ANCONA – Si fanno sentire anche nelle Marche i primi effetti della guerra in Ucraina: alcuni supermercati della regione hanno iniziato a contingentare la vendita di determinati prodotti. Tra le corsie di alcuni market da ieri i clienti si sono trovati davanti a un cartello affisso sugli scaffali degli oli di semi, nel quale si legge che «a fronte della grave situazione internazionale, per garantire continuità di rifornimento è previsto l’acquisto massimo di due pezzi per scontrino di olio di semi».
Per ora la restrizione interessa soprattutto gli oli di semi vari, di girasole, mais e arachide, ma c’è anche qualche punto vendita che ha deciso di contingentare la vendita dei pacchi di farina di grano tenero. Si tratta di prodotti che già negli ultimi tempi avevano subito alcuni rincari, ma negli ultimi giorni i prezzi sono lievitati ulteriormente: «Il prezzo alla vendita degli oli di semi è passato in pochi giorni da 1,70 a 2 euro al litro – spiega Andrea Cantori, segretario provinciale della Cna Ancona Agroalimentare – , la farina è passata invece da 0,50 a 0,70 euro al kg circa».
Rincari legati solo al conflitto o anche ad una certa dose di speculazione? «In parte gli aumenti sono dettati dalla guerra, ma la quota attuale di rincaro appare ingiustificata in così breve tempo: la guerra è scoppiata da due settimane e gli aumenti in questa fase sono troppo elevati, probabilmente è in atto anche una certa speculazione. Serve un provvedimento da parte del governo centrale che ponga fine ad ogni speculazione sui prezzi»
Quanto è concreto il pericolo di ritrovare gli scaffali dei supermercati vuoti per alcuni prodotti? «Al momento è difficile dirlo, bisognerebbe essere indovini. Per ora le iniziative di contingentamento dei prodotti sono state adottate anche per evitare una corsa all’accaparramento, per evitare che alcuni prodotti che importiamo da Russia e Ucraina possano finire per scarseggiare, come l’olio di semi e la farina che per l’80% importiamo da questi paesi».
Intanto però pizzerie e panifici anche nelle Marche «stanno acquistando stock più consistenti di farina di grano tenero per mettersi al riparo da ulteriori rincari» osserva. Secondo Cantori, tuttavia per ora il pericolo di scaffali vuoti sarebbe scongiurato, anche se «è possibile la mancanza di alcune materie prime se il conflitto dovesse protrarsi nel tempo. Per adesso nei magazzini ci sono scorte, i rincari già avvenuti in precedenza nel settore agroalimentare sono stati legati a condizioni climatiche che non avevano favorito alcuni raccolti, ma la farina non si produce di giorno in giorno, è un prodotto stagionale, per cui per ora non dovrebbero esserci riverberi sulle scorte se la guerra si risolverà in tempi rapidi».
Il segretario provinciale delle Cna fa notare che «solitamente in economia con un amento eccessivo dei prezzi si verifica la distruzione della domanda: basta vedere quanto sta accadendo con il metano passato in poco tempo da 0,90 euro a oltre 2 euro, chi può va a benzina. Chiaro che con il pane non si può fare lo stesso ragionamento, ma credo che sia difficile che la farina di grano tenero possa raggiungere prezzi alle stelle. Penso piuttosto che il rincaro potrà interessare in maniera più consistente i prodotti di nicchia come i pani a base di farine speciali».
Intanto però fa sapere che da una indagine condotta sulle imprese e gli esercizi associati, è emerso che «un terzo delle attività descrive una situazione molto complicata. È terminata la mora sui mutui e si inizierà a pagare a breve, un elemento di grande preoccupazione per le imprese, che può complicare ulteriormente il quadro già gravato dalla pandemia».
L’Italia non riuscirebbe a coprire il fabbisogno di grano? «L’Italia non potrebbe coprire da sola il proprio fabbisogno di grano, ma dal momento che con la guerra in Ucraina i contadini non possono certo coltivare i campi, possiamo spostare le importazioni da questo paese e acquistare dal nord America, anche se la maggiore distanza comporterà costi più elevati».