fatto che ci ritroviamo ad alimentare il terzo mercato illegale al mondo che traffica esseri umani per scopi di prostituzione coatta in una indifferenza spietata e disumana perché troppe sono le persone che pensano che sia giusto che qualcuno acquisti il corpo di altri individui quando invece si deve insegnare alle nuove generazioni che le relazioni più intime non si acquistano, ma casomai bisogna imparare a conquistarle».
Che messaggio ha voluto dare con questo libro?
«Questo libro è nato da 25 anni di vita che mi hanno fatto sentire il bisogno di dare voce a queste donne crocifisse perché non hanno scelto di vendersi, ma sono state costrette a farlo. Era necessario dare voce a queste ragazze, dobbiamo pensare tutti che potrebbero essere le nostre figlie. Sono figlie di questa umanità dimenticata e abbandonate da tutti».
Come vede la situazione nel nostro paese sul fronte della prostituzione?
«Fino a quando ci sarà una mentalità maschilista la prostituzione non si potrà mai abbattere. E non si potrà sconfiggere finché ci sarà una mentalità improntata sul profitto, sul fatto che si possa guadagnare anche mettendo in vendita il corpo umano. Per debellare la prostituzione dobbiamo adottare il modello nordico che punta a colpire la domanda, soltanto così si può contrastare questa grande offerta criminale».
Pochi giorni fa si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a che punto è l’Italia su questo tema?
«Ci troviamo in una situazione di grande emergenza perché il degrado valoriale della nostra società è sempre più a livelli preoccupanti. Non riusciamo più a comprendere il valore e e il senso profondo della dignità della persona. Nell’uomo violento c’è grande rabbia, non sopporta i rapporti paritari e così le donne diventano oggetto di violenze inaudite fino ad essere uccise da questa società che cresce nella rabbia e nella violenza».
Che messaggio si sente di lanciare agli uomini di oggi?
«Devono pentirsi e cambiare quel senso sbagliatissimo di superiorità nei confronti del genere femminile. Dovrebbero guardare più spesso negli occhi dei propri figli pensando a quanti di loro si vanno a distruggere. È importante il valore della scelta perché dà libertà. Anche quando non si riesce più a condividere un progetto di vita nella coppia, la risposta non è mai massacrare l’altro».
Un altro tema pressante dei nostri tempi, sul quale è forte il suo impegno, è quello dei migranti…
«Ho dato vita ad una petizione che ha ricevuto oltre 25mila firme con la quale chiedo di istituire la giornata del migrante ignoto, una giornata internazionale per quei migranti che purtroppo sono scomparsi nelle fauci del mare, dei deserti, delle lande: sono dispersi, senza neanche più un nome o una tomba in cui i familiari possano andare a piangere. Il migrante è uno di noi, tutti siamo migranti su questa vita, in tutti i sensi e lo siamo stati anche in alcuni momenti della storia, per questo dovremmo sempre partire dal sacrosanto rispetto delle persone che migrano. Non si possono condannare le persone senza conoscere il motivo per cui si sentono spinte a dover lasciare il proprio paese».
Il libro di Don Aldo è stato presentato al ristorante La Torre a Numana il 28 novembre a margine di un incontro promosso dal coordinatore della Lega di Numana, Mirco Bilò, al quale hanno preso parte i sindaci di Numana e Sirolo, Gianluigi Tombolini e Filippo Moschella, oltre all’avvocato Italo D’Angelo.