Ancona-Osimo

Unicef: Marche tra le quattro regioni con percentuale più alta di lavoratori minorenni

Nelle Marche sono 2.989 i lavoratori minorenni su una popolazione di 41.672, (il 7,2%): 2.737 hanno meno di 17 anni d'età (il 22%), 12.534 sono quelli entro i 19 anni

ANCONA – Le Marche sono tra le quattro regioni italiane con la percentuale più alta di minorenni occupati, di età compresa tra i 15 e i 17 anni. Il dato emerge dal 2° Report statistico “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro” stilato dall’Unicef e diffuso in occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. A far compagnia alle Marche ci sono il Trentino-Alto Adige, la Valle D’Aosta e l’Abruzzo, tutte sopra la media nazionale che si attesta al 4,5%.

Nelle Marche sono 2.989 i lavoratori minorenni su una popolazione di 41.672, (il 7,2%): 2.737 hanno meno di 17 anni d’età (il 22%), 12.534 sono quelli entro i 19 anni. Nel 2018 i lavoratori dipendenti e indipendenti entro i 19 anni nelle Marche erano 8.528, nel 2022 invece 12.534 con un incremento percentuale del +47,0% tra il 2018 e il 2022. Nel triennio 2020-2022 nelle Marche la variazione è stata del +67,9%.

Questi lavoratori nel 2022 hanno avuto un reddito procapite annuale pari a 3.385 euro, +7,7% nel periodo 2018-2022. Le denunce di infortunio sono state 8.896 tra il 2018 e il 2022, il 18,6%: 1.141 le denunce nel 2022 sotto i 14 anni di età e 763 dai 14 ai 17 anni. Due gli infortuni con esito mortale nelle Marche tra il 2019 e il 2022: entrame nei lavoratori tra 15 e 19 anni.

Il dato, spiega la presidente regionale dell’Unicef Marche, Mirella Mazzarini è spesso «in relazione a contesti familiari in cui ci sono attivitò, come ad esempio bar e ristorazione, in cui c’è la necessità di attingere al lavoro dei figli, ma è anche in relazione, purtroppo, al fenomeno dell’abbandono scolastico e al mito del guadagno facile».

Il desiderio di rendersi indipendenti dei ragazzi, prosegue, spesso li porta ad abbandonare la scuola, ma «questo innesca dei circuiti non positivi per i giovani, che rinunciando allo studio, per il precoce avvio al lavoro, possono andare incontro ad un futuro negativo a causa della scarsa istruzione, che invece oggi è importante e necessaria nel mondo del lavoro dove è richiesta una elevata qualificazione».


© riproduzione riservata